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Nahitan Nandez contrastato da Coulibaly durante Parma-Cagliari | Foto Valerio Spano - Cagliari Calcio

Cagliari, garra y huevos: Nández è il simbolo della rivoluzione di Ranieri

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La rivoluzione emozionale di Claudio Ranieri, un ultimo passo da compiere in 180 minuti. Il pareggio a reti bianche del Cagliari contro il Parma ha regalato la finale dei playoff per la promozione in Serie A, prossima fermata il Bari con lo svantaggio del fattore campo, ma l’inerzia positiva di un gruppo compatto, mentalmente solido, unito come non mai in questa e nelle ultime stagioni rossoblù. Ma non solo una rivoluzione dello spirito, anche tecnica e di singoli.

Evoluzione

La difesa che regge l’urto nelle difficoltà con le dita di Radunovic a completare il quadro. Makoumbou che domina la mediana sostenuto da un Deiola portatore d’acqua. Lapadula a chiudere il cerchio con leadership e sacrificio, la sua spalla Luvumbo uomo della scintilla e della rimonta alla Unipol Domus. E poi lui, soprattutto lui, Nahitan Michel Nández Acosta da Punta del Este, ultimo della colonia uruguaiana, capitano virtuale che non abbandona la nave e prova a riportarla verso il porto chiamato Serie A. Il León ha sempre avuto una caratteristica fondamentale, un marchio di fabbrica riconosciuto nella buona e nelle cattiva sorte. Corsa, tanta, anche troppa e spesso fine a se stessa. Grinta sì, la garra charrúa tutta celeste, ma senza quella qualità di movimento necessaria per rendere funzionale i chilometri percorsi a perdifiato. Fino all’arrivo di Sir Claudio in panchina, suo nuovo mentore che lo ha trasformato da semplice maratoneta sul prato verde a giocatore intelligente e che sa come correre e quando correre. Il calcio non è una maratona, muoversi è sì importante ma sempre con un occhio a compagni e avversari, al pallone e alla situazione tattica contingente. Da semplice individualità – pronta al sacrificio personale più che collettivo – a parte del tutto, uomo che mette la propria esperienza al servizio del gruppo esaltando se stesso e il Cagliari nella propria interezza.

Clima rovente

Per uno che ha calcato il campo della Bombonera, che ha vissuto sfide sudamericane da Libertadores – derby caldi tra Argentina e Uruguay – l’atmosfera rovente del Tardini è sembrata avere una temperatura inferiore rispetto a chi gli ruotava attorno. Fin dalle battute iniziali Nández è apparso consapevole del suo ruolo di pompiere delle tensioni nervose altrui. Inviti alla calma, indicazioni decise e paterne, l’esempio da dare ai compagni. Un Léon non in gabbia, ma la cui indisciplina è stata messa dietro le sbarre da Ranieri. Correre sì, sempre tanto, instancabile. Non più però come una mosca che dentro un barattolo cerca di trovare ossigeno, destra, sinistra, sopra e sotto, bensì con un senso logico che ormai non sembrava possibile fargli acquisire. Non è un caso che proprio con l’arrivo dei playoff Nández abbia iniziato a esaltarsi, il clima delle grandi occasioni è palcoscenico che lo riporta dentro gare fatte su misura per lui. Assist contro il Venezia, assist nell’andata contro il Parma, non solo quantità dunque ma anche qualità nei cross e nelle scorribande, senza il dribbling di troppo, senza perdere lucidità al momento del dunque. Perché il centrocampista classe ’95 ha trovato la propria via, indicata da Sir Claudio, quella del sacrificio sì, ma senza esagerazioni. E così la stanchezza mentale e fisica viene messa da parte, la corsa lascia spazio anche alla tecnica, alla freddezza cerebrale quando davanti a sé c’è il bivio della possibile giocata decisiva.

Solo presente

Il futuro non conta, non ora. Nández ha saputo mettere da parte fretta e voglia di spiccare il volo, anzi, li ha tenuti dentro di sé ma tinti di rossoblù. La pace interiore ritrovata ha dato sì una mano importante, l’arrivo di Ranieri ha fatto il resto. Il contratto in scadenza tra poco più di dodici mesi sarebbe potuto essere un problema, ma il numero 8 ha saputo scegliere priorità e obiettivi. Prima il finale di stagione, prima la Serie A da conquistare con il Cagliari, poi si vedrà. Chiuse le orecchie alle sirene, testa e cuore sono solo sul campo. L’estate arriverà, il mercato pure, ma senza più quella fretta cattiva consigliera di imbarcarsi per salutare l’Isola. Anzi, con la sensazione che il domani – con Ranieri al timone e, chissà, le grandi sfide di nuovo da giocare – possa essere ancora al centro del Mediterraneo. Prima c’è però da superare uno scoglio chiamato Bari, andata in casa e ritorno nell’inferno del San Nicola. Una preoccupazione per tanti quella dei cinquantaduemila dello stadio pugliese, ma non per Nández che nella sua storia ha saputo conquistare la Doce del Boca Juniors e dimostrato che più alte è la temperatura emotiva più lui è in grado di spegnere il fuoco altrui. Le parole dopo lo 0-0 del Tardini chiare: “Siamo in debito, lotteremo fino alla fine per portare il Cagliari dove merita“. Manca un passo doppio, il più complicato e difficile. Ma il León è pronto a mettersi sulle spalle i compagni e scavalcare l’ultimo ostacolo.

Matteo Zizola

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