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Cagliari, fattore Mina: allegria e cattiveria, Ranieri ha trovato il suo leader

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Può un solo giocatore cambiare un’intera squadra? E ancora, può farlo uno che gioca da difensore centrale e che non ha dalla sua i colpi del campione tutto tecnica e fantasia? La risposta dipende dal punto di partenza, da quello che si cerca, da quello che manca a chi subisce in maniera positiva il cambiamento. Perché se sei il Cagliari impaurito e in difficoltà al principio dell’inverno – del calendario e dei risultati – ecco che una nuova leadership in campo, un trascinatore mentale, uno abituato a guadagnarsi i palcoscenici con sforzo e allegria può davvero fare la differenza. Questo, in sostanza, l’impatto di Yerry Mina non solo per la retroguardia rossoblù, ma per tutto il gruppo a disposizione di Claudio Ranieri.

Parabola

Il difensore colombiano sembra un assassino – sportivamente parlando – che ti uccide con il sorriso. Entra nella testa dell’avversario diretto fin dal primo minuto, gioca con la mente, prova a eliminare prima psicologicamente poi con una marcatura tutta sudamericana l’attaccante di turno. Mina è chiacchiere, tante, ma con i fatti a dare seguito alle parole. Numero 26 sulle spalle – “il due come difensore, il sei come regista”, ipse dixit – e una carriera pronta a spiccare il volo dopo il Mondiale del 2018 da tre gol in 300 minuti giocati. Poi la discesa lenta, inesorabile, senza perdere l’allegria che, parola di Yerry, è la sua qualità principale. Il Barcellona di Messi e Iniesta un sogno che si è avverato, ma che è presto diventato un incubo fatto di poco campo e tanta delusione. Per il classe ’94 di Guachené solo 5 presenze nella Liga e 1 in Copa del Rey, quindi l’addio direzione Liverpool, ma non quella dei Reds bensì un Everton destinato a una parabola discendente. Lotta salvezza, infortuni, altre delusioni: cinque stagioni oltre la Manica, quindi le valigie in direzione Italia. L’estate del 2023 porta due possibili destinazioni, da una parte il Cagliari, con Ranieri che vede nel colombiano l’innesto di esperienza e personalità che può sollevare il livello di una difesa acerba; dall’altra la Fiorentina, obiettivi differenti e la Conference League a dare vetrina europea. E così Mina sceglie la Toscana, con buona pace dei rossoblù. Finché anche in maglia Viola non arrivano le delusioni e di lui verrà ricordato soltanto il classico ballo post rigore dopo aver segnato dagli undici metri nella gara di Coppa Italia contro il Bologna. Già, ballo e allegria, a ricordare il famoso errore contro l’Argentina in Copa America in un duello tutto nervi e trash talking con El Dibu Martinez: “Baila, Baila ahora” urla Messi a distanza, vendetta per la danza con cui aveva festeggiato nei quarti il gol sempre dagli undici metri contro l’Uruguay di Suarez.

Fattore

Quarantasei di piede, eppure quando c’è da prendersi la responsabilità in impostazione non si tira indietro. Ma è il suo essere cagnaccio in marcatura a esaltarne le caratteristiche. Testa alta e costantemente attaccato ai nervi degli avversari, sempre con il sorriso. Un pugno in una carezza la filosofia di vita prestazionale di Yerry Mina. Attenzione, a Empoli come nelle altre uscite in maglia rossoblù non sono mancate le imperfezioni. La corsa sul lungo, qualche posizione allegra come il suo sorriso, alcuni lanci senza destinazione precisa. Ma se il colombiano non è emerso né a Barcellona né in Premier League tantomeno a Firenze il motivo è proprio nella sua imperfezione. A Cagliari la dimensione giusta, quella della lotta senza fronzoli e senza dover dimostrare di essere giocatore di livello mondiale. E, soprattutto, la caratteristica che Ranieri cercava fin dall’estate, quella di aggiungere cattiveria a un reparto fin troppo buono ed elegante. La dote di Mina è proprio questa, l’essere un uomo squadra che al netto delle proprie difficoltà rende migliori i compagni che gli gravitano intorno e non solo. Il leader che tiene alta la tensione, che difende sia calcisticamente che emotivamente, che non si tira indietro e che prende per mano un intero reparto. Chissà dove sarebbe ora il Cagliari di Sir Claudio se già dall’estate fosse arrivato il classe ’94 colombiano, una domanda forse retorica e comunque senza risposta certa. Il solo dubbio è però una conferma dell’importanza strategica e mentale di Mina per la corsa salvezza dei rossoblù. Per il cambio alla voce consapevolezza e anche dal punto di vista tattico, con la difesa a quattro che ora non è più utopia, ma realtà dei fatti. Con la quadratura del cerchio trovata, surrealmente partendo da un centrale che influisce anche se non soprattutto sul resto della squadra. La permanenza in Serie A è ancora da costruire, nulla è stato raggiunto. Ma con Mina come guardia del corpo, con il bad boy con il sorriso il traguardo appare più vicino.

Matteo Zizola

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