Un percorso che si ripete, la ricerca della solidità perduta come chiave per risolvere i problemi e costruire sulle fondamenta. Come in Serie B così in Serie A, Claudio Ranieri ha cercato fin da subito di sistemare la difesa del suo Cagliari. Con risultati altalenanti, carte mescolate, tentativo dopo tentativo. Fino a gennaio, quando dal mercato potrebbe finalmente essere arrivata la soluzione ai propri mali, con benefici anche per chi già c’era.
C’era una volta
Difesa a quattro, anzi no a tre. I nuovi arrivati lanciati subito in campo, Wieteska e Hatzidiakos e difficoltà di adattamento apparse subito più evidenti delle attese. E allora via con Dossena in pianta stabile e poi gli altri a fargli compagnia a turno. Spazio a Obert, spazio a Goldaniga. Con risultati altalenanti, pur se la coppia formata dall’ex Sassuolo e dall’ex Avellino era sembrata, a un certo punto, la chiave di volta per la stabilità della retroguardia. Lo dicono i dati, innanzitutto. Prima giornata, Goldaniga in campo per i primi 45 minuti e 0-0 finale. Poi le sette gare con un solo punto – lo 0-0 casalingo contro l’Udinese – e soprattutto i 16 gol subiti, oltre due di media a partita. Fino a che Ranieri non ha messo da parte esperimenti e tentativi, puntato tutte le proprie fiches sul duo Dossena-Goldaniga e trovato nel centrale milanese quell’elemento di esperienza della categoria in grado di gestire la linea assieme al compagno all’esordio in Serie A. E i risultati arrivati sono stati una logica conseguenza. Tredici punti in undici gare, sedici reti subite, la zona rossa sempre vicina ma senza la testa sott’acqua. All’improvviso la svolta, quasi inattesa. Contro il Bologna i tre punti con Goldaniga seduto in panchina, quindi la sconfitta di Frosinone con il centrale entrato soltanto nell’ultima parte di gara e, infine, la mancata convocazione contro il Torino. Prologo della cessione al Como, la classica win-win situation – per dirla all’inglese – ma solo dal punto di vista economico. Il difensore ex Sassuolo che, in scadenza di contratto con il Cagliari a giugno 2024, trova un accordo che gli permette di vestire la maglia di una pretendente alla promozione e, soprattutto, di garantirsi un futuro per le prossime due stagioni. La società rossoblù che, dal canto suo, raccoglie un tesoretto tra ingaggio e contributo per il cartellino che sblocca l’indice di liquidità e permette di non perdere a zero un proprio elemento. C’è però anche un (un)lucky loser che risponde al nome di Ranieri: via Goldaniga, ecco arrivare Yerry Mina, difensore colombiano di esperienza internazionale e carisma. Una scelta presa con colpevole ritardo, figlia di contingenze economiche sì, ma che ha regalato al tecnico rossoblù un elemento cercato già in estate, con però la necessità di ritrovare forma e condizione dopo i primi mesi da comprimario in quel di Firenze.
Crescita
Svolta, anzi no. Mina si presenta, mette subito sul tavolo il proprio carisma e la propria personalità , pronto all’esordio all’Olimpico contro al Roma di Daniele De Rossi. “Lukaku? Deve essere lui a preoccuparsi di noi“. Con queste parole il difensore colombiano aveva avvisato l’attaccante belga, con il risultato di aver sì vinto la sfida nella sfida contro l’avversario, ma in una gara senza storia per il Cagliari di Ranieri, travolto 4-0 dai giallorossi. Dalla Roma alla Lazio, altro giro e altre difficoltà : Mina dimostra leadership, al suo fianco non Dossena – almeno nel primo tempo – ma Obert e Zappa, in una difesa a tre che soffre e paga dazio. I biancocelesti vincono 3-1 alla Unipol Domus, l’ex Everton non brilla e il ritardo di condizione appare evidente. Dubbi che però vengono scacciati una settimana più tardi. Sfida salvezza a Udine, di fronte un altro giocatore che fa della fisicità la sua arma principale. Come con Lukaku così con Lucca, al netto di alcune sbavature, Mina mette in mostra solidità e voglia di superare ogni ostacolo. Interventi decisivi, battaglia colpo su colpo, piccole provocazioni per disturbare mentalmente l’avversario. Una gara da migliore in campo assieme a Gaetano e una risposta alle prime perplessità dopo le sette reti concesse contro le due romane. Perché Mina è sì elemento di esperienza internazionale, come peraltro Wieteska e Hatzidiakos, ma non solo. Il colombiano è anche di più, al contrario dei colleghi di reparto arrivati in estate ha infatti dalla sua un percorso fatto di battaglie non solo per vincere campionati, ma anche per evitare retrocessioni. Come quella con la maglia dell’Everton, seppur con diversi infortuni a tenerlo fuori, o come le tante lotte sudamericane con la maglia dei Cafeteros. Insomma, non quella che in gergo si potrebbe definire come una figurina, ma un giocatore vero e che si è subito calato nella mentalità da elmetto e lotta necessaria per raggiungere la salvezza.
Leadership
Non è un caso che, con la crescita della condizione di Mina, Ranieri abbia puntato appena possibile sul ritorno alla difesa a quattro e sul duo rappresentato dal colombiano e da Dossena. Il classe ’94 di Guachené è apparso contro l’Udinese la soluzione perfetta per completare il reparto, nonostante il solito gol subito e problemi strutturali ancora da risolvere. Da una parte Mina, garra e personalità , marcatura a uomo vecchio stampo e lotta; dall’altra Dossena, più elegante, meno aggressivo, ma diventato maggiormente efficace con il generale Mina al suo fianco. Tanto da superare in novanta minuti le difficoltà dell’ultimo mese complicato, con perfino una panchina per scelta tecnica a corollario. Dopo Goldaniga, dunque, Ranieri ha trovato con Mina la chiave per poter liberare nuovamente la linea a quattro e rendere il suo Cagliari maggiormente propositivo. Nella speranza che il fisico del colombiano regga, tra acciacchi che fanno parte della sua carriera e il peso di dover essere subito abile e arruolabile. Intanto il tecnico può dormire sonni più tranquilli, con l’ex Fiorentina la musica della retroguardia sembra essere cambiata. Servirà la conferma, fin dalla sfida contro il Napoli e quella individuale contro Osimhen. Per regalare a Sir Claudio il tanto agognato zero nella casella gol subiti, ma soprattutto per trovare quel risultato positivo contro una grande mai arrivato fino a oggi.
Matteo Zizola














