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Cagliari, la cura del dottor Viola: la crescita del numero 10 fa felice Nicola

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L’inizio di stagione del Cagliari di Davide Nicola non è stato dei migliori, per usare un eufemismo, almeno per quel che riguarda la classifica. Sprazzi di intensità e gioco alternati a crolli improvvisi culminati con la sconfitta casalinga contro l’Empoli. L’attesa per la prima vittoria in campionato, nonostante le quattro partite su cinque alla Unipol Domus, ha creato i presupposti per un ritiro più per ragioni psicologiche che punitive. Così i tre punti raccolti a Parma, dopo il passaggio del turno in Coppa Italia contro la Cremonese, hanno dato risposte positive sulla bontà della scelta promossa dal presidente Tommaso Giulini e portata avanti dal direttore sportivo Nereo Bonato e dall’allenatore rossoblù.

Fosforo e concretezza

Aspetto mentale come chiave per uscire da una crisi di risultati che si è trasformata in crisi di gioco nella sfida persa contro l’Empoli di Roberto D’Aversa. E quando la psicologia diventa l’arma per cambiare il corso degli evidenti, ecco che Nicola non poteva che puntare sullo psicologo per eccellenza del suo gruppo. Il dottor Nicolas Viola, con la sua tesi di laurea centrata sul tema dell’empatia, ha preso per mano il Cagliari e ha messo al servizio della squadra tutta la sua esperienza dentro e fuori dal campo. Prima l’ingresso in corsa contro la Cremonese, tecnica e presenza che hanno dato la scintilla per la vittoria. Poi la maglia da titolare, per certi versi inattesa, nella trasferta del Tardini. Numero dieci sulla maglia e numero dieci per posizione in campo, come supporto a Piccoli sulla carta, ma con tanto altro nei fatti. Perché il classe ’89 calabrese non ha solo fatto da collante tra mediana e attacco. Ha soprattutto impartito una lezione di sacrificio e di intelligenza calcistica. Con numeri che sorprendono nei 64 minuti giocati prima di lasciare il posto al suo alter-ego (con caratteristiche differenti) Gaetano. Basta scorrere i dati Opta sulla gara contro il Parma per avere una risposta chiara sul lavoro di Viola di fronte ai gialloblù di Fabio Pecchia. Da una parte quelli per certi versi negativi quando chiamato a inventare, dall’altra quelli estremamente positivi nella fase di non possesso. Un solo tiro verso la porta di Suzuki, ma non nello specchio, quindici passaggi positivi ma anche dieci negativi, venti palle perse – il peggiore tra i rossoblù – che fanno il paio con i cinque dribbling tentati dei quali solo due riusciti (il 40%). Poi, però, ecco arrivare i due contrasti vinti che hanno portato alle uniche due ammonizioni in casa Parma per situazioni di gioco, prima Bernabé e poi Coulibaly, quindi gli otto duelli vinti su undici, le cinque palle recuperate – secondo nel Cagliari assieme a Makoumbou e dietro al solo Adopo con otto – e i tre falli subiti, anche in questo caso in testa tra chi è sceso in campo con la maglia rossoblù.

Masterclass

La sua posizione tra le linee lasciava intendere una difficoltà del Parma nel gestirne la marcatura, un uomo in più di raccordo in mezzo ai due mediani dei padroni di casa. Invece Viola più che creare disagio quando il Cagliari attaccava ha messo con le spalle al muro l’uomo più talentuoso del centrocampo di Pecchia. Il giovane Bernabé, talento e capacità non in discussione, ha assistito quasi impotente alla masterclass del dottor Viola. Che non solo ha costretto l’avversario a seguirlo, ma lo ha soprattutto limitato nella costruzione. Con uno spirito di sacrificio evidente, con scelte di posizione e tattiche sempre perfette. Il ritmo del numero dieci rossoblù non è di quelli che portano elettricità, ma l’intelligenza calcistica superiore gli ha permesso di compensare il deficit atletico. Capendo sempre prima dove sarebbe arrivato il pericolo, capendo sempre prima quando sarebbe arrivata l’opportunità di rubare palla e tagliare la fonte di gioco del Parma. Dopo la stagione altafiniana con Claudio Ranieri in panchina, uomo spacca partite e capocannoniere rossoblù nonostante l’utilizzo part-time, non ci si attendeva lo stallo estivo sul rinnovo. Così come a un certo punto l’addio in direzione Pisa era sembrato certo. Poi la volontà del classe ’89 ha spazzato via ogni dubbio, Viola è rimasto in Sardegna. Ma le prime giornate hanno portato soltanto i 22 minuti di Lecce – con tanto di gol mancato con un rigore in movimento calciato sulla traversa – e l’ultima mezz’ora contro l’Empoli. Insomma, non un buon viatico. La condizione non ottimale – tutt’altro – e la sensazione che un nuovo anno passato con i 35 dietro l’angolo potessero significare l’inizio reale della parabola discendente. Invece appena chiamato in causa ha risposto presente a modo suo. Trascinando, finché il fisico lo ha aiutato, il Cagliari arrembante del primo tempo di Parma. E, probabilmente, risultando decisivo tra i muri del centro sportivo di Assemini durante il ritiro della settimana pre Tardini. Chissà cosa sarebbe stato della carriera di Viola se la mentalità del giocatore maturo fosse arrivata anni fa. Perché la classe non è mai stata in discussione, la continuità invece da sempre la nota dolente. Una seconda giovinezza che però fa contento il Cagliari, perché il Viola attuale non può mancare mai in campo che sia dall’inizio o a gara in corso. “Se pesa la psiche nel calcio? Sì, tutto parte da dentro di noi: allenare i muscoli è faticoso, ma allenare l’invisibile è più complicato. Bisogna avere le basi per capire se stessi e migliorarsi. Io competo con me stesso, il paragone lo faccio solo con me stesso: questa è la spinta che mi fa crescere e superare le difficoltà. Allenare la mente è fondamentale”. Parole che, dopo la settimana che ha risvegliato il Cagliari, suonano come una sentenza. In vista della Juventus, una nuova sfida che porterà senza dubbio altre sfide psicologiche. Ma con il dottor Viola, si può star certi, nulla verrà lasciato al caso.

Matteo Zizola

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