Nascondere la polvere sotto il tappeto può essere un mezzo per risolvere in poco tempo una situazione problematica, l’ospite in procinto di arrivare e l’orologio che corre a non dare la possibilità di sistemare la casa al meglio. Il silenzio stampa del Cagliari dopo la sconfitta di Parma, legittimo, non può però nascondere degli errori che ormai si ripetono ciclicamente, nonostante il tentativo di spostare l’attenzione sull’operato del direttore di gara.
Numeri
Pisa davanti, Ascoli a pari merito, Venezia e Ternana un gradino sotto. Evidentemente non la classifica della Serie B, che grazie agli inciampi altrui ha reso meno dolorosa la sconfitta nello scontro diretto del Tardini, bensì quella dei rigori contro subiti in campionato. Undici per i nerazzurri toscani, primi nella speciale graduatoria, nove per il Cagliari e per i bianconeri, otto per i lagunari e gli umbri, questi ultimi prossimi avversari alla Unipol Domus domenica 30 aprile. Un dato che potrebbe dare adito a contestazioni, a una squadra rossoblù poco fortunata quando si parla di arbitraggi, a maggior ragione dopo le polemiche seguite al rigore fischiato ai danni di Azzi a Parma. Eppure, sia nell’ultimo caso in ordine temporale che in quelli precedenti, non si possono omettere le colpe e le ingenuità dei singoli, protagonisti di interventi che – al netto di eventuali errori o decisioni fiscali – hanno fatto sì che ci fosse la possibilità di subire la massima punizione. Il Cagliari a Parma aveva messo sui binari giusti la gara, la contesa aerea del terzino brasiliano con Vazquez una leggerezza che – a prescindere dalla correttezza o meno della decisione dell’arbitro – si sarebbe potuta evitare. Un salto scomposto, braccia larghe e che non sono giustificabili, un rischio corso in una situazione non così pericolosa. Questione di momenti, di dettagli, i famosi episodi che possono far girare una partita e la cui gestione può determinare la differenza tra una vittoria e una sconfitta.
Alibi e colpe
Il primo rigore subito dal Cagliari in Serie B risale alla sfida nella gara d’andata contro l’Ascoli. Nella trasferta marchigiana fu la mancata intesa tra Altare e Radunovic a portare il portiere serbo ad abbattere l’avversario, con il difensore che non aveva protetto l’uscita del compagno e quest’ultimo indeciso nella scelta del tempo d’intervento. Una decisione ineccepibile, così come quella che portò alla massima punizione nella sfida contro la Ternana quando Obert entrò in ritardo su Partipilo in una situazione abbastanza leggibile. Una costante degli interventi rossoblù dentro l’area di rigore, spesso a metà e senza la necessaria lucidità per capire quando non affondare il colpo. Basti pensare a quelli di Makoumbou a Modena e Bari, falli per certi versi inutili in situazioni facilmente gestibili e tipici di chi è poco abituato alla tensione dentro i propri sedici metri. Situazioni peraltro simili a quella che aveva portato al rigore di Palermo causato da Nández, ancora una volta per un’entrata leggermente in ritardo nella quale mancò la freddezza di togliere la gamba al momento topico. Così come della stessa fattispecie quella che determinò la massima punizione in favore del Perugia alla Unipol Domus, frutto di un’ingenuità di Zappa ai danni di Strizzolo, e quella dell’ultimo turno di campionato a Parma commessa da Lella su Mihaila, l’unico rigore non trasformato dei nove subiti dal Cagliari in stagione. Infine i falli di mano, in due occasioni i rossoblù sono stati puniti da braccia posizionate non in maniera congrua. Contro il Sudtirol, quando Zappa regalò il gol del pareggio dagli undici metri di Larrivey, e l’ultima al Tardini con l’episodio ormai famoso con protagonista Azzi.
Guardarsi allo specchio
Il problema, più dei rigori in sé, sono i punti persi dal Cagliari a causa di disattenzioni assolutamente evitabili e che, senza nascondere la polvere sotto il tappeto, poco hanno a che fare con possibili errori arbitrali. Certo, l’espulsione di Rog a Modena è stato l’episodio più eclatante tra quelli contestati, ma nel complesso la classifica potrebbe essere differente se, più che i direttori di gara o i VAR, a prestare maggiore attenzione fossero stati i giocatori di Liverani prima e Ranieri poi. Ascoli, Ternana, Palermo e Modena sono state tutte sconfitte indirizzate da uno svantaggio su rigore, mettendo le sfide su binari di difficoltà per Lapadula e compagni. Contro il Bari e il Sudtirol gli episodi sono arrivati a gare ormai chiuse e con la vittoria in mano, un totale di quattro punti lasciati andare e che, oggi, metterebbero il Cagliari a quota 52, quarto alla pari con il Sudtirol – che di punti ne avrebbe uno in meno. Il rigore di Parma, inoltre, ha cambiato l’inerzia di una sfida che, va ricordato, sembrava comunque essere stata modificata già dai cambi di Pecchia e dalle contromosse in ritardo di Ranieri, altro dettaglio nascosto dalle polemiche. L’unico episodio che non ha lasciato strascichi è stato quello casalingo contro il Perugia, partita poi comunque vinta per 3-2 ma che, dal punto di vista dell’ambiente, segnò la spaccatura tra pubblico e l’ex tecnico Liverani.
Il silenzio stampa ha cause che vanno al di là del semplice rigore fischiato ai danni dei rossoblù, partendo dalla decisione di vietare la trasferta ai tifosi del Cagliari residenti nella provincia del capoluogo isolano e arrivando alla gestione generale da parte dell’arbitro. Ma, e Ranieri su questo dovrà necessariamente lavorare, nasconde anche dei limiti caratteriali e di gestione degli episodi da parte dei singoli che nel lungo termine hanno pesato e non poco sul campionato. Un errore può capitare, ma il ripetersi di disattenzioni in momenti cruciali non può nascondersi dietro l’alibi di arbitraggi sfortunati che, all’interno di una stagione, rientrano nella normalità della casualità. Perché in fondo ci sono due modi di affrontare il numero nove dei rigori subiti, quello di piangersi addosso e cercare altrove le colpe e quello, più controllabile, delle proprie mancanze. Unico dettaglio che si può correggere con il lavoro, al di là di polemiche e dietrologie. D’altronde, come da luogo comune, anche i direttori di gara possono sbagliare e per evitarlo non resta che evitare di creare le situazioni che possano determinare gli errori, sempre che di sbagli si tratti.
Matteo Zizola