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L'esultanza dei rossoblù dopo il gol del 3-2 nella semifinale d'andata playoff contro il Parma | Foto Luigi Canu

Cagliari, ora hai un’anima: una rimonta nel segno di Ranieri

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Come in un coro del suo primo Cagliari, quello risalito dal baratro fino alla doppia promozione. “Risorgeremo, lo ha detto Claudio Ranieri” cantava il vecchio Sant’Elia, “Risorgeremo, lo ha detto Claudio Ranieri” nella testa dei giocatori rossoblù al rientro dagli spogliatoi. La semifinale di andata dei playoff di Serie B contro il Parma è tutta di un allenatore che ha saputo tramutare le parole in fatti, garanzia per l’ambiente e condottiero che unisce corpo, cervello e anima di squadra e tifosi.

Numero 12

La richiesta di aiuto al pubblico, la promessa di dare tutto per avere la coscienza pulita a prescindere dall’esito finale, chi ha giocato meno che deve farsi trovare pronto nel momento del bisogno, gli errori ammessi e corretti in corsa, la duttilità diventata da pecca a forza. Ranieri ha speso parole che nel calcio fanno spesso parte dei luoghi comuni, della retorica senza che il tutto si tramuti in fatti concreti. L’eccezione che conferma la regola è quella di un uomo di 72 anni che promette e poi mantiene, che ha fatto diventare realtà le richieste attraverso la comunicazione ponderata di un navigatore esperto, uno che nella tempesta riesce quasi sempre a trovare la rotta giusta per arrivare in porto. C’è un dettaglio che spiega più di tutti la vittoria in rimonta del Cagliari sul Parma, quello di uno stadio che anche con i rossoblù sotto di due gol non ha lesinato incitamento, anzi, ha aumentato i decibel e aiutato la squadra a buttare il cuore oltre l’ostacolo. Un successo tutto di Sir Claudio, perché quando le risposte arrivano concrete e non solo a parole ecco che la credibilità si trasforma in supporto incondizionato. Gli errori un passaggio, i fischi un lontano ricordo, i mugugni assenti anche nel momento peggiore da quando il tecnico romano è tornato in Sardegna. Perché, non lo si può dimenticare, il primo dei quattro atti della semifinale su 180 minuti è stato un riassunto di tutto il brutto possibile del Cagliari. Sono stati necessari cambi di uomini e tattici per cambiare le sorti nel secondo atto, l’esatto opposto di quanto visto fino a quel momento e i rossoblù a mostrare il meglio di loro stessi.

Dramma

L’aver ribaltato la partita dopo il doppio svantaggio ha un peso enorme. Il risultato, va da sé, l’inerzia emotiva in vista del ritorno, l’aspetto prettamente matematico che ha messo il Cagliari nella condizione di avere due risultati su tre al Tardini. A dare la spinta decisiva, oltre al pubblico, la scelta di Ranieri di ribaltare una squadra obiettivamente sbagliata nell’undici iniziale. Rog e Pavoletti dal primo minuto sono stati lontani parenti non solo della loro versione migliore prima degli infortuni, ma anche di quella ridotta che comunque sembrava poter dare un apporto decisivo almeno nelle sfide da dentro o fuori. Invece il centravanti ha corso nel vuoto, lontano dalla porta in un ruolo ibrido che non lo esalta nelle sue doti acrobatiche e che, soprattutto, limita la pericolosità di Lapadula. Il croato, dal canto suo, ha messo in evidenza una mancanza di gamba inattesa, perché se dopo un’ora di gioco è nell’ordine delle cose avere pecche atletiche con una condizione non al massimo, faticare dopo appena 20 minuti dà il peso di una scelta non esattamente delle migliori. Un Cagliari che ha dunque regalato al Parma un tempo, i gialloblù a correre il doppio dei padroni di casa e a farlo decisamente meglio, Coulibaly a fare il bello e il cattivo tempo sulla fascia sinistra, Vazquez a dominare tatticamente e tecnicamente, Sohm in grande spolvero. I rossoblù in pieno stato di shock, incapaci di reagire soprattutto con i propri uomini leader, non solo Pavoletti e Rog ma anche Mancosu – mai così bloccato in questa stagione – e Radunovic, senza dimenticare Dossena, Zappa, Nández.

