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Cagliari: il ritorno del ritiro come rimedio, ma stavolta sarà anche una cura?

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Cambiano le stagioni, cambiano gli allenatori, cambiano i giocatori, ma una cosa resta certa dalle parti del Cagliari. Perché se c’è una costante che si è ripetuta negli ultimi anni, da Rolando Maran a Eusebio Di Francesco, da Leonardo Semplici a Walter Mazzarri, fino ad Alessandro Agostini, Fabio Liverani e Claudio Ranieri, è quella della scelta del ritiro per risolvere i problemi dati dai risultati. Ma davvero cementare il gruppo chiudendosi tra le mura del centro sportivo di Assemini o anticipando una trasferta è stata la soluzione dei mali nel recente passato dei rossoblù? O l’antica pratica del ritiro, che nel Cagliari tanto antica non è, risulta essere una mossa più di forma che di sostanza?

Eccezione Ranieri

“Di getto credo sia necessario da domani, ma lascerò la decisione al mister e al direttore. Saranno loro a decidere per il bene finale del Cagliari”. Così il presidente Tommaso Giulini in conferenza stampa dopo la sconfitta per 0-2 contro l’Empoli, un suggerimento accolto immediatamente dal duo Davide Nicola-Nereo Bonato e che ha visto Deiola e compagni iniziare il ritiro ad Assemini nella giornata di ieri 22 settembre in vista della gara di Coppa Italia contro la Cremonese di domani 24 alla Unipol Domus. Con la possibilità, nemmeno così remota, di prolungarlo fino alla trasferta di Parma in programma lunedì 30 alle 20:45. Parole che ricordano altre molto simili sempre per bocca del patron rossoblù lontane quasi tre anni, esattamente del novembre 2021: “Quest’anno non siamo ancora andati in ritiro e ora posso dire che qualche giorno per preparare la partita con l’Atalanta ci servirà di sicuro. Preciso però sul ritiro, non lo annuncio ma ne parleremo con il mister e spetterà a lui la decisione. L’allenatore in questo momento è una delle poche certezze che abbiamo”. In panchina Walter Mazzarri, il risultato arrivato dalla successiva gara contro i bergamaschi una sconfitta casalinga per 2-1. E i passi falsi post ritiro sono stati una sorta di costante nella storia recente del Cagliari, con le eccezioni a confermare la regola. Eccezioni – per numero di volte e risultati conseguenti – rappresentate soprattutto da Ranieri. Solo due le occasioni nelle quali i rossoblù hanno scelto l’opzione del chiudersi per ritrovarsi durante l’anno e mezzo con Sir Claudio alla guida. La prima nel momento più basso della sua seconda esperienza in Sardegna, quando dopo la sconfitta interna contro la Lazio – e le dimissioni “elettroshock” respinte dal gruppo – il Cagliari o meglio i giocatori scelsero il ritiro per preparara la trasferta di Udine, con il pareggio a interrompere la serie negativa e chiave di volta nella corsa salvezza. La seconda prima della sfida decisiva contro il Sassuolo a Reggio Emilia, con il 2-0 che sancì la permanenza matematica in Serie A.

Svolte negative

Chi non ha avuto riscontri positivi dai diversi ritiri durante la sua esperienza in Sardegna è stato senza dubbio Mazzarri. Il primo, come ricordato dalle parole di Giulini, quello arrivato dopo la sconfitta di Bologna e che non cambiò la rotta nella gara contro l’Atalanta. Poi di nuovo nei giorni che precedettero la successiva partita casalinga contro il Torino, con un pareggio che non portò alla sterzata sperata. Altra sconfitta in trasferta a San Siro contro l’Inter – un pesante 4-0 per i nerazzurri – e quindi nuovo ritiro in vista della gara della Unipol Domus contro l’Udinese. Conseguenze? La debacle con i friulani (0-4) e le parole dell’allora direttore sportivo Stefano Capozucca che certificarono la frattura con il duo uruguaiano Godín-Caceres. Ritiro che fu confermato anche per la trasferta prenatalizia contro la Juventus, così come fu confermato il momento no nei risultati dalla sconfitta per 2-0 a Torino. A cambiare il trend negativo dell’accoppiata ritiro-sconfitte la sfida contro il Sassuolo alla Unipol Domus, un 1-0 con rete di Deiola che illuse i rossoblù di poter raggiungere la salvezza. Tanto da ripetere il tentativo prima di Genova – sconfitta con gol di Badelj poco prima del novantesimo – e prima della partita casalinga contro il Verona, ultima di Mazzarri in panchina prima dell’esonero con gli ormai noti strascichi legali a corollario. E siccome se qualcosa può andare male sicuramente andrà peggio, l’opzione ritiro fu scelta anche per preparare la decisiva sfida di Venezia con Agostini alla guida, con il pareggio per 0-0 che resta il punto più basso nella storia recente del Cagliari non solo per la conseguente retrocessione, ma anche se non soprattutto per il modo in cui arrivò. Ritiro che è stato “fatale” anche per Liverani, nonostante la prima volta in Serie B che anticipò la sfida casalinga contro il Brescia portò a una vittoria per 2-1. La seconda arrivò contro il Pisa, sempre in casa, e si tradusse in un pareggio per 1-1, la terza a posteriori assunse tratti surreali perché dopo la sconfitta di Palermo – e la scelta del ritiro annunciata da Bonato – diventò l’occasione per l’esonero del tecnico romano prima ancora della gara successiva contro il Cosenza, con Fabio Pisacane allenatore ad interim e Ranieri già annunciato come nuovo mister.

