Un’azione ancora vivida nella memoria, un minuto stampato nell’album dei ricordi e che resterà tale a lungo. La giocata di Zappa sulla destra, la zampata di Pavoletti a centro area, 94′ di Bari-Cagliari e la Serie A conquistata in quell’attimo dai rossoblù di Claudio Ranieri. Riavvolgendo il nastro di qualche secondo, però, c’è un momento nel quale nasce il tutto. È quello con protagonista Antoine Makoumbou, esempio perfetto per descrivere l’importanza del centrocampista franco-congolese.
Storia
Obert riceve palla, la scarica in verticale per il numero 29 del Cagliari. Due fotogrammi: la finta di corpo che mette al tappeto – letteralmente – il tentativo di pressione di Molina, il tocco orizzontale semplice ed efficace ad assecondare il movimento a supporto di Deiola. C’è tutto Makoumbou in una giocata tanto elementare quanto importante. C’è l’eleganza mista alla serenità in una fase della partita concitata e da ultimo assalto. C’è un limite che diventa forza, il pallone toccato sulla sua destra senza lasciarsi tentare da una verticalizzazione nel mucchio o dal lancio dentro l’area alla disperata. Dando seguito alla richiesta di Ranieri di allargare il campo, dando il via alla rete dell’apoteosi. Suggellando una stagione personale partita a mille, interrotta da un calo di rendimento fisiologico, proseguita e conclusa in continua crescita. Prima l’effetto Krasic, ossia l’andare al doppio degli altri, apparire come il grande colpo dell’estate grazie a un inizio anticipato delle danze in quel di Maribor, poi il dubbio del fuoco di paglia spento da prestazioni in chiaroscuro e dalla sensazione che il meglio dato fino ad allora non fosse poi abbastanza. Infine l’arrivo di Sir Claudio, i fronzoli che diventano funzionali, l’efficacia che si fa largo, l’eleganza che diventa parte della coralità. Nonostante un adattamento forzato da perno del centrocampo, nonostante compiti che ne limitano le qualità e spesso ne hanno enfatizzato i limiti. La cura Ranieri, però, fa lentamente effetto e così Makoumbou si erge a colonna portante non solo della mediana, ma del castello rossoblù costruito dal tecnico romano per andare a caccia della Serie A.
Evoluzione verso il futuro
Il passato racconta di un calciatore arrivato per dare gamba e classe alla mediana, non un play ma un supporto alla manovra da interno. Poi, però, la storia ha scritto pagine diverse, le necessità hanno preso il sopravvento e Makoumbou ha provato a farle diventare virtù. Centrale nel trio di centrocampo, amore per il pallone tenuto sempre quel secondo di troppo, tocchi semplici senza spunti, tempi di gioco mandati all’aria e i mugugni del pubblico che diventano un principio di colonna sonora. Distribuire a due tocchi un’utopia, fino al ritorno in Sardegna di Ranieri. Che osserva il nazionale congolese, ne capisce le possibilità, lo indirizza con qualche tocco di bastone e tanta carota. Consapevole che quello è ciò che passa in convento e che la soluzione adattamento è l’unica percorribile. E così Sir Claudio lavora di fino, insiste e trova la quadra, Makoumbou reagisce positivamente pur se la realtà resta quella di un calciatore forzato nei compiti e sulla sfera di cristallo si intravede già il futuro. La sentenza di Ranieri dopo la sfida di Parma che porta il Cagliari all’ultimo atto dei playoff è chiara: “Per me è un centrocampista box to box“. E così sia. Il nuovo capitolo si chiama Serie A, le sirene del mercato silenziate immediatamente, si riparte da Makoumbou senza se e senza ma e si riparte non più dal play adattato, ma da ciò che è nella sua indole. Nella testa di Ranieri l’idea di far nascere un nuovo Cagliari, 4-4-2 di base con licenza di cambiare all’occorrenza. La crescita del classe ’98 nato a Parigi non può che essere un valore aggiunto, mediana a due o a tre ha dimostrato di poter essere protagonista. Eppure prima di arrivare in Sardegna il suo pedigree era noto: davanti alla difesa sì, ma con spirito di conquista della metà campo avversaria in un centrocampo a due. Makoumbou a fare avanti e indietro, tamponare e rifinire, manca il tiro e manca il gol ma non si può avere tutto e subito. Pedigree che tornerà utile già dal precampionato, quando Ranieri proverà a far indossare un vestito nuovo ai suoi rossoblù. E il franco-congolese come elemento da sfruttare appieno, un Thorsby dei tempi blucerchiati di Sir Claudio o un mix tra Drinkwater e Kanté dell’impresa targata Leicester. Box to box, appunto, con Sulemana o chi per lui a fare da guardaspalle, liberare gamba ed eleganza in funzione delle ripartenze rapide e del sostegno alla fase d’attacco. Per diventare il simbolo della nuova era, fatta di prospetti da smussare ma che possono rendere nel medio termine e trasformarsi in plusvalore. Se poi Ranieri riuscirà anche nell’impresa di fargli apprendere l’arte della conclusione, allora il Cagliari avrà tra le mani un diamante non grezzo, ma da mettere in vetrina.
Matteo Zizola