Un’estate ricca di dubbi, l’autunno e l’inverno ad alimentarli ulteriormente, la primavera per sbocciare e trovare sicurezza. Le quattro stagioni rossoblù di Boris Radunovic come una curva a salire, il Cagliari di Ranieri che ha riscoperto nel suo numero uno una certezza quasi inattesa.
Clean sheet
Le porte scorrevoli, l’addio di Alessio Cragno come anticamera di una titolarità che lo ha visto difendere i pali della porta in ognuna delle trentatré giornate di Serie B. Trenta le reti subite, ma con un prima e un dopo che sono ben evidenziati dai numeri. Radunovic aveva mantenuto la porta inviolata soltanto in tre occasioni nelle prime diciotto partite di campionato, poi con l’addio di Liverani non solo non ha lasciato, nemmeno raddoppiato, ma addirittura triplicato le gare senza subire reti. Nove su quindici, la prima nella vittoria due a zero contro il Cosenza con Pisacane in panchina fino all’ultima nel pareggio 0-0 contro il Frosinone. In mezzo Como, Cittadella, Benevento, Venezia, Genoa, Reggina e Pisa, tutte hanno dovuto fare i conti con il portiere serbo. Sette i gol incassati dopo il cambio di guida tecnica contro i ventitrè della prima parte di stagione, dato che diventa ancora più importante se si considera delle reti subite dall’addio di Liverani in poi tre sono arrivate su calcio di rigore. Non solo per merito di una fase difensiva che lo protegge maggiormente rispetto al passato, non solo per una tipologia di gioco che non enfatizza i suoi limiti con i piedi, ma anche se non soprattutto per un miglioramento sostanziale nella concentrazione e nelle risposte sul campo.
Sicurezza
Un anno da apprendista in Serie A, tre presenze in mezzo al ruolo di vice di Cragno senza se e senza ma. Come altri prima di lui anche Radunovic è rimasto nell’ombra del collega di Fiesole. E mentre in quel di Monza l’ex numero uno rossoblù vive un anno da secondo inatteso, il serbo si è guadagnato la titolarità grazie a una crescita esponenziale che ha scacciato tutti i dubbi. Destini incrociati e opposti, insomma. Gli inizi non sembravano aver ripagato la scelta della società di puntare su di lui, la costruzione dal basso di Liverani una dei motivi dei diversi errori nella gestione del pallone. Senza dimenticare una retroguardia che lasciava liberi gli avversari di colpire senza troppe difficoltà. Uno scambio di insicurezze, quelle di Radunovic e quelle dei compagni di difesa, che rendevano difficile capire quale fosse la causa e quale l’effetto. Il cambio di rotta fin dalla prima gara della nuova gestione, quella con Pisacane in panchina contro il Cosenza. I calabresi che nella ripresa provano a colpire e il classe ’96 di Belgrado che risponde presente. Como, Cittadella e Spal non lo mettono alla prova, contro il Modena evita una disfatta più pesante, poi continua l’ordinaria amministrazione. Fino alla partita contro la Reggina, quando il punteggio finale non rende merito ai meriti di Radunovic nel mantenere la porta inviolata. Il pareggio immediato evitato, il rientro in corsa dei calabresi sul 2-0 idem. Ma è nelle ultime due uscite che il serbo ha definitivamente certificato la sua importanza. Quella di un portiere che sì viene impegnato meno che in passato, ma che per questo dimostra ancora di più il proprio valore. Essere sollecitati di continuo aiuta a restare vigili, dover mettere la firma a fine gara alla vera prima occasione nitida degli avversari tutt’altra cosa. Ne sa qualcosa Sibilli del Pisa che ha visto il suo diagonale a botta sicura respinto dai guantoni del numero uno rossoblù, ne sa qualcosa Rohden che all’ultimo respiro avrebbe potuto regalare i tre punti al Frosinone. Due interventi che hanno eliminato ogni dubbio su Radunovic, pronto a riprendere il suo posto anche a Parma dopo il riposo precauzionale per via della botta alla testa nello scontro con Dossena. Per continuare la corsa verso i playoff, per provare a centrare la promozione in A. Conquistandola sul campo, nella speranza di poter – per la prima volta in carriera – vestire i panni del titolare anche nella massima serie.
Matteo Zizola