Causa o soluzione?

Una scelta, quella del ritiro, che è stata dunque spesso l’anticamera di un crollo verticale con finale già scritto: l’esonero dell’allenatore di turno. L’eccezione Ranieri fa il paio con quella Semplici, mentre la regola Mazzarri è accomunata ai destini del già citato Liverani, ma anche di Di Francesco e ancora prima di Maran. Se per il toscano ex Spal arrivarono due vittorie su tre ritiri – fondamentale quella casalinga per 4-3 contro il Parma, vero snodo salvezza, oltre a quella all’esordio in panchina contro il Crotone, mentre a La Spezia arrivò una sconfitta – non hanno avuto gli stessi riscontri positivi quelli con l’abruzzese alla guida. Ben sei le occasioni nelle quali il Cagliari scelse la strada del ritiro nell’era Di Francesco, con cinque sconfitte e un solo pareggio come conseguenza. L’ultima delle quali in casa contro il Torino ad anticipare l’esonero, mentre il doppio passo falso contro Fiorentina e Genoa in trasferta nelle prime due occasioni portò alla famosa conferma – con tanto di rinnovo – da parte di Giulini di fronte ai microfoni di Sky. Ritiro che fu la scelta anche nelle ultime travagliate settimane dell’era Maran, partendo da quello a Coccaglio con la pandemia a rimandare la sfida contro il Verona, rendendo inutile la decisione in vista della gara contro l’Hellas, e arrivando a quello pre Roma, ultima partita sulla panchina rossoblù del tecnico trentino prima dell’esonero e dello stop del campionato causa Covid. La vera anomalia della scelta attuale – subita o condivisa da Nicola? – è la tempistica. Perché al contrario dei precedenti citati, arriva dopo solo cinque giornate di Serie A e non dopo un periodo ben più lungo di risultati negativi come accaduto con i suoi predecessori. Un segno di quanto la società rossoblù, memore del passato, voglia anticipare la reazione, ma anche un segnale da non sottovalutare per il prossimo futuro e che certifica una crisi forse ben più profonda di quanto si voglia far apparire fuori dallo spogliatoio. Non solo una questione di classifica, di punti e di gioco. La sconfitta contro l’Empoli, infatti, ha evidenziato dettagli che non vanno lasciati in secondo piano, dal “abbiamo visto qualche reazione tra compagni oggi e non è bello” detto da Giulini a un approccio alla gara lento e senza mordente, confermato dal modo in cui sono arrivati i gol dei toscani. Arrivando, infine, alle “chiavi giuste da trovare”, al “calarsi davvero in un campionato che sarà duro fino alla fine”, alla “squadra non amalgamata”, al “Mister Ranieri che ha fatto tanto nelle scorse stagioni”, alla'”scintilla da trovare” e “le aspettative che non erano due punti in cinque partite”. Tutti elementi che cercano nel ritiro prima della Coppa Italia – e del Parma? – la svolta necessaria per ritrovarsi. Se basterà o se sarà, nuovamente, l’anticamera di una svolta tecnica lo deciderà il campo. O meglio, lo deciderà il gruppo, dalla società a Nicola, ma soprattutto i giocatori.

Matteo Zizola

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