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Cagliari e VAR, un rapporto complicato tra protocollo e discrezionalità

Maurizio Mariani, arbitro di Cagliari-Sassuolo | Foto Luigi Canu
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La tecnologia toglie, la tecnologia dà. Il rapporto tra il Cagliari e il VAR è tutto nelle dichiarazioni di Claudio Ranieri in seguito alla vittoria in rimonta contro il Sassuolo: “Per una volta ci ha dato una mano“. Non la prima a dire il vero, perché già contro il Frosinone il rigore poi fallito da Mancosu era arrivato dopo una On Field Review che aveva portato alla massima punizione per il fallo di mano di Soulé. Eppure lo strumento in mano alla classe arbitrale non è sempre stato visto di buon occhio, tra situazioni oggettive insindacabili e altre discrezionali sulle quali non sono mancate le discussioni.

Valutazioni

Montagne russe, alti e bassi uno dietro l’altro, coincidenze temporali. Una settimana la mano galeotta di Viola a Salerno che aveva portato al rigore assegnato ai campani e conseguente pareggio per 2-2, quella dopo la già citata OFR per il braccio di Soulé. Poi la trasferta di Roma contro la Lazio e l’espulsione contestata di Makoumbou, una settimana dopo il fuorigioco di centimetri di Volpato che salva il Cagliari dallo 0-2 di Bajrami aprendo le porte all’insperata vittoria. Ed è proprio il rosso al centrocampista congolese nella sfida dell’Olimpico a diventare l’opportunità per un discorso più generale sulla tecnologia e il suo utilizzo. Perché nell’ultima puntata di Open VAR l’episodio che ha visto protagonista Makoumbou è stato oggetto di analisi nel programma in onda su DAZN, con l’audio tra il direttore di gara Dionisi e il collega al video Guida al centro. Una decisione, quella di modificare da giallo a rosso il cartellino mostrato da Dionisi, che è stata avvallata dal settore arbitrale nonostante restino dubbi anche alla luce della spiegazione fornita durante la trasmissione. E, soprattutto, restano dubbi sull’applicazione del concetto di chiaro ed evidente errore, dettaglio fondamentale che resta la stella polare regolamentare. Nella comunicazione tra direttore di gara e giocatori in campo si può ascoltare come Dionisi dica che “per me è fallo, ma non c’è il possesso del pallone perché è più vicino al portiere. Poi c’era anche il 4 (Dossena, ndr) in recupero“. Una visione dell’azione che porta Guida a richiamare il collega alla OFR, perché geograficamente il pallone è effettivamente più vicino a Guendouzi rispetto a Scuffet. Ciò che manca, però, è la visione d’insieme, quella che include anche la velocità della sfera e non una semplice questione di distanza geografica con il fermo immagine. Un problema comune quando si parla di VAR, con la dinamica che lascia spazio al controllo dei fotogrammi.

Var e moviola

La tecnologia è senza dubbio uno strumento che ha portato giustizia, soprattutto quando si tratta di situazioni oggettive come una posizione di fuorigioco o la Goal Line Technology.  Non si deve dimenticare, inoltre, che comunque dietro il monitor sono gli uomini a decidere e che, dunque, la discrezionalità spesso resta inevitabile. Ciò che stona – e l’episodio Makoumbou ne è un esempio – è che a volte manca la linearità delle decisioni. Così come in alcuni casi si ha la sensazione che la personalità e l’esperienza differente tra arbitri in campo e colleghi al monitor sia una discriminante sull’influenza o meno del VAR nelle singole valutazioni. Un altro episodio che ha creato dubbi è a tal proposito quello con protagonisti Lapadula e Tressoldi nel primo tempo della gara tra Cagliari e Sassuolo. L’attaccante appoggia il gomito sul collo del difensore che reagisce con una manata sul viso del numero nove rossoblù. Legittimo che il direttore di gara Mariani non abbia visto, ma le immagini avrebbero dovuto portare il VAR al richiamo alla OFR. Cosa che non è accaduta per il principio del chiaro ed evidente errore, con il mancato rigore non ritenuto tale dal VAR Nasca. Eppure la dinamica dell’azione avrebbe dovuto portare ad un’analisi differente, come peraltro avvenuto in altre situazioni similari. Una maggiore chiarezza sul protocollo sarebbe dunque necessaria, così come altrettanto necessario sarebbe un utilizzo della tecnologia che non si concentri sui fermo immagine come chiave di lettura, ma piuttosto sull’azione a velocità normale. Perché il calcio resta uno sport di movimento e non di moviola, eccetto casi specifici che fanno parte di altre fattispecie. In un Paese sportivamente pronto al dubbio anche di fronte all’oggettività – basti pensare alle polemiche sui fuorigioco millimetrici – oltre a una maggiore chiarezza del settore arbitrale servirebbe però anche una maggiore sensibilità mediatica e dei protagonisti in campo. Non si può dimenticare infatti che l’utilizzo del VAR è nella maggior parte dei casi corretto e ha portato maggiore giustizia e che gli arbitri possono sbagliare senza che ci siano decisioni preordinate.

Matteo Zizola

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