Un inizio di analisi con risposte contrastanti, poi un filotto di partite con la quadra che sembra essere stata trovata tra solide certezze e gestione del gruppo lineare. Claudio Ranieri ha cambiato sia dal punto di vista tattico che da quello delle scelte dei singoli, poi dalla gara contro la Salernitana in poi il suo Cagliari ha preso forma e i risultati sono apparsi una logica conseguenza.
L’uomo di Ranieri
Normalmente quando si guarda al minutaggio dei calciatori di una squadra si distingue tra giocatori di movimento e portieri. Perché la tendenza è quella di avere un numero uno stabile, mentre più complicato che ciò accada lontano dai pali. Il Cagliari delle prime undici giornate di Serie A, al contrario, non ha nell’estremo difensore il leader alla voce minuti giocati, con prima Radunovic e poi Scuffet a dividersi a difesa della porta rossoblù. Il serbo ha totalizzato sette presenze – 630 minuti – mentre il friulano ne ha messo a tabellino quattro per 360 minuti totali. Sono due gli irrinunciabili per Ranieri, uno al centro della difesa e l’altro in mezzo al campo. A guidare il gruppo dei titolarissimi è Makoumbou, sostituito in una sola occasione e in campo (recuperi esclusi) per 984 minuti. Dietro di lui Dossena che però, al contrario dell’ex Maribor, è stato lasciato fuori dall’undici titolare in un’occasione – quella contro la Roma, entrando gli ultimi 22 minuti – ed è stato sostituito per problemi fisici in un’altra, la trasferta di Salerno, per un totale di 906 minuti in campo. Il terzo giocatore sempre presente è stato Zappa, pur non essendo stabilmente nei primi undici di Sir Claudio. Per il terzino 700 minuti in campo, con sei gare dal primo e cinque da subentrato. Dieci le presenze per Luvumbo, Nández e Oristanio, con l’attaccante angolano che ha raccolto 764 minuti (8 gare da titolare, 2 in corsa), il León che ne ha disputati 664 (9 partite dall’inizio, 1 da subentrato) e l’ex Volendam 459 (5 gare dal primo e altrettante in corsa). L’ultimo tra i più utilizzati è Augello, rimasto fuori solo due volte su undici per un totale di 703 minuti divisi in otto gare da titolare e una da subentrante.
Spina dorsale
La tendenza alle rotazioni sistematiche ha avuto un netto calo nelle ultime tre partite di campionato, quelle contro Salernitana, Frosinone e Genoa. Perché se è vero che Ranieri non ha mai messo in campo lo stesso undici, lo è altrettanto che nelle tre partite che hanno regalato sette punti sono diversi i calciatori confermati tra i titolari. Scuffet tra i pali, Augello a sinistra, Dossena in mezzo e Goldaniga tra centro e corsia di destra in difesa, Prati in cabina di regia con Makoumbou come interno, Mancosu e Luvumbo davanti. Otto su undici che hanno sempre avuto una maglia da titolare, mentre i restanti tre posti sono stati occupati a rotazione da Nández – poi infortunatosi – Hatzidiakos, Deiola, Jankto e Oristanio. Una sorta di gruppo di titolarissimi di mazzarriana memoria che ha avuto anche negli innesti in corsa alcune costanti. In primis Zappa, subentrato in tutte e tre le gare tra primo e secondo tempo – con l’anticipo di qualche minuto contro il Frosinone causa problema muscolare di Nández – e a seguire Viola, mentre Obert e Azzi sono entrati in due occasioni e infine Shomurodov, Pavoletti, Petagna in una. E non è un caso che le maggiori rotazioni siano avvenute proprio nel reparto avanzato, dove tra rientri da infortuni e maggiore profondità della rosa Ranieri ha potuto fare il bello e il cattivo tempo dopo un inizio complicato e con poche scelte a disposizione.
Frecce
Tutti importanti, nessuno o quasi indispensabile. Il detto calza a pennello con la filosofia di Ranieri che spesso e volentieri ha indicato – già l’anno passato in Serie B – come fondamentali i giocatori meno utilizzati per poter raggiungere l’obiettivo. I cinque cambi garantiscono la possibilità di incidere anche a gara in corso, come d’altronde dimostrato proprio nelle ultime tre gare. Sei gol su otto sono infatti arrivati dalle sostituzioni, senza contare che con il recupero delle forze nel reparto avanzato non appare casuale che proprio l’attacco si sia definitivamente sbloccato abbandonando la Luvumbo-dipendenza. Ed è proprio questo il tema centrale del futuro prossimo ma anche a medio lungo termine delle scelte di Sir Claudio. Una squadra con un’ossatura ben definita tra difesa e centrocampo, gerarchie chiare senza però chiudere la porta a nessuno, e che punta al contrario sulle rotazioni e sui cambi in corsa nella zona offensiva. Prima Shomurodov decisivo con l’assist a Salerno, poi Oristanio e Pavoletti che cambiano la gara contro il Frosinone, infine Petagna che regala il pallone decisivo a Zappa contro il Genoa. Senza dimenticare il passaggio di Udine in Coppa Italia, quando la vittoria è arrivata con l’assist sempre di Petagna per il gol di Lapadula, altra freccia pronta a tornare nell’arco di Ranieri. Sullo sfondo restano gli unici due inutilizzati assieme a Capradossi e ad Aresti della rosa rossoblù: Pereiro, con lo spezzone in Coppa Italia, e Desogus, ancora a secco di minuti dall’inizio del campionato. La sensazione è che l’allenatore romano non voglia rinunciare e nessuno dei suoi attaccanti, lasciando aperta la porta a chiunque sappia cogliere la minima occasione ricevuta dal tecnico. E con la Coppa d’Africa e quella d’Asia all’orizzonte, tenere tutti sul pezzo diventa fondamentale pensando a un mese nel quale sia Luvumbo che Shomurodov saranno lontani dalla Sardegna. Giocando sulla tipologia di avversario e sul momento dei singoli, senza per forza dare seguito alle singole prestazioni positive ma tenendo tutti sulla corda, anche a volte a sorpresa. Perché, come avvenuto contro il Genoa, quando tutti aspettano un Pavoletti rigenerato dalla doppietta contro il Frosinone ecco spuntare Petagna, quando tutti aspettano Shomurodov dopo le buone impressioni di Salerno ecco arrivare il centravanti livornese contro i ciociari. E, chissà , contro la Juventus potrebbe essere il turno di Lapadula, in pieno stile Sir Claudio la carta a sorpresa da mettere sul tavolo dello Stadium.
Matteo Zizola














