La premessa è d’obbligo, perché in fondo il Cagliari che è uscito sconfitto dalla sfida contro la Ternana non avrebbe meritato di perdere. Lo ha detto lo sviluppo della gara, lo hanno detto le occasioni, lo hanno certificato gli episodi con il rigore che ha dato i tre punti agli umbri e quello fallito da Pavoletti che ha allontanato i rossoblù dal sesto pareggio consecutivo. La premessa, però, non può giustificare la situazione in casa Cagliari, né tantomeno assolvere l’imputato Fabio Liverani da una condanna sportiva senza appello.
Loop
I dati raccontano una cosa, la realtà l’opposto. Fermandosi alla sola partita del Libero Liberati, Deiola e compagni hanno dominato sia dal punto di vista del possesso che dei tiri totali. Andando però ad analizzare il come più che il quanto, la differenza tra Cagliari e Ternana non è stata poi così ampia, anzi. La conclusione di Kourfalidis respinta dal portiere umbro nel primo tempo fa il paio con quella di Falletti messa in angolo da Radunovic nel secondo, il rigore in movimento sparato sopra la traversa da Viola in chiusura di prima frazione simile a quello messo fuori da Agazzi nella ripresa, il rigore siglato dal trequartista uruguaiano della Ternana con quello fallito da Pavoletti. In sostanza, al netto dei numeri a tabellino e della supremazia territoriale più sterile che altro, il punteggio finale non può e non dovrebbe essere derubricato alla sfortuna o alla fortuna. Al contrario, però, Fabio Liverani nel post partita ha fatto spallucce, con il più classico dei “ma” calcistici, ovvero il non voler mettere sul tavolo determinati concetti per poi, al contrario, utilizzare gli stessi come giustificazione dell’ennesimo fallimento sul campo. “Non sono mai stato uno che parla di sfortuna o fortuna, ma obiettivamente non ci ha mai girato bene in queste sedici partite“, le parole del tecnico rossoblù in sala stampa. E ancora, “Abbiamo creato tanto, abbiamo fatto una buona partita almeno per meritarci un pareggio“, come se uscire indenni da Terni avrebbe potuto essere il solito bicchiere mezzo pieno nonostante la classifica e i risultati deficitari. O come se in tutto questo primo scorcio di campionato il Cagliari avesse visto soltanto le spalle della buona sorte, quando la realtà dice che alla fine gli episodi contro e a favore si sono compensati.
Se non ora quando
Lasciate da parte le questioni tattiche e le scelte, come ad esempio i tempi e i modi dei cambi, diventa davvero complicato capire la logica che porta all’ennesima conferma di Liverani sulla panchina del Cagliari. Vero è che come ogni partita fa storia a sé così ogni stagione fa altrettanto, ma c’è chi in passato è stato allontanato per molto meno e non nel contesto della Serie B, ma in quello del massimo campionato. I rossoblù vivono una situazione tragica, sportivamente parlando, e in attesa delle altre gare della sedicesima giornata del campionato cadetto non si può non guardare alla zona retrocessione più che a chi sta davanti in classifica. E questo basterebbe a tramutare i dubbi in decisioni, ovvero in un cambio di guida tecnica che appare necessario non da oggi, ma da settimane. Una vittoria in undici partite, l’ultima datata 15 ottobre, il peggior ruolino di marcia dell’intera Serie B considerando le ultime sette giornate – a pari merito con Cosenza, Spal, Genoa e Bari ma con una partita in più – superato anche proprio dalla Ternana che, prima dello scontro diretto, era ultima nella speciale graduatoria con soli tre punti contro i cinque del Cagliari. Umbri che precedevano i rossoblù nella classifica generale – dato utile a Liverani per giustificare le difficoltà della sfida – ma che non vincevano dal 15 ottobre, trasferta di Benevento, e che non raccoglievano i tre punti in casa da sette giorni prima, vittoria contro il Palermo. Insomma, il rigore di Pavoletti, se segnato, avrebbe dato forse un pareggio, ma non avrebbe interrotto l’agonia al cospetto di un avversario inferiore non solo sulla carta, ma anche in campo. E in un momento se non peggiore, per lo meno identico a quello del Cagliari.
Silenzio
Liverani continua così ad avere credito, la conferma che a scanso di ribaltoni inattesi sembra avere come termine ultimo il 26 dicembre, gara casalinga contro il Cosenza prima della sosta. Intanto il tempo passa e non gli frega niente di te che sopravvivi, cantavano i Negrita. E il Cagliari sopravvive, con l’acqua alla gola e il silenzio di chi dovrebbe soccorrerlo con scelte di logica e non di pancia e invece guarda il naufrago scendere sempre più in basso dentro l’abisso. Mentre altrove, nonostante una classifica migliore, il trend negativo determina cambi di rotta per salvare il salvabile, dalle parti di Via Mameli si insiste sulla strada tracciata nonostante il baratro sia sempre più vicino. In attesa della prossima sfida da non sbagliare, questa volta contro un Perugia ultimo che non potrà essere visto come uno spauracchio dall’alto della propria posizione davanti a quella dei rossoblù, come accaduto nelle ultime settimane di fronte a ogni avversario. Ogni gara il punto più basso, ogni gara l’occasione per scavare e raggiungere l’ennesimo minimo di una gestione tecnica e societaria sportivamente ingiustificabile. Nel silenzio che perdura e che non può essere degli innocenti, nella conferma di scelte personali che non si vogliono o non si possono sconfessare.
Matteo Zizola