Trascinare quasi a sorpresa il Cagliari, godersi le luci della ribalta, ma sentire poi il contraccolpo della crescita altrui e delle armi delle squadre avversarie contro sé stessi. Un paradosso nato quasi per caso quello di Zito Luvumbo, prima alternativa, poi protagonista e infine un punto di domanda quando i compiti tattici prescritti aumentano. Un ordine degli eventi che contrariamente a quanto accaduto nella scorsa annata il classe 2002 dovrà provare subito a interrompere.
Serata no
Nella passata stagione fu il 4-4-2, in questa stagione è stato invece il 4-2-3-1 schierato con la Juventus a far sorgere più di qualche dubbio sull’applicazione tattica del numero 77. In una gara in cui le pressioni psicologiche si moltiplicano per la natura dell’avversario, Luvumbo è andato in difficoltà di fronte alle richieste di Ranieri. Schierato non come punto cardine offensivo, ma come una nota seppur importante dello spartito tattico, il nativo di Luanda non ha brillato peccando sia in fase di possesso che in fase di non possesso. Differenti i compiti chiesti rispetto alle precedenti uscite con l’attacco leggero, in cui il compito principale era quello di attaccare la profondità e di puntare l’uomo senza abbassarsi troppo per giocare il pallone, ma soprattutto meno impattanti quelli con la palla tra i piedi degli avversari. Allo Stadium, Luvumbo è andato in apnea nel cercare di dare il proprio contributo contro la catena destra destra su cui la Juventus si è spesso poggiata soprattutto nella prima frazione, con Gatti più di una volta a salire il campo e dare il proprio supporto alla manovra offensiva bianconera. Sul centrale juventino l’uscita dell’angolano era la scelta apparsa chiara sin dal primo momento, così come la necessità di dare un contributo più massiccio alla costruzione del fraseggio rossoblù. Temi diversi rispetto a quello di creare confusione nella retroguardia avversaria con i propri strappi e che Luvumbo nonostante i tentativi non è riuscito a sviluppare appieno.
Parallelismi
Già tre gol in stagione, tanti quanto nell’intera stagione regolare della scorsa Serie B. Un andamento contrario rispetto al resto dei compagni nelle prime giornate non solo a livello di gioco, ma anche sotto il profilo della condizione fisica Con la squadra rossoblù che contrariamente alle attese si è ritrovata a contare solo sul brio dell’angolano, che ha approfittato della situazione per mostrare più di qualche passo in avanti sotto porta, come evidenziato dalla rete dell’Arechi contro la Salernitana. La possibilità di mischiare le carte in avanti per Ranieri, la conseguente necessità di condividere il palcoscenico con una punta di peso e di ampliare il pacchetto dei compiti richiesti da squadra e tecnico, sembra però essere al momento un tallone d’Achille per il giocatore. Che nonostante resti il giocatore ancora più continuo a livello di prestazioni, senza i galloni del centravanti e la conseguente perdita della licenze durante il possesso avversario ha visto il crearsi di qualche intoppo: prima andando a sprazzi contro il Genoa, poi zoppicando contro la Juventus quando scelte e dettami tattici pesavano maggiormente. Con il pensiero che è andato così a ritroso nel tempo. Perché anche nella scorsa stagione inizialmente l’angolano appariva nei primi mesi come l’unico giocatore in grado di dare imprevedibilità all’attacco rossoblù, non solo in fase realizzativa. Ma il cambio in panchina, i tatticismi richiesti e la crescita di Lapadula con al fianco Prelec, coincisero con un periodo difficile che solo i playoff contro il Parma riuscirono a interrompere.
Un filo conduttore tra le due annate che Luvumbo dovrà provare subito a smentire. Ripartendo anche da alcuni momenti in cui nella scorsa annata dimostrò di potersi applicare in maniera notevole a livello tattico in sfide delicate. Nella scorsa Serie B, Ranieri apprezzò lo sforzo evidente nelle trasferte di Bari e Venezia, quando con un Cagliari in piena emergenza il classe 2002 dovette immagazzinare e provare a espletare le richieste del tecnico occupandosi delle fasce in entrambe le fasi. Quella dello Stadium potrebbe essere così la lezione necessaria per Luvumbo per crescere ancora. Soprattutto a livello mentale, nel prendere consapevolezza di quanto l’equilibrio tra responsabilità e libertà in campo possa essere determinante per diventare il calciatore che desidera essere. E cercare di trovare così le forze di creare un viottolo alternativo per sé stesso, parallelo rispetto a quello solitamente percorso a forza di grandi accelerazioni, e che possa diventare importante allo stesso modo per un Cagliari che del numero 77 ha dimostrato di avere grande bisogno.
Matteo Cardia