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Cagliari: Nainggolan è Mr. Wolf, ma non può essere l’unico salvatore

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La panacea di tutti i mali, il Signor Wolf formato rossoblù che avrebbe dovuto risolvere tutti i problemi. Nome Radja, cognome Nainggolan, soprannome il Ninja. Invece la realtà dice che nonostante il ritorno numero due i problemi sono ancora lì.

Ottobre rosso

Evitare voli pindarici, il bilancio prima di tutto. Questo succedeva a ottobre quando Tommaso Giulini non ha alzato il tiro per riportare Nainggolan in Sardegna. Le richieste dell’Inter troppo alte, se ne riparla a gennaio perché il Cagliari del futuro è più importante di qualunque giocatore. La ragione vinse sul cuore. Di Francesco ha passato i primi tre mesi aspettando Nainggolan, il centro non solo dal punto di vista tecnico, ma soprattutto da quello mentale. Chissà cosa direbbe oggi la classifica se il Ninja fosse stato fin dall’inizio nel gruppo a disposizione del tecnico abruzzese. Chissà quale sarebbe la sua condizione fisica attuale, più di ogni altra cosa è questa la domanda che non ha risposta. Perché Nainggolan è importante in campo, non fuori o almeno non solo. Perché la crisi del Cagliari non è finita con il suo ritorno, non è bastata la sua mentalità, così come non era bastata a salvare Maran o a evitare il finale di stagione opaco sotto Walter Zenga, quando anche il quei casi Nainggolan è stato fuori a lungo per problemi fisici.

Capitano senza fascia

Nainggolan è una sorta di leader senza bisogno di medaglie sul petto che ne mostrino i gradi. In campo, perché con lui fuori i risultati non sono cambiati nonostante la sua presenza nello spogliatoio. Certo, il gruppo appare unito, lui uomo di Di Francesco rema dalla parte del tecnico o almeno così sembra. Basta la sua sola presenza? No, la risposta la danno i risultati, così come la diedero con Maran e con Zenga. Il Cagliari con il miglior Nainggolan in campo è una cosa, il Cagliari con il Ninja a fare da collante del gruppo fuori resta comunque un’altra. Prestazioni altalenanti, bene con il Sassuolo, male con la Lazio, bene di nuovo con l’Atalanta. Il fisico, però, non è quello dei tempi migliori, i novanta minuti troppo lunghi per reggere l’intera partita. La gara contro gli orobici una dimostrazione del tutto, sia della squadra che senza il suo faro in campo perde in aggressività, sia del calo fisico del leader a dare il là a quello mentale dei compagni.

In campo sì, fuori no

Nainggolan serve in campo, anche senza acuti, anche senza quei gol dalla distanza che ancora non sono arrivati nella sua terza esperienza in rossoblù. Contro l’Atalanta la controprova. Minuto 73, il Ninja inizia la sua comunicazione a distanza con la panchina. La mano alzata, Joao Pedro come ulteriore messaggero. Pochi minuti e di nuovo la richiesta del cambio, le gambe non girano più, i calzettoni abbassati alle caviglie una conferma. Due rinvii sbilenchi davanti all’area, ma soprattutto quell’urlo che arriva da bordo campo che senza tifosi è ben udibile alla televisione. “Radja stai giù”, la richiesta di alzare bandiera bianca per far sì che il cambio con Duncan possa essere finalizzato. Inascoltata, e l’Atalanta ha un’altra occasione. Meglio tardi che mai, passano troppi minuti, il Cagliari corre rischi, Nainggolan esce a abbozza una discussione proprio con il ghanese che subentra. Una volta che il Ninja viene sostituito ci si aspetta che la squadra ritrovi smalto, almeno fisicamente. Che possa alzare la linea, tenere lontani da Cragno gli avversari. Invece fuori Nainggolan e nulla cambia, anzi, l’Atalanta resta lì, pronta a colpire.

La panacea di tutti i mali, che giochi o che non giochi. Questo a prescindere dal recente passato che raccontava una storia differente. Il Cagliari racconta in questa stagione delle storie che assomigliano più a delle favole che a delle leggende. Almeno le seconde hanno un fondo di verità, mentre le prime sono utili solo a indorare la pillola. Nainggolan ha bisogno di ritrovare lo smalto, giocando, ma da solo può fare poco. Nemmeno come allenatore in campo, o fuori se sostituito. Le ultime due stagioni hanno dimostrato che mentalmente il gruppo ha bisogno di tutti, soprattutto sul prato verde. Nessuno può essere l’eroe che salva la principessa rossoblù dal mostro della retrocessione. Il noi, oltre l’io, perché Nainggolan ha spalle larghe, ma non può essere il salvatore unico della patria.

Matteo Zizola

 
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