“Havemos de voltar”. Torneremo. Quando Agostinho Neto decideva di chiudere ogni strofa di una delle sue più importanti poesie con questo verso, mandava un messaggio al popolo angolano ancora oppresso dal colonizzatore portoghese. Una chiarezza di parole e intenzioni, che anni dopo riuscì a trasformarsi in fatto compiuto. Tornare nel luogo a cui si appartiene. Sessantatré anni dopo, un filo rosso collega quel forte desiderio di libertà alla Cagliari che sogna di ritornare in una Serie A che sente sua. A tesserlo è un giovane angolano che unisce due mondi temporalmente e geograficamente lontani, ma uniti almeno in parte sentimentalmente. Perché Zito Luvumbo, dopo mesi non semplici, è tornato a far esaltare il pubblico di una Unipol Domus che lo ha sempre atteso.
Passo indietro
Dalla sfida contro il Cittadella ribaltata con la sua complicità, fino alla doppietta che ha deciso, insieme alla rete di Lapadula, un’andata della semifinale playoff contro il Parma già diventata per tanti indimenticabile. Un campionato intero nel mezzo, tra alti e bassi, tra rispetto e mancato feeling con i compiti richiesti. Ma anche la sensazione che qualcosa prima o poi potesse arrivare, per cambiare la narrazione di una stagione che sembrava diventare più quella dell’adattamento che della completa affidabilità. Perché il talento di Zito Luvumbo è sembrato chiaro a tutti, sin dal principio. C’è voluto del tempo però per far sì che venisse fuori, che la cura tecnica e l’ambientamento riuscissero a levigare un diamante grezzo. Ed è stata necessaria anche una buona dose di pazienza perché tutto si potesse recuperare quando il prestito a Como all’inizio della passata stagione sembrava aver tolto qualcosa al classe 2002. Allora fu Alessandro Agostini, alla guida della Primavera che aveva accolto Luvumbo nell’annata precedente, a far sì che tutto tornasse in ordine. Facendo nuovamente sentire importante un giocatore che poi rispose con 11 reti e 5 assist da gennaio in poi tra campionato e fase finale dei playoff del torneo nazionale under 19. Il modo migliore per presentarsi al piano più alto, più pronto mentalmente e fisicamente al mondo dei grandi.
Attesa
Due assist e tre reti nella prima parte di stagione. Con prestazioni condite in più occasioni da divertimento e imprevedibilità, qualcosa che spesso gli avversari hanno mal digerito. Le difficoltà di una squadra che non riusciva a trovare continuità e appoggio del pubblico hanno però finito per inghiottire anche lui. Fino al cambio in panchina, con il ritorno sull’Isola di Claudio Ranieri. Che per l’angolano si è trasformato in occasione da non sprecare, mentre il tecnico romano vedeva il profilarsi di una sfida nella sfida. Non solo occuparsi di un Cagliari da rivitalizzare, ma anche dare forma e concretezza al talento angolano. Così, il tecnico dei rossoblù si è provvisto degli strumenti più vecchi ma più profittevoli: in una mano il bastone, dall’altra la carota. In un equilibrio sottile tra richiami e plausi che a poco a poco hanno dato i loro frutti. Prima tatticamente, con il numero 77 che ha capito in alcune situazioni l’importanza del sacrificio per la squadra – come nelle trasferte a Bari o Venezia – e in altre la necessità di provare a trascinare i suoi a partita bloccata, come accaduto nella complessa trasferta di Brescia. L’infortunio rimediato contro l’Ascoli sembrava aver però fermato un processo positivo. Con Luvumbo più a sciupare che a lasciare il segno nelle sfide prima dei playoff. Un momento in cui il bastone è tornato nuovamente l’alleato migliore. “Ha tanti margini di miglioramento, deve essere più sicuro delle sue doti, deve tirare più in porta, gliel’ho detto spesso. Perché tirando più in porta ha più possibilità di far gol. Facendo gol aumenta il suo ingaggio. Per cui gli ho detto, non so quanti siete a casa, però più gol fai più soldi porti a casa. Pratico, pratico”. Parole pronunciate da Ranieri prima della sfida contro il Venezia e le cui conseguenze si sono viste nelle ultime due gare. Perché se contro i Lagunari è mancata la rete, a mancare di certo non sono stati l’impegno e la potenziale pericolosità che hanno aiutato la squadra a mettere in piedi uno dei migliori primi tempi della stagione. Un episodio che ha anticipato l’ultima serata vissuta alla Unipol Domus. In cui Luvumbo entrando dalla panchina è sembrato tornare a credere di più nelle proprie qualità, lasciandosi nuovamente andare al divertimento nello scombussolare gli avversari, all’istinto ma anche al rischio fino a segnare due gol con il piede debole uno più bello dell’altro. Tracciando le prime necessarie linee di una strada che porta nel luogo a cui Cagliari crede di appartenere.
Matteo Cardia