L’indagine della Procura di Torino sul nuovo caso di presunte scommesse illecite commesse da alcuni elementi di spicco del calcio italiano è sulle prime pagine di tutti i media nazionali e internazionali. In attesa di ulteriori sviluppi abbiamo contattato l’avvocato Filippo Pirisi, coordinatore dell’Associazione Italiana Avvocati dello Sport in Sardegna, e docente di Diritto Sportivo.
Avvocato Pirisi, quanto successo nelle ultime ore rischia di diventare l’ennesimo scandalo del calcio italiano.
“Iniziamo con il precisare che, a ora, non è ancora stato formulato il capo d’imputazione ma che si è soltanto nella fase delle indagini preliminari che potrebbero, a ben vedere, anche chiudersi con un nulla di fatto attraverso una richiesta di archiviazione dei procedimenti. Infatti, quella che a ora è in essere, è la sola ipotesi di reato che è stata formulata dalla Procura della Repubblica di Torino avendo come riferimento il cosiddetto “esercizio abusivo dell’attività di scommessa” previsto dall’art. 4 della Legge n. 401/1989 (e non, come alcuni hanno scritto, il reato previsto e punito dall’art. 780 c.p. che tratta invece della mera partecipazione a giuochi d’azzardo). Anche il fatto, che giustamente tanto clamore mediatico ha provocato, che la Polizia giudiziaria, a Coverciano, abbia notificato gli atti a Tonali e Zaniolo, non deve sorprendere più di tanto, poiché altro non è che un atto dovuto in quanto gli investigatori – avendo necessità di sequestrargli i telefonini per eseguirvi i rilievi del caso al fine di approfondire il materiale probatorio già raccolto – hanno sicuramente ritenuto più utile eseguire detto sequestro seppur a costo di rendergli nota l’esistenza dell’indagine a loro carico”.
Giustizia ordinaria e sportiva, cosa rischiano i calciatori coinvolti? Facciamo chiarezza.
“Ovviamente non bisogna cadere nell’errore di confondere, o mischiare, la giustizia ordinaria, penale in questo caso, con quella sportiva, in quanto sono, ovviamente, due mondi che, seppur fra loro comunichino (in questo caso, come per lo scandalo che ha coinvolto lo scorso anno la Juventus, la Procura federale FIGC si è attivata solo a seguito dell’istruzione del procedimento della Procura della Repubblica), totalmente distinti. Diversi saranno infatti i tempi con i quali si potrà addivenire alla formulazione di una “accusa”, diversi saranno gli eventuali effetti premiali di patteggiamento o dell’applicazione delle eventuali attenuanti, come diverse saranno, a ben vedere, le eventuali pene cui i colpevoli – se ritenuti tali – potrebbero incappare. La norma penale prevede, infatti, ma solo salvo non venga contestata un’eventuale associazione a delinquere finalizzata alle giocate illecite, una pena che può variare da sei mesi a tre anni, mentre la norma sportiva, ben più pesante, recita non meno di tre anni, oltre ad un’ammenda non inferiore a 25.000 euro. La differenza sostanziale in tal senso, poi, è che per la giustizia ordinaria ciò che rileva perché vi sia l’illecito è il fatto, oggettivo, dell’aver scommesso in modo abusivo, mentre per la giustizia sportiva la condotta merita censura solo se la scommessa viene fatta su partite afferenti alla FIGC (e LND), alla UEFA ed alla FIFA, non essendo vietate scommesse (o giochi) di altro tipo”.
Esiste qualche rischio per le società proprietarie dei cartellini dei giocatori coinvolti nell’indagine?
“Elemento importantissimo è che, almeno ad ora, non sembrerebbe che, agli atti, vi siano combine o tentativi di combine di partite, il che consente, almeno ad ora, di escludere l’ipotesi della frode sportiva che, peraltro, mette al riparo anche le squadre dei singoli calciatori da eventuali sanzioni; squadre che, infatti, potrebbero subire una qualche contestazione solo laddove dovesse emergere una loro responsabilità diretta, consistente o nell’essere stata al corrente delle scommesse ed aver omesso di denunciare o, peggio ancora, nell’aver provato ad insabbiare i fatti. In questi casi, a seconda della gravità, le pene possono variare da uno o più punti di penalizzazione fino all’esclusione dal campionato o la revoca dei titoli conseguiti sul campo. Medesima condotta sarebbe punita anche laddove i rei dell’omessa denuncia fossero altri tesserati, magari compagni di squadra dei calciatori coinvolti; in questo caso, le pene minime sono di 6 mesi di squalifica e 15.000 euro di ammenda”.
Francesco Aresu














