Se si dovesse scegliere una colonna sonora per l’esperienza di Walter Mazzarri alla guida del Cagliari sarebbe “Io vorrei…non vorrei…ma se vuoi” di Lucio Battisti. Trentadue partite in campionato, sei vittorie, nove pareggi e ben diciassette sconfitte. Le discese ardite, e le risalite, ovvero le difficoltà iniziali e il filotto di inizio 2022, con i rossoblù quasi su nel cielo aperto, e poi giù il deserto con la nuova crisi interrotta soltanto dai tre punti illusori contro il Sassuolo.
Ora non siamo già più vicini
L’esonero di Mazzarri, arrivato 48 ore dopo la sconfitta casalinga contro il Verona, non è stato un fulmine a ciel sereno. Fin dal fischio finale della gara contro l’Hellas, infatti, il destino dell’allenatore di San Vincenzo era apparso segnato. Il cielo sopra Cagliari, tra l’altro, era tutt’altro che limpido. Le nuvole della classifica e di un rapporto difficile con club e squadra sostavano da tempo sulla testa dei protagonisti. La fiammata data dai risultati di inizio anno si è presto spenta, lasciando il passo a una ricaduta verso l’inferno ancora più pesante del pur terribile girone di andata. Il tutto nonostante un mercato che aveva portato “ragazzi funzionali al mio gioco“, come da parole di Mazzarri dopo il pareggio casalingo contro il Napoli dello scorso 21 febbraio. “Credo che il presidente voleva che prendessi la squadra il prima possibile, ma un allenatore nuovo ha bisogno di tempo“, disse il tecnico toscano in seguito al pareggio casalingo con il Venezia di inizio ottobre. Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi. Mazzarri è stato vittima della sua stessa intransigenza tattica e psicologica, non solo di una classifica che racconta una crisi profonda. L’allenatore classe ’61 lascia così il testimone ad Alessandro Agostini, che abbandona la Primavera dopo averla portata ai playoff scudetto, per provare a compiere l’impresa salvezza nelle ultime tre giornate di Serie A.
Scarso impatto
L’era Mazzarri era cominciata il 15 settembre dopo l’esonero di Leonardo Semplici in seguito alla sconfitta casalinga contro il Genoa. La prima gara all’Olimpico di fronte alla Lazio aveva messo in mostra un Cagliari rinfrancato, il 2 a 2 finale una beffa arrivata negli ultimi minuti dopo una prestazione positiva. La scossa però aveva ben presto lasciato il passo al ritorno dei problemi, con lo zero a due della Unipol Domus contro l’Empoli, l’identico punteggio patito a Napoli e il pareggio subito all’ultimo minuto in casa contro il Venezia. Il primo dei tanti scontri diretti falliti dal Cagliari di Mazzarri, dopo che già Semplici aveva portato in dote un solo punto in quelli contro lo Spezia e il Genoa alla prima e alla terza giornata. La vittoria contro la Sampdoria un’illusione durata poco, unica di tutto il girone di andata. Dopo i tre punti strappati ai blucerchiati, infatti, sono arrivati quattro pareggi e cinque sconfitte nelle successiva nove gare. Prima della debacle prenatalizia contro l’Udinese, punto più basso della prima parte di stagione che portò all’epurazione di Godín e Caceres. I due uruguaiani hanno rappresentato i capri espiatori dei problemi rossoblù, un’altra illusione tra le tante del campionato. I risultati arrivati dopo aver messo da parte il Faraone e il Pelado hanno dato risposte positive, ma non a lungo. La settima sconfitta in undici partite, contro la Juventus a Torino prima della sosta, aveva così lasciato il passo al filotto della prima parte del 2022.
Dalle stelle alle stalle
Un ritmo da Europa, quattro vittorie, tre pareggi e una sola sconfitta nelle prime otto giornate del girone di ritorno. Il Cagliari sembrava aver assimilato i dettami di Mazzarri, la salvezza non più un’utopia ma una solida realtà. Poi, all’improvviso, la tempesta inattesa. “I ragazzi sono un po’ telecomandati e ora giocano con lo spirito dell’allenatore” dichiarò il tecnico toscano dopo la vittoria di Bergamo. Non il punto più alto, perché in seguito sono arrivati il pareggio di Empoli e quello contro il Napoli e soprattutto la vittoria in trasferta contro i granata di Juric. “Siamo una squadra con la S maiuscola, ma dobbiamo continuare così fino alla fine“, così Mazzarri dopo aver sbancato Torino. Il resto è storia recente, la esse da maiuscola si è fatta via via sempre più piccola fino a sparire. Il gruppo è così entrato in un vortice negativo, sia tattico che psicologico, mentre il condottiero di San Vincenzo è sembrato perdere il contatto con i propri giocatori. Non solo, ma dalle sicurezze si è passati agli alibi. Infortuni, arbitraggi, sfortuna. Senza mai – quasi – affrontare di petto una realtà difficile da nascondere. Le sette sconfitte in otto gare hanno portato il Cagliari a 28 punti in 35 giornate, la peggior quota a pari merito con il 2014-15 da quando la Serie A è passata a venti squadre. La nota positiva nel dramma è che se i 28 punti del primo anno di gestione Giulini furono una condanna che attendeva solo la matematica per essere ufficializzata – l’Atalanta quartultima viaggiava a 36 lunghezze a tre gare dal termine – ora i rossoblù sarebbero ancora salvi e potranno giocarsi tutto nei due scontri diretti contro Salernitana e Venezia, oltre che nella sfida casalinga con l’Inter alla penultima giornata.
La speranza in casa rossoblù è che Alessandro Agostini, che conosce l’ambiente e le sue pieghe a perfezione, possa ribaltare una situazione difficile da superare. Fare da normalizzatore, con pochi dettami tattici semplici che ridiano sicurezze alla squadra. Soprattutto riportando fiducia nel gruppo, meno bastone e più carota. Il passato è ormai andato ed è inutile piangere sul latte versato, così come le responsabilità principali restano di una società che anche nella gestione di questo ultimo cambio è apparsa quantomeno confusa. Il tempo dei processi arriverà, ora però la priorità resta la salvezza. Toccherà ad Agostini renderla non solo possibile, ma concreta e reale.
Matteo Zizola