Chissà cosa avrebbe pensato Eduardo Galeano del ritorno di Gastón Pereiro dal Cagliari al Nacional Montevideo. Lui che del Tricolor era tifoso e che della nostalgia del calcio dei valori e dei sentimenti contro quello industria era portabandiera.
Pane e brioche
Pereiro lascia dopo quasi tre anni esatti la Sardegna, in prestito secco fino a giugno e poi chissà. Da una parte la speranza di ritrovarsi in un ambiente familiare, dall’altra quella del club rossoblù di ritrovarlo per ridare valore alle aspettative deluse. Un’esperienza dalle tante, troppe facce quella del fantasista di Montevideo con la maglia del Cagliari. Un prisma un po’ colorato e un po’ opaco, un rapporto tra attese – tecniche ed economiche – e resa sul campo apparso deficitario. L’arrivo nel gennaio 2020 fu una sorpresa. Perché Maran, tecnico ai tempi di una squadra che sentiva il profumo d’Europa, aveva chiesto a gran voce un difensore centrale, ma il presidente Giulini mise a segno il colpo Pereiro regalandogli un giocatore offensivo. İl popolo chiede pane, voi dategli le brioche, metafora di un acquisto fuori tempo e fuori spazio, quello di un campo che vede il Tonga non trovare una collocazione definita. Esterno d’attacco, anzi no trequartista, anzi no sottopunta, anzi no punta vera e propria. Da Maran a Zenga, da Di Francesco a Semplici, da Mazzarri ad Agostini e infine Liverani, nessuno è riuscito a capire il Tonga e il Tonga non è riuscito a farsi capire da nessuno. Nemmeno Claudio Ranieri, anche se più che gli allenamenti galeotto è stato il forte desiderio del giocatore di tornare in patria a determinare l’addio.
Passi rossoblù
Alibi tanti, dal Covid che entra prepotentemente nella vita di tutti i giorni e quindi anche nella Serie A alla perdita improvvisa del padre, fino a un infortunio al piede che lo taglia fuori ad aggiungere carico a carico. E poi le incomprensioni tattiche, giocatore dalle caratteristiche troppo diverse da quanto chiesto dalle lotte salvezza rossoblù con il coltello tra i denti. Eppure il prisma Pereiro ha avuto anche facce brillanti, coloratissime. Gol decisivi e pregevoli che sono valsi punti altrettanto decisivi, come quello contro il Parma che, assieme all’assist per Cerri, tolsero dal baratro il Cagliari dando il via alla rimonta targata Semplici. O il periodo d’oro con Mazzarri da punta pura, gol e assist da tre punti contro il Bologna, doppietta dallo stesso valore a Bergamo, il vantaggio poi diventato pareggio contro il Napoli. In fondo, guardando i dati e senza puntare l’obiettivo sulla discontinuità e una certa indolenza, Pereiro lascia la Sardegna con nove gol totali in 69 presenze, che letto così appare davvero poco per un giocatore dall’ingaggio milionario. Però nel rapporto minuti e reti ecco che tutto prende un’altra piega, senza contare che tanto del tempo raccolto è stato frutto di spezzoni e di poca continuità di utilizzo. Tra Serie A e B gli otto gol in rapporto al minutaggio parlano di una segnatura ogni 225 minuti, ovvero una ogni due partite e mezza. E l’ultimo della lista, quello allo scadere contro il Como per il pareggio finale alla prima giornata del campionato cadetto, chissà, potrebbe risultare di nuovo decisiva a fine stagione.
Un prestito secco reso possibile da una volontà tanto forte da portare Pereiro a rinunciare a parte del proprio ingaggio per rivestire la maglia del suo Nacional. Riprendere il filo con il club che lo ha lanciato, 46 partite e 12 reti, l’ultima datata 2 maggio 2015 prima di lasciare l’Uruguay in direzione Paesi Bassi, Eindhoven, maglia del PSV. Ora dopo sette anni e mezzo la storia riparte da dove tutto è iniziato, per provare a ritrovarsi e rilanciarsi.
Matteo Zizola