Amaro in bocca, il centesimo per fare l’euro, l’ultimo pezzo del puzzle. La lingua italiana, nel suo lato più popolare, offre diversi modi per dire quello che in tanti, sugli spalti quasi pieni dell’Unipol Domus, hanno tramutato in fischi dopo la sconfitta numero diciotto in stagione del Cagliari, firmata stavolta dall’Udinese. Fischi arrivati all’indirizzo di una squadra che solo cinque giorni prima sembrava aver imboccato definitivamente la via per la certezza della permanenza in A. E che invece si ritrova sì vicino alla salvezza, senza però potersela ancora godere.
Questione di lucidità
Partire dall’ultima pagina della gara con i friulani può aiutare a vedere meglio tutti i capitoli di una sconfitta per 1-2 che potrebbe racchiudere il riassunto di una stagione ricca di alti e bassi, percepita a tratti come quella di un possibile cambiamento che invece, alla fine, non c’è stato. A tre giornate dalla fine del campionato il Cagliari si trova in una posizione sicura di classifica, ma ha finito per fare ancora una volta sua la teoria della dipendenza dai risultati altrui per fare un piccolo passo verso l’obiettivo. Qualcosa che ha fatto storcere il naso a coloro che hanno riempito gli spalti. Anche perché l’Udinese era arrivato in Sardegna sì dopo il pari con il Bologna che aveva ridato fiducia, ma senza Lucca e Thauvin e a digiuno di vittorie dal primo marzo scorso. Gli ingredienti non per una partita semplice, viste le caratteristiche fisiche e la capacità di mettere pressione alla costruzione rossoblù sin dal primo minuto da parte dei friulani, ma quella almeno per una lettura diversa di una gara in cui il Cagliari è sembrato succube degli avvenimenti, privo di ritmo e di idee, quasi a non voler essere protagonista del suo destino, se non per alcuni lampi, tra cui quello che ha portato al gol del pari sull’asse Makoumbou-Zortea. E se da una parte la stanchezza per le ultime tre gare ravvicinate può essere la spiegazione dell’assenza di lucidità osservata e che ha fruttato due gol per gli ospiti, dall’altra viene meno quando si pensa alla posta in palio e alla mancanza di fame che nell’ultima parte della gara è emersa in campo da parte dei rossoblù.
Dubbi da sfatare
Per questo, forse, torna facilmente in auge il dilemma sulla mentalità, sulla maturità di un gruppo che a tratti è sembrato poter spiccare il volo e in altri no. Di potersi prendere quello che aveva lasciato immaginare di poter agguantare. A Verona, in una squadra ristretta nei numeri ma che dalle proprie debolezze ha tratto la forza per prendersi i tre punti, sembrava essere arrivata quella scintilla in grado di dare ulteriore forza alle proprie idee e alle proprie gambe per prendersi in anticipo il traguardo. Non perché obbligatorio, ma perché voluto. E dare così colori più vivi alla stagione dei rossoblù, anche perché la tranquillità è un sentimento che i tifosi bramano da tempo quando si parla di salvezza. “Per una squadra che lotta per salvarsi le partite perse statisticamente sono quelle. L’importante comunque resta arrivare all’obiettivo”, ha affermato Davide Nicola in conferenza stampa. Ma è proprio il fermarsi di fronte all’abitudine della sofferenza lo scoglio che la piazza ha il desiderio di superare. Così la trasferta di Como, prima della sfida con il Venezia, diventa forse ancora più importante per smontare ogni dubbio. Una partita in cui contro un avversario che fa della qualità la sua forza, il Cagliari dovrà opporre la voglia di prendersi l’obiettivo da sempre dichiarato.
Matteo Cardia














