Il ritorno a Cagliari del figliol prodigo era iniziato nel migliore dei modi, una favola dal lieto inizio con una fine ancora tutta da scrivere. Era il 21 agosto, numero 5 tolto dal cassetto con il beneplacito di Daniele Conti, di fronte il Cittadella. Marco Mancosu parte titolare, dà subito saggio della sua importanza e, ciliegina sulla torta, il gol oltre quindici anni dopo quello del primo esordio in maglia rossoblù nel lontano 27 maggio del 2007 ad Ascoli.
Ascesa e stop
“E quando penso che sia finita è proprio lì che comincia la salita”, parole e musica di Antonello Venditti che risuonano nella testa di Mancosu. Perché dopo un lungo girovagare nella Penisola finalmente il ritorno a casa sembra dare il là a una storia di quelle da raccontare anni più in là ai nipoti. Il proprio mentore in panchina, quel Fabio Liverani che lo ha portato alla ribalta nazionale a Lecce, il rossoblù indossato in campo, il gol. La squadra gira, il fantasista arrivato all’improvviso dalla Spal è centrale nel progetto e nel 4-3-2-1 del tecnico, l’assist contro il Benevento il pinnacolo che da punto di partenza diventerà insospettabilmente apice prima della discesa. Arrivano le due sconfitte casalinghe contro Bari e Venezia, la seconda pesante dopo il vantaggio siglato su punizione proprio da Mancosu, una delle sue specialità. Poi il pareggio di Genova, la vittoria illusoria contro il Brescia e infine l’oblio. Che, di fatto, coincide con l’uscita di scena del numero 5, problema al soleo e addio sogni di gloria da profeta in patria.Nel filotto negativo, che dalla trasferta di Ascoli fino alla sconfitta di Palermo inchioda Liverani al proprio destino, Mancosu osserva dall’infermeria esclusi due cameo che, forse, ne ritardano il rientro a pieno regime più che aiutarne la causa. Trentuno minuti contro il Pisa, undici a Frosinone, un totale di quarantadue nel periodo che va dal 24 ottobre al 3 febbraio.
Al centro
Mentre Mancosu saluta da lontano Liverani il racconto della stagione dei ritorni si arricchisce di un’altra operazione nostalgia. Claudio Ranieri sbarca in Sardegna, il numero 5 scalpita per rientrare e mettersi a disposizione del nuovo allenatore. Como e Cittadella in tribuna, poi il profumo del prato verde dalla panchina contro Spal e Modena. La sconfitta del Braglia è una sentenza, il Cagliari non può e non deve fare a meno di Mancosu tra le linee. E così di fronte al Benevento Ranieri mette per la prima volta dal suo arrivo l’ex Lecce al centro del villaggio. Venendo ripagato da una prestazione lunga 45 minuti – i primi – che bastano pur se pochi per ricordare quanto alla squadra serva l’intelligenza tattica e la tecnica del figliol prodigo. Ci sarebbe un assist da mettere a tabellino, una verticalizzazione improvvisa e perfetta per Prelec, ma il giovane sloveno spreca e l’appuntamento con la statistica è rimandato di una settimana. Perché basta poco più di un minuto al San Nicola di Bari per tornare protagonista anche nei numeri, ruolo da seconda punta dietro Lapadula e pallone sontuoso per la testa del numero 9 per il vantaggio immediato. La condizione cresce, dai 45 minuti del ritorno si passa ai 59 del personale derby pugliese, quindi ai 68 di Venezia – con un tempo da falso nove che lo sacrifica sull’altare delle assenze – e infine i 71 contro il Genoa. Ed è qui che torna a galla una condizione che sì aumenta, ma che allo stesso tempo dovrebbe portare alla parsimonia. Tre partite in otto giorni sono questione complicata per chiunque, lo sono ancora di più per chi è stato a lungo fuori e va verso le 35 primavere il prossimo agosto. La sorte fa sì che le assenze costringano Ranieri a spremere Mancosu oltre il dovuto, il risultato sono i peggiori 45 minuti dal suo ritorno a casa nella trasferta di Brescia.
Pressioni
Ed è qui che comincia la vera salita, sia per Mancosu che per il Cagliari. I rossoblù dovrebbero essere in grado di fare a meno di lui, ma la situazione contingente non aiuta nel compito. C’è da stringere i denti, ma il risultato è che sia la squadra che Mancosu hanno patito al Rigamonti il passo mancante. Non solo per una mera questione fisica, perché quando le gambe non girano anche i tempi di gioco, la testa e soprattutto i piedi vanno di conseguenza. Tocchi leggeri, movimenti a vuoto, contrasti persi e nessuna lampadina da accendere. Una fiamma pilota senza scintilla, flebile e scarica. Tutti sono importanti e nessuno indispensabile, ma per Ranieri Mancosu è l’eccezione che conferma la regola, tanto da buttarlo nella mischia con la maglia da titolare nonostante tutto. La prossima sfida si chiama Ascoli, la squadra che lo ha visto bagnare il suo esordio in Serie A e in rossoblù con un gol, l’occasione per riprendersi e far sì che anche il Cagliari si riprenda. Ci sono i playoff da assicurarsi e una Serie A da ritrovare con la maglia del cuore. Per superare l’ennesima salita, dopo quelle della carriera e la battaglia personale vinta l’anno passato. E per smentire il vecchio detto che nemo propheta in patria, oltre che giustificare un ritorno al momento ricco di fiammate, ma senza continuità.
Matteo Zizola