Nel teatro esistono diversi modi per interpretare un personaggio, ben definiti e con compiti precisi. C’è poi una figura particolare, quella del trasformista, abile nel cambiare abito e quindi caratteristiche. Immagini un tipo ed ecco entrare in scena un altro per poi, rapidamente, cambiare nuovamente. Se il Cagliari di Claudio Ranieri fosse come un gruppo di attori sul palco, a vestire i panni del trasformista sarebbe senza dubbio Antoine Makoumbou: mediano, regista, centrocampista box to box, a due o a tre.
Alti e bassi
Non solo abiti diversi, ma anche la capacità di farsi notare per alcune caratteristiche – nel bene e nel male – e di restare nascosto per altre che, alla prova dei fatti, sono risultate fondamentali ancora di più quando non è sceso in campo. Makoumbou è rimasto in panchina nella sfida contro il Genoa, il 3-0 subito dagli uomini di Gilardino una sorta di controprova di quanto la sua presenza sia importante per la squadra. E per Ranieri, che del franco-congolese ne ha fatto un perno del suo undici ideale. “Non mi sembra in flessione, logico che quando sei abituato a cantare e portare la croce non sempre tutto riesce. Lo reputo un giocatore molto importante, fa delle cose importantissime“: così il tecnico rossoblù nella conferenza dell’antivigilia della gara del Ferraris. Una risposta ai dubbi dopo la prestazione contro la Juventus, quando Makoumbou giocò una prima ora di livello assoluto per poi calare drasticamente nel finale. Con l’apice negativo della punizione segnata da Vlahovic e quella sorta di paura espressa dal girarsi in barriera facendo così passare il pallone sul primo palo. Questione di testa, non solo mentale – l’ex Maribor ha bisogno di sentirsi importante, e Ranieri in questo non è mai mancato – ma anche se non soprattutto letterale. Perché Makoumbou ha sì tecnica e freddezza in mezzo al campo, ma nonostante un fisico se non imponente sicuramente strutturato, pecca senza dubbio nel gioco aereo. Difficile vederlo affrontare duelli sulle palle alte, il gesto sulla rete di Vlahovic un’ulteriore conferma di questo limite.
Corri Antoine
Fondamentale, imprescindibile, ma alla fine rimasto per tutta la gara a guardare dalla panchina in quel di Genova. Un controsenso apparente. Con una mediana in netta difficoltà fisica e numerica, non c’è stato spazio nemmeno in corso d’opera per il titolarissimo per eccellenza di Ranieri. Gestione dopo aver cantato e portato la croce, conferma di un riposo necessario a causa della flessione negata dal tecnico davanti ai microfoni. Oppure stanchezza dopo una settimana particolare, chissà. Resta che il centrocampo del Cagliari ha pagato e non poco la sua assenza. L’ha pagata Matteo Prati, orfano di chi ha sempre portato tanta quantità e liberato così dal doppio lavoro il giovane ex Spal. L’ha pagata Alessandro Deiola, che sì può mettere fisicità, ma difetta della qualità necessaria per sviluppare la manovra. L’ha pagata la difesa, senza quel frangiflutti che spesso e volentieri ha reso più semplice il compito. E l’ha pagata, in sostanza, tutta la squadra. Perché c’è un dato che non risalta quando si osserva Makoumbou caracollare per il campo con quella sua andatura in apparenza svogliata, con quei tocchi di troppo e l’amore per il pallone smussato da Ranieri in un anno e mezzo di lavoro ai fianchi. Il centrocampista parigino, infatti, corre. Macina chilometri, tanti, tantissimi. Coprendo un’ampia porzione di campo, tagliando e cucendo, cantando e portando la croce come detto da Sir Claudio. Makoumbou è il quinto giocatore dell’intera Serie A per chilometri percorsi a partita, con poco più di 11,5 di media a gara. Davanti al franco-congolese i soli Ramadani, Ferguson, Pessina e Freuler.
Il peso dell’assenza
Ecco dunque spiegato perché Ranieri non rinuncia mai a Makoumbou. In un calcio fatto di verticalità e di seconde palle l’occupazione dello spazio dell’ex Maribor è fondamentale per la riaggressione e per recuperare i palloni vaganti ogni volta che è possibile. Certo, il gioco diretto non è ancora parte del suo bagaglio, l’amore per il possesso e per il passaggio orizzontale resta sempre presente nonostante i miglioramenti, ma compensato da una quantità che il suo gioco fatto di balletti e qualche fronzolo nasconde. Si è visto a Genova, dove Frendrup e Thorsby hanno fatto il bello e il cattivo tempo senza che nessuno sia riuscito a limitarne il raggio d’azione. Dove è mancato quel giocatore che fosse in grado di coprire l’ampio spazio davanti alla difesa, di congelare il gioco quando le sfuriate dei padroni di casa si sono fatte più intense. Ora con il Lecce alle porte, e una salvezza da conquistare, Makoumbou è pronto a ritornare al centro del villaggio e ridare a Ranieri il suo uomo di fiducia in mezzo al campo. In una sfida fondamentale, resa ancora di più tale dalla debacle contro il Genoa. La permanenza in Serie A una priorità anche per il centrocampista franco-congolese, legato al Cagliari e a Cagliari e pronto a scacciare le sirene di mercato che hanno fatto sentire la loro musica sia in estate che a gennaio. Un debito di riconoscenza verso un club che lo ha portato nel grande calcio dopo anni da “what if”, dopo essere stato vicino in passato ad appendere le scarpette al chiodo nonostante la giovane età. Ancora tanti chilometri da macinare in rossoblù, ancora tanta strada da percorrere prima di pensare al futuro. Perché, in fondo, il trasformista Makoumbou piace a tanti.
Matteo Zizola