Svolta

Ranieri ha atteso il fischio finale del primo tempo, poi ha agito. Ridando equilibrio, rimettendo ogni soldato al proprio posto, leggendo alla perfezione i dettagli della gara e reagendo di conseguenza. Il simbolo è sicuramente Zito Luvumbo, entrato come esterno d’attacco nell’apparente 4-2-3-1 e vera e propria combinazione che ha aperto la cassaforte chiamata vittoria. Facile vedere nell’angolano la chiave di volta, due gol, un rigore guadagnato, spina nel fianco del Parma che ha finalmente aggiunto alla disciplina trovata con Ranieri quella freschezza che sembrava smarrita. Ma limitarsi al numero 77 per spiegare la rimonta sarebbe ingeneroso verso chi, assieme a lui, è stato capace di rivoltare la partita. Tra chi era già in campo come Nández, MakoumbouAzzi e Lapadula, e chi soprattutto è entrato a dare manforte e provare a mettere la propria firma dopo un campionato quasi da comparsa, fino a un solito noto che ha ridato grinta e equilibrio alla squadra. Il León, spostato largo sulla destra, ha approfittato immediatamente del calo fisico degli avversari – Coulibaly su tutti – e trascinato i compagni partendo dal pallone per l’1-2. Makoumbou, dal canto suo, è stato uno dei meno negativi anche nella parte peggiore della gara, ma nel secondo tempo è salito di livello e anche di posizione risultando decisivo sia nei recuperi che nella costruzione. Azzi ha messo da parte la timidezza dettata dalla situazione contingente e assieme al congolese e all’angolano ha devastato la corsia destra difensiva degli uomini di Pecchia. Lapadula ha ritrovato lo spazio e l’aiuto necessario per incidere, non solo il rigore del pareggio ma anche l’azione del definitivo 3-2. Il cambio tattico una perla tanto necessaria quanto azzeccata, non un vero e proprio 4-2-3-1 ma più un 4-1-4-1 con Deiola a fare da schermo, gli esterni bassi a supportare costantemente l’azione d’attacco e Makoumbou a fare da compagno di giochi sulla trequarti prima di Mancosu e poi di Viola.

Al momento giusto

Deiola, Viola, Goldaniga, Di Pardo. Non solo Luvumbo, ma anche gli altri quattro innesti in corsa non possono essere messi in secondo piano. Decisivi, ognuno nel proprio campo d’azione, ognuno in modo diverso. Il sangavinese ha messo fin da subito in chiaro cosa fosse mancato nella prima frazione, con entrate decise e dure sui giocatori avversari più in palla – Vazquez su tutti – a dire ai compagni, al pubblico e al Parma tutto un metaforico “noi ci siamo”. E la diligenza tattica, punto di equilibrio che ha permesso alla squadra di lanciarsi all’attacco sentendo comunque protezione alle spalle. Il regista calabrese, una sorta di desaparecido, che improvvisamente si veste dei panni di vice Mancosu e con esperienza e cervello mette in cassaforte il pallone e dispensa calcio con ritmi blandi, ma sempre a tempo. Goldaniga a rimettere sul pezzo la difesa, linea alta e accorciamento costante, con Radunovic e Altare a trarne beneficio alla voce tranquillità e personalità. E infine Di Pardo, finito dietro Zappa nelle gerarchie, apparso lontano parente del giocatore pre infortunio quando chiamato in causa da Ranieri, e improvvisamente fresco e attento sulla corsia di destra, alternativa solida e frizzante che tornerà utile anche in Emilia. Un altro successo di Sir Claudio, quello di tenere sul pezzo tutta la rosa garantendo che sì, il momento di ognuno arriverà e sarà doveroso sfruttarlo perché in fondo potrebbe essere l’unico. Gli ultimi due atti al Tardini dovranno passare dall’insegnamento non tanto della rimonta, quanto degli errori del primo tempo. Sabato 3 giugno alle 20 e 30 la gara di ritorno, due risultati su tre per i rossoblù, e in mezzo quel legame con la piazza da tenere vivo. Battere il ferro finché è caldo, allenamento a porte aperte domani 1 giugno alla Unipol Domus, il dodicesimo uomo da allenare quanto e come la rosa, elemento decisivo da sfruttare anche lontano da casa. Risorgeremo, lo ha detto Claudio Ranieri, e se così non sarà la certezza è che tutti, nessuno escluso, ci hanno provato al massimo.

Matteo Zizola

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