Nella lunga storia che lega a doppio filo il legame tra Genova e la Sardegna il capoluogo ligure è stato spesso punto di partenza per gli isolani e con ancora maggiore frequenza semplice tappa di passaggio di un percorso più ampio. E forse è proprio in questo senso che il Cagliari di Fabio Liverani deve interpretare l’ultimo 0-0 a Marassi contro il Genoa. Un punticino, un brodino caldo come cura per un paziente malato dopo le due sconfitte interne contro Bari, 1-0, e Venezia, 1-4.
Spirito
La reazione di Radunovic e compagni alle quattro sberle prese in 45 minuti nel precedente turno contro i lagunari almeno nello spirito si è vista. I sardi hanno lottato e sofferto, hanno chiuso con ogni mezzo possibile le folate di un avversario forte e spinto dall’entusiasmo della propria gente. A dirla tutta i rossoblù sono stati anche fortunati perché i padroni di casa nel primo tempo hanno centrato un palo e nella ripresa in due occasioni hanno fermato da soli, per dei movimenti da rivedere, il tiro di un proprio giocatore indirizzato in porta. Su tutti il “salvataggio” di Aramu nel secondo tempo quando Radunovic sembrava battuto su piazzato di Coda. Ma a volte i modi di dire hanno un senso anche nella vita reale e mai come in questo caso la fortuna ha aiutato gli audaci. Audaci almeno dal punto di vista del carattere, se paragonato al tracollo mentale visto contro il Venezia, quando gran parte dei gol avversari arrivarono su errori della squadra di Liverani che sembrava peccare di lucidità, equilibrio e attenzione.
Gioco
Molto meno audace il Cagliari al Ferraris lo è stato nel gioco. Zero i tiri in porta, tanti i passaggi sbagliati, pressoché nulli i rifornimenti al centravanti e tanto disordine in costruzione a centrocampo. L’impressione è che i sardi abbiano pensato prima di tutto a non prenderle a Marassi, perché ci sono le dichiarazioni della vigilia – “Noi andiamo a giocarcela con la nostra identità contro chiunque con la netta volontà di fare la partita” (Liverani, prima della partenza) – e poi ci sono i momenti di una lunga stagione. Con una nuova sconfitta che avrebbe aperto alle riflessioni in casa Cagliari, sul tecnico, sullo staff e sullo spogliatoio. Un déjà-vu in salsa isolana che Liverani in primis ha voluto evitare con un approccio molto più accorto rispetto al solito e con molti più lanci lunghi in confronto alle altre uscite. Il risultato è un passetto avanti per mentalità, anche se i rossoblù sembrano in costante difficoltà sul piano della costruzione. Non solo negli ultimi metri, ma in generale in uscita palla al piede. Mancosu esterno ormai viene letto bene dagli avversari e finisce per isolarsi, Lapadula non è in condizione ottimale ma va anche detto che non viene praticamente mai messo in condizione di tirare in porta dai compagni, Viola ha perso qualche gradino nelle gerarchie e Makoumbou è in leggera flessione di lucidità ed equilibrio rispetto alle prime partite del torneo cadetto. Insomma, a Liverani serve trovare la giusta quadra di una bilancia che fin qui o ha indicato il disequilibrio in fase di non possesso o al contrario ha pesato di più dalla parte della sterilità offensiva. Comandare il gioco senza diventare prevedibile, difendere con ordine e soprattutto tornare a creare in attacco. Questa la ricetta, non semplice, per un Cagliari ancora febbricitante. Con il prossimo banco di prova contro quella vecchia conoscenza chiamata Cellino, leggasi Brescia, che non permetterà ai rossoblù di attendere troppo per uscire dallo stallo di queste ultime giornate. Anche perché saranno passati solo otto turni di campionato ma la classifica corre, la Serie B non aspetta e il Cagliari resta fuori dalla corsa playoff, al momento. Una condizione che volenti o nolenti non può non condizionare mentalmente una rosa partita con ambizioni nascoste e pressioni sicuramente diverse da quelle attuali dopo l’ultima tragica retrocessione dalla Serie A.
Roberto Pinna