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Cagliari, una vittoria di cuore: ora guai a fermarsi

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Emozioni forti che non possono lasciare indifferenti anche i più estranei. Una squadra che mentre precipita nel baratro ha la forza di rialzarsi e riagguantare una speranza ormai morta. L’esultanza, la corsa, il mucchio. Passata la sbornia, e senza voler smorzare l’entusiasmo, non si può non guardarsi indietro e analizzare quanto successo. La febbre del sabato sera da mettere da parte, il futuro da affrontare consapevoli che non è tutto oro quello che luccica.

Congiunzioni astrali
La Serie A pronta ad andare in fumo. Uno, due, tre gol del Parma a mettere a nudo le ormai note difficoltà del Cagliari. Poi, con la forza della disperazione, i rossoblù hanno prima riacciuffato la squadra di D’Aversa con Pereiro e poi siglato la rete della vittoria con Cerri. Come se gli astri si fossero allineati perfettamente in un sabato di metà aprile. Il Tonga che libera il suo sinistro a giro atteso da oltre un anno mettendo a tacere chi, come anche chi scrive, ne sottolineava la poca garra ogni volta che chiamato in causa. Il gigante buono di Parma che ripete esattamente l’ultimo gol segnato in campionato, quello del 4 a 3 all’ultimo secondo del dicembre 2019 contro la Sampdoria. Nel pomeriggio la prossima avversaria del Cagliari perdeva per un cartellino rosso il suo uomo di punta, quel Rodrigo De Paul che salterà la sfida infrasettimanale del Friuli. Senza dimenticare la Roma che raggiunge la semifinale di Europa League e che giocherà contro il Manchester United l’andata proprio dopo la partita dell’Arena di domenica 25 aprile, festa della liberazione. E chissà che proprio tra sette giorni non sia una liberazione dall’incubo chiamato retrocessione anche per il Cagliari.

Quella sigaretta
C’è poi la partita fino ai folli minuti di recupero, una prestazione che può essere riassunta dall’immagine al fischio finale del presidente Giulini sugli spalti. Sigaretta in bocca, accendino, il patron rossoblù scuote la testa. Già, perché non va dimenticato che il Cagliari aveva di fronte la penultima della classe, che era sotto tre a uno a meno di mezz’ora dalla fine, che fino al 91′ i ducali stavano portando via dalla Sardegna Arena il bottino pieno. Quello che conta, senza dubbio, è il risultato finale. Però non si può dimenticare il come, così come non si può non pensare che i successi tutti cuore e nervi possono arrivare saltuariamente, ma non possono essere la norma. Una squadra ritrovata in alcuni singoli, non solo i due match winner Pereiro e Cerri, ma soprattutto Razvan Marin e il capitano di fatto Radja Nainggolan. La conferma di Carboni altra nota positiva, la zuccata di Pavoletti alla centesima in rossoblù da non dimenticare. Poi però c’è una difesa che ha nel più giovane il proprio perno, mentre Godín e Rugani ballano. C’è soprattutto una partita approcciata come se non fosse l’ultima spiaggia, confermando di fatto le parole della vigilia di Semplici. La sigaretta e la testa scossa da Giulini sembrano dire che sì, il cuore palpita, la squadra è viva, ma no, con questo tipo di partite la salvezza resta un’impresa molto difficile.

Basta paura
“Per noi era importante non perdere, ma soprattutto provare a vincerla”. Parole di Semplici nel post partita che spiegano tanto dell’atteggiamento iniziale della sua squadra. Come a San Siro contro la prima della classe, ma di fronte a un Parma con l’acqua alla gola anche più dei rossoblù. Stessi uomini, stessa tattica, solo alcuni accorgimenti per liberare Nainggolan. Il resto è un baricentro troppo basso, un Joao Pedro lontano dal suo partner Pavoletti, un Rugani chiamato a fare il braccetto di destra e a provare i cross dalla trequarti, un Marin bloccato. Il doppio vantaggio del Parma ha solo messo a nudo l’incapacità di reagire dalla panchina, non solo quella dei giocatori in campo. Nessun cambio all’intervallo, né di uomini né tattico. Poi con la forza della disperazione ecco tutte le bocche di fuoco dentro alla caccia del pareggio prima e della vittoria poi. Meglio tardi che mai, ma ciò che si chiede a Semplici non sono le cinque punte del recupero, pensare a così tanti uomini offensivi dall’inizio sarebbe follia, ma di vincere le sue stesse paure che vengono poi scaricate sulla squadra tutta. Si dice che tre indizi facciano una prova e dopo Spezia, Verona, Inter e Parma gli indizi sono quattro. Come il tipo di difesa che sembra più nelle corde della squadra. Il Cagliari è cresciuto non solo quando colpito, ma anche quando il canovaccio tattico è stato modificato con il passaggio dalla difesa a tre a quella con due centrali e due terzini. Ne guadagnano i singoli, ne guadagna il collettivo. Non è un caso che i gol siano arrivati con due tiri da fuori area – Marin e Pereiro – uno di un centrocampista e uno di un subentrato. E con due cross, Carboni per Pavoletti e Pereiro per Cerri.

Che la vittoria contro il Parma possa aver rappresentato la svolta lo dirà la partita contro l’Udinese nel turno infrasettimanale. Il ribaltamento nei minuti di recupero ha ricordato un’immagine, quella di Ballardini con gli occhiali da sole a bordo campo che si vede sulle scalette dell’aereo pronto a lasciare la Sardegna. Poi arrivarono Matri e Conti, il due a uno sul Napoli e un’impresa leggendaria. Semplici spera di ripeterla, ma per farlo non basterà soltanto il click mentale che una partita come quella contro il Parma può aver dato, ma anche il coraggio di costruire sulle basi che la vittoria ha creato. Al contrario quella di un folle sabato sera della Sardegna Arena sarà soltanto una vittoria di Pirro.

Matteo Zizola

 
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