La commedia degli errori, un’opera shakespeariana che la difesa del Cagliari ha deciso di interpretare senza soluzione di continuità. Errori tanto diversi quanto uguali che si ripetono di partita in partita, ogni volta con un protagonista differente, in un’alternanza sistematica che è diventata il vero cruccio di Fabio Liverani. E così i cambi per trovare una quadra altro non portano che nuova instabilità, fino a rovinare i progressi dell’attacco sempre costretto a recuperare gli sbagli della retroguardia.
Sequenza
Tutti, prima o poi, si sono resi responsabili di un errore individuale. È accaduto al portiere, è accaduto ai terzini, è accaduto ai centrali di una difesa che anche contro il Perugia ha pagato dazio. Difficile trovare nei 21 gol subiti dal Cagliari una giocata degli avversari di turno che non sia stata favorita dalla mancanza di uno degli interpreti. E la sfida contro gli umbri di Castori non ha fatto differenza, anzi. Capradossi che prova il retropassaggio di testa verso Radunovic, favorendo così l’incursione di Strizzolo, Zappa che entra in maniera ingenua su Olivieri provocando il rigore del momentaneo pareggio: soprattutto il primo un errore pesante dal punto di vista mentale, che ha riportato alla luce fantasmi che apparivano scacciati dopo il doppio vantaggio firmato Pavoletti-Lapadula. Il problema, però, è che nessuno può essere esente da colpe e le scelte di Liverani sono diventate una conseguenza degli episodi che hanno preceduto quelli citati. Il rigore causato da Obert a Terni – pur se lo slovacco a livello di prestazioni non sta demeritando – aveva dato seguito alla mancata diagonale di Barreca contro il Parma, disattenzione simile a quella di Carboni a Frosinone. Sempre allo Stirpe ancora Barreca a lasciare il sinistro a Insigne, mentre nella gara precedente con il Pisa fu Altare protagonista negativo con il retropassaggio corto che favorì la rete di Morutan e che, per certi versi, Capradossi ha voluto copiare nella sfida contro il Perugia. Inutile ripercorrere gli altri precedenti, il patatrac finale di Bolzano o il Goldaniga fuori posizione contro il Bari sul gol di Cheddira, perché in fondo, volenti o nolenti, gli errori sono il filo rosso che unisce ogni rete subita dai rossoblù nelle prime diciassette giornate di Serie B.
Filosofia
“Gli errori in difesa arrivano da errori individuali, non puoi allenare questi episodi. Dipendono dalle scelte individuali e non da schemi o tattiche“, così Liverani dopo la vittoria per 3 a 2 contro il Perugia alla Unipol Domus. Eppure la verità sta nel mezzo, perché il tecnico rossoblù non ha torto quando sostiene che sono i singoli con le loro giocate a determinare sbagli non attribuibili a dettami tattici, ma è anche vero che il tipo di richieste dell’allenatore romano ha favorito per certi versi la gestione di certe situazioni di gioco. La volontà di giocare il pallone sempre e comunque porta a scelte più di tecnica che di difesa vecchio stile, cercando di ripartire dalle retrovie piuttosto che buttare il pallone per non correre rischi. Le caratteristiche dei singoli poco si sposano con il credo di Liverani e la coperta delle individualità appare corta. Chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane, ovvero i difensori più dotati tecnicamente faticano in marcatura e viceversa quelli più attenti nell’uomo contro uomo hanno difficoltà in impostazione. A parziale discolpa dell’allenatore va ricordato che quello arretrato è l’unico reparto nel quale non sono arrivati uomini da lui richiesti, così come l’età media relativamente bassa incide alla voce esperienza, soprattutto dal punto di vista mentale. L’assenza di un vero e proprio leader carismatico, acuita dall’infortunio di Goldaniga, è la chiusura del cerchio in un reparto costruito dimenticando alcuni particolari fondamentali e, soprattutto, la filosofia di un Liverani che, nonostante i singoli a disposizione, ha comunque provato la carta dell’impostazione dal basso e dalle difesa alta. Infine il ruolo di Radunovic, a volte salvatore e altre responsabile quanto i compagni, oltre il dettaglio di una sicurezza che non sembra essere trasmessa dal serbo alla retroguardia.
Vista gennaio
Al netto dei giudizi sulle singole partite, nei quali gli errori non possono essere omessi, buttare la croce sulle individualità sarebbe un esercizio fin troppo facile. Altare e compagni, in fondo, hanno commesso sbagli che rientrano nell’ordine delle cose, figli di cali di concentrazione fisiologici guardando all’esperienza in cadetteria ridotta e allo stile di gioco del Cagliari. Perché se la richiesta è quella di restare alti sempre e comunque e di provare a giocare il pallone a costo di rischiare, è normale che nell’arco di novanta minuti il calo di tensione possa essere dietro l’angolo. Ed è qui che entra in gioco la costruzione del reparto in estate, con l’assenza di un leader di categoria che possa esaltare i compagni e togliergli dalle spalle le troppe responsabilità. Una guida carismatica che dovrà essere la priorità nel mercato di gennaio, per far sì che possano essere valorizzati quegli elementi che, a oggi, hanno perso quel terreno guadagnato nonostante la retrocessione. L’esempio principe resta quello di Giorgio Altare, i cui errori da inizio stagione sono figli più che delle sue mancanze, di una gestione che ne ha enfatizzato i limiti senza esaltarne le qualità difensive. Perché, in fondo, è vero che certi episodi non si possono allenare, ma è anche vero che si può evitare che arrivino per via di scelte quelle sì allenabili. Il Cagliari visto contro il Perugia sembra essersi tolto lo smoking dalla cintola in su, ma in difesa deve ancora cambiare abito e adattarsi alla battaglia della categoria. Sporchi, brutti e cattivi, eliminare i fronzoli e non avere paura di buttare la palla in tribuna se necessario. Al contrario le amnesie continueranno ad arrivare a prescindere dalle scelte alla voce interpreti e da cambi in corsa che possono abbattere psicologicamente il giocatore di turno.
Matteo Zizola