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Cagliari, svolta e futuro: Caprile il vero colpo salvezza, il suo riscatto una priorità

Elia Caprile durante Cagliari-Parma | Foto Valerio Spano
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C’erano una volta Antonio Chimenti e Marco Storari, c’è oggi Elia Caprile. È la storia del Cagliari e di quei portieri che, arrivando a gennaio, hanno cambiato il corso di una stagione trasformando le difficoltà in tranquillità, mettendo in sesto difese ballerine grazie a personalità, parate e solidità che permea tutto il reparto difensivo. D’altronde è automatico e perfino umano, se alle tue spalle sai che c’è un guardiano che ti protegge in caso di problemi improvvisi, ecco che proprio i problemi si diradano, quasi si annullano, perché la tensione si scioglie e la serenità aumenta il livello di attenzione e di conseguenza fa crollare il numero dei possibili errori.

Svolta
Un dato su tutti spiega la trasformazione del Cagliari dal punto di vista difensivo con l’arrivo a gennaio dal Napoli di Caprile. Diciannove le partite giocate dai rossoblù prima del trasferimento in Sardegna del portiere ex Empoli, trentadue le reti subite da Simone Scuffet e da Alen Sherri. Sei invece le gare con Caprile a difendere i pali della porta, sette i gol al passivo. I conti sono presto fatti: da una media di 1,68 reti subite a gara a un 1,17, mezzo gol di differenza che, guardando a un intero girone, significa quasi dieci gol in meno sul totale. Un dettaglio che quando ci si gioca la salvezza contro tante concorrenti cambia completamente le carte a propria disposizione, senza contare quanto possa incidere nelle prestazioni collettive avere un portiere che infonde sicurezza non solo ai compagni di reparto, ma a tutta la fase difensiva. Oltre all’aspetto del possesso, con Caprile che ha dato anche maggiori sicurezze quando è il Cagliari a costruire, che sia dal basso o attraverso lanci lunghi. Basta guardare altrove per avere ulteriori conferme in merito. Il Venezia ha, ad esempio, perso punti fondamentali a Udine quando Stankovic ha dovuto alzare bandiera bianca e Joronen ne ha preso il posto. E vanno ben oltre le dita di una mano le volte nelle quali il portiere figlio d’arte ha regalato risultati positivi alla squadra di Eusebio Di Francesco, chiedere proprio al Cagliari sconfitto al Penzo. O il Lecce, che ha in Falcone un pilastro che ha spesso e volentieri tolto le castagne dal fuoco ai salentini. O l‘Empoli che ha iniziato il proprio crollo verticale in concomitanza con le difficoltà di Vasquez e l’inizio del valzer che ha portato a vedere Silvestri titolare nell’ultima giornata contro l’Udinese. O ancora il Parma, abbandonato in diverse gare da Suzuki, le cui uscite spericolate hanno portato a sconfitte che difficilmente sarebbero arrivate altrimenti. E che dire del Como, una squadra che ha mostrato di non dover appartenere alla lotta salvezza e che, invece, tra Reina e Audero ha avuto difficoltà evidenti fino a risolverle con l’arrivo di Butez a gennaio. O del Genoa, prima vittima degli alti e bassi di Gollini e poi, improvvisamente, diventato quasi imperforabile una volta regalata la titolarità a Leali. Insomma, tanti, troppi indizi che fanno una prova su quanto sia importante un portiere affidabile e di personalità per raggiungere i propri obiettivi, ancora di più quando si parla della linea sottile che divide la salvezza dalla retrocessione.

Futuro
Ci sono partite nelle quali le continue sollecitazioni favoriscono l’attivazione della modalità “God” in un portiere, parate dopo parate che tengono corpo e mente allenati e aiutano a superarsi ogni volta più della precedente. La vera differenza per un numero uno, però, è farsi trovare pronto in quelle occasioni nelle quali si è quasi inoperosi per gran parte della gara, per poi all’improvviso dover fronteggiare l’attaccante di turno nell’unica vera chance dell’incontro. Basti pensare a Caprile contro il Milan, record di parate e prestazione da urlo. Non che sia facile, ma quando piovono palloni dalle proprie parti con regolarità, ecco che mantenere alta la soglia dell’attenzione è quasi automatico. Poi però c’è anche il Caprile visto contro l’Atalanta, qualche uscita, alcuni interventi quasi da ordinaria amministrazione, fino a pochi minuti dalla fine quando il giovane Vlahovic ha provato il diagonale da posizione ravvicinata trovando la deviazione salvifica – per il Cagliari – del classe 2001 veronese. Che non aveva messo in mostra la sua migliore versione fino a quel momento, salvato da un Posch ruvido dopo un’uscita non esattamente perfetta – e conseguente rete annullata a Brescianini – e spesso non preciso in una delle sue qualità migliori, il lancio lungo. Eppure quando il gioco si è fatto improvvisamente duro il duro Caprile ha cominciato a giocare, sigillando un punto di platino e aiutando a piazzare un altro mattoncino nella casa chiamata permanenza in Serie A. Con il Cagliari che da quando l’ex Empoli ha preso possesso dei pali è passato da una media punti di 0,89 a partita prima del suo arrivo a 1,33 dopo il suo sbarco in Sardegna. Insomma, non solo un fattore, ma il fattore. Tanto da far pensare immediatamente al futuro e a quanto sia importante avere un portiere del livello di Caprile per costruire il Cagliari che verrà. Forse ancora di più di un centrocampista fisico come Michel Adopo o di una punta dal futuro garantito come Roberto Piccoli. Non citati a caso, perché i due giocatori di proprietà dell’Atalanta condividono con il portiere del Napoli la formula con la quale sono arrivati in rossoblù. Prestito con diritto di riscatto, a cifre differenti l’uno dall’altro. Otto milioni per Caprile, quattro per il francese, dodici per il centravanti bergamasco. Valutazioni differenti come differente è stato – e potrebbe essere in futuro – l’impatto sulla stagione del Cagliari. Tanto da far pensare, per lo meno a chi scrive, che prima di ogni altro pensiero il primo della lista alla voce riscatti non possa che essere il portiere veneto di origine campana. Perché, in fondo, la storia insegna che i campionati si costruiscono dalle fondamenta, quindi dalla difesa. Ma la difesa si costruisce innanzitutto dal portiere, ago della bilancia che può elevare (o distruggere) le prestazioni di tutto il reparto. E non sempre gennaio può venire in aiuto per salvare il salvabile. Insomma, il Cagliari ha trovato il suo guardiano, lasciarlo passare come il classico treno potrebbe essere un errore grossolano.

Matteo Zizola

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