Una famosa osservazione dell’ex allenatore dell’Argentina Alfio Basile può spiegare quanto i numeri tattici possano essere fuorvianti: “Io dispongo sempre bene le mie squadre in campo. Il problema è che quando inizia la partita i giocatori si muovono“. E, con loro, a muoversi sono avversari e soprattutto il pallone. Claudio Ranieri ha più volte ripetuto che parlare di 4-4-2, 4-5-1, 3-5-2 è limitativo. Non esiste nel suo Cagliari una traccia definita, eppure alcuni segnali delle prime tre giornate invitano nonostante tutto alla riflessione.
Filo rosso
Torino alla prima, poi Inter e infine Bologna. Tre partite differenti per prestazioni e soprattutto per impostazione. Non solo, anche per cambi in corsa dal punto di vista tattico. Se all’esordio contro i granata Ranieri ha trovato risposte positive dalla mediana a due formata da Sulemana e Makoumbou e dallo schieramento a specchio con gli avversari, nella sfida contro i nerazzurri e in quella contro i felsinei non sono mancate le difficoltà . Il primo tempo di fronte agli uomini di Simone Inzaghi ha messo in luce una differenza tecnica importante, ma sono solo. Perché dal punto di vista numerico l’inferiorità in mezzo al campo ha creato i presupposti per i problemi nel contrastare i giochi di triangolazioni dell’Inter, tra gli inserimenti degli interni come Barella e Mkhitaryan e le combinazioni con gli esterni Dimarco e Dumfries. Così nella trasferta di Bologna, quando per lunghi tratti la mediana è stata costretta a inseguire piuttosto che a comandare. La differenza numerica può essere la chiave per spiegare la difficoltà così come quella per dare una risposta alla – al contrario – positiva prestazione contro la squadra di Juric all’esordio in campionato. Da una parte la disposizione a specchio che ha dato maggiori riferimenti al duo mediano rossoblù, dall’altra l’uomo in meno che ha costretto Makoumbou e Sulemana a perdere alla lunga le distanze.
DensitÃ
Il dubbio tra centrocampo a due e quello a tre viene alimentato anche dai correttivi di Ranieri durante le due sconfitte contro Inter e Bologna. Dopo un predominio territoriale degli avversari – nel primo tempo di fronte ai nerazzurri, nella prima parte dei due tempi al Dall’Ara – il tecnico rossoblù ha optato per una modifica sostanziale dal punto di vista tattico. Nella partita contro l’Inter lo spostamento di Nández a formare il trio con Makoumbou e Sulemana – con Di Pardo sulla corsia di destra – mentre in quella contro il Bologna l’inserimento di Deiola a completare la mediana. Un 4-5-1 in entrambi i casi che ha reso più compatta la squadra e diminuito sostanzialmente i pericoli per la difesa, aumentando anche la pericolosità offensiva come dimostrato dalle occasioni reali e potenziali avute. Non è un caso che il tutto sia arrivato con un centrocampo schierato a specchio, esattamente come avvenuto a Torino quando i granata, con il duo Ricci-Ilic, erano stati controllati con maggiore efficacia senza un’inferiorità  numerica di base in mezzo al campo. Gli episodi a Bologna hanno fatto la differenza, ma al netto degli errori individuali il Cagliari visto dopo l’ingresso di Deiola – a prescindere dalla prestazione del sangavinese – è sembrato più compatto e per certi versi più pericoloso. Non solo per la disposizione uno contro uno, ma anche per la presenza di esterni più offensivi come Oristanio e Luvumbo che hanno bloccato le velleità dei due terzini felsinei.
Soluzioni
La rosa rossoblù sembrerebbe, come dettaglio ulteriore, più portata al centrocampo a tre che a quello a due. O, comunque, a uno schieramento simile a quello del Bologna con un doppio mediano e il supporto di un giocatore tra le linee che possa fare sia da schermo in mezzo al campo sia da collante con l’attacco. Che sia un due più uno o un trio di centrocampisti, la sensazione arrivata dalle prime tre giornate è che a seconda dell’avversario il Cagliari abbia maggiore solidità con una mediana più folta piuttosto che con i soli Makoumbou e Sulemana. In questo contesto non solo Deiola, ma anche Prati, Jankto, Nández e soprattutto Mancosu (quando tornerà a disposizione) potrebbero essere la soluzione nel prossimo futuro. L’Udinese e così la maggior parte delle squadre della Serie A giocano con un centrocampo a tre, aspetto che riproporrà il tema anche al ritorno dopo la pausa per le nazionali. E per quanto i numeri lascino il tempo che trovano, l’aspetto sostanziale è che Ranieri dovrà trovare la quadra giusta per evitare di lasciare la zona nevralgica del campo in mano agli avversari. Un conto è non puntare su un gioco votato al possesso palla e lasciare il pallino a chi si ha di fronte, un altro non riuscire a contrastare la filosofia altrui per la necessità di coprire con meno uomini la stessa porzione di campo. Il 4-4-2 è sicuramente un modulo più scolastico e semplice, ma per certi versi meno efficace quando gli avversari rispondono con un centrocampo più folto. Il resto lo fanno gli esterni, per caratteristiche e qualità . Perché se a dare sfogo alla manovra sono Luvumbo e Oristanio come nella parte finale della gara di Bologna è una cosa, se a farlo sono Azzi e Di Pardo, due terzini sì di spinta ma adattati al ruolo di ali, un’altra.
Le partite si vincono – e si possono perdere – a centrocampo, un vecchio adagio del calcio sempre valido. E nonostante il buon impatto con la Serie A di Makoumbou e la corsa di Sulemana, è apparso evidente che il Cagliari ha pagato per lunghi tratti il mismatch numerico al quale sono stati costretti i due rossoblù. Inoltre il ghanese ha mostrato ancora una certa confusione tattica, creando i presupposti per le occasioni e i gol subiti sia contro l’Inter che contro il Bologna. Aiutare il duo con un ulteriore giocatore a supporto potrebbe così essere la soluzione, a prescindere da ciò che si sceglierà per il reparto arretrato tra difesa a tre e a quattro. Tante soluzioni, tanta duttilità e il tempo dalla propria parte. In attesa di costruire la propria idea attraverso il ritorno degli assenti e la messa a regime di chi ha iniziato in ritardo la propria stagione.
Matteo Zizola














