Brutti, sporchi e cattivi. Non c’è altra soluzione, nessuna finezza da mettere in campo, il gioco in secondo piano. Tre punti, risultato, al resto ci si penserà più avanti.
Oltre le parole – “Non parliamo di dentro e fuori, è presto. Mancano quindici gare”. Semplice, diretto, conciso. Di Francesco nella conferenza pre-gara alla vigilia della sfida contro il Torino ha voluto togliere tensione alla squadra. Ci sarebbe da trovare un senso, anche se questa storia un senso non ce l’ha canterebbe Vasco Rossi. Perché dopo 22 giornate e solo tre vittorie, con due punti di svantaggio dalla quartultima e con proprio la diretta concorrente come avversaria parlare quasi di una sfida come le altre lascia il tempo che trova. Vincere è l’unica cosa che conta, motto di chi scudetti ne ha vinto più di tutti, motto che può essere l’unica via del Cagliari nella partita contro il Torino. Contano solo i tre punti, non il come, non gli slogan, non le frasi mediatiche per calmare la piazza o per trovare quella positività che solo un risultato può portare. È come chiedere credito a una banca che ha già elargito prestiti su prestiti, la valuta è la fiducia, ora è tempo di restituirla con una vittoria.
Schemi saltati – In una partita decisiva, perché Cagliari – Torino è una partita decisiva, può succedere che a un certo punto la caccia al risultato faccia dimenticare ogni tatticismo. Così anche a parole, perché buttare metaforicamente la palla in tribuna lo si può fare quando si è vicini al risultato, non quando lo stesso manca da troppo e si è di fronte a una sfida simile a una finale. “Sarà lui a decidere se il campionato non dovesse girare a fare un passo indietro, di questo ne sono sicuro”. Tommaso Giulini lo disse chiaramente dopo la partita contro il Genoa, contestualmente al rinnovo il presidente rossoblù mise sul tavolo anche una sorta di ultimatum della dignità. Il Torino rappresenta non tanto per il campionato del Cagliari, quanto per l’esperienza di Di Francesco un passaggio decisivo. Perché una non vittoria vorrebbe dire, nella migliore delle ipotesi, due punti nelle quattro partite successive al rinnovo di fiducia, non esattamente un campionato che ha girato. Nella peggiore il punto sarebbe uno, e la distanza dalla zona salvezza salirebbe a meno cinque.
Di parole si è nutrita la società, di parole si è nutrito l’allenatore, di parole si sono nutriti i giocatori. Tra “resilienza”, “equilibrio”, “classifica ridicola”, “serenità”, “mentalità”, con in testa il ricordare che “il Cagliari è una squadra che rappresenta un’intera isola, un intero popolo”. Parole, forse utili a indorare la pillola dei risultati una volta, ma che al contrario del detto non diventano verità se ripetute all’infinito. Le chiacchiere stanno a zero alle 20 e 45 di venerdì 19 febbraio 2021. Quello che conta saranno solo e soltanto i punti. Brutti, sporchi e cattivi, ma vincenti. Al contrario nessun proclama, nessun “una terra, un popolo, una squadra” salverà il Cagliari dalla crisi più nera dall’anno dell’ultima retrocessione in poi.
Matteo Zizola