Tra l’impatto con il pallone e il cross di Baselli dalla bandierina dell’angolo destro dell’Arechi passano solo pochi istanti. Chissà cosa avrà pensato Giorgio Altare in quel frame che ha deciso di essere parte di un film salvezza che può essere ancora recitato, almeno fino a quando la classifica lo vorrà. Forse a nulla se non a chiudere gli occhi e colpire forte tanto da piegare le mani di Sepe e a far finire il pallone in rete. L’immagine di un ragazzo che si è preso di forza il Cagliari sulle spalle quando nessuno se lo aspettava.
Rudezza necessaria
Altare è stato una delle sorprese positive dell’era Mazzarri. Tornato utile nel momento del bisogno, quando il Cagliari cercava i primi punti per ripartire, al Ferraris contro la Sampdoria, l’ex Olbia fu scelto per comporre una linea difensiva a tre giovanissima insieme a Lovato e Carboni. Prima di allora c’era stata una sola sfortunata apparizione, con il tecnico di San Vincenzo che decise di buttarlo nella mischia contro il Venezia nei minuti finali, quando un suo mancato anticipo fu decisivo per l’1-1 di Busio e soprattutto sinonimo di due dei tanti punti persi negli ultimi istanti delle gare. Quello sceso sul terreno di gioco contro i blucerchiati era però un altro giocatore, rude il tanto giusto per una squadra che lotta per la salvezza sin da quando si è ritrovata nel fondo della classifica nonostante la carta propendesse per una sorte diversa. Forse, proprio Altare, è stato uno dei pochi a capire la situazione, a mettere sempre la gamba e il cuore anche quando gli altri hanno cominciato ad avvertire il proprio fiato accorciarsi. Ed è per questo che probabilmente Mazzarri ha deciso di privarsene poche volte da gennaio in poi – sempre titolare tranne che nella trasferta di Empoli e in quella di Bergamo causa covid – e che Agostini non abbia voluto rinunciare a lui malgrado i cambiamenti necessari dopo l’arrivo in panchina. Una scelta che ha pagato nei numeri e nello spirito, come dimostrano le statistiche a fine partita e la corsa dopo il gol, dove lacrime di gioia e incredulità si sono mischiate tra di loro.
Precisione e rabbia
Djuric, Verdi e l’imprevedibilità di Ederson. Non era facile per una difesa come quella del Cagliari, colpita sempre in questo campionato tranne che in due uscite, sostenere l’attacco della squadra più in fiducia della Serie A. Il compito però, al di là dell’episodio sul rigore di Lovato, è stato ben assolto, e Altare ne è stato uno dei principali fautori. Cinque i recuperi, solo dietro all’ex Atalanta, settantanove palloni giocati, ma soprattutto 72% di precisione nei passaggi e 19 palloni giocati in avanti riusciti, uniti a una percentuale dell’84,98% di disponibilità al passaggio. Nonostante la richiesta principale fosse mantenere l’equilibrio necessario per non subire le ripartenze granata, il classe 1998 cresciuto tra le fila del Milan e del Genoa ha saputo dare il proprio apporto in fase offensiva già prima che Agostini gli chiedesse di avanzare la sua posizione negli ultimi sgoccioli di gara. Ultimi sgoccioli in cui è arrivato quel gol che è appena il terzo di un difensore centrale in stagione ma che potrebbe essere decisivo in ottica futura e che vada come vada è l’immagine che in tanti aspettavano di vedere. Perché in quel morso alla maglia, quasi a voler strappare via quel destino che sembrava già scritto in un’Arechi che non aspettava altro che il triplice fischio, si è mostrata quella voglia di lottare per la maglia che i tanti tifosi arrivati anche in Campania vorrebbero vedere sempre. E che sperano possa valere ancora la Serie A: Giorgio Altare e il suo colpo di testa hanno riacceso una piccola speranza.
Matteo Cardia