È la prospettiva a far cambiare lo sguardo di chi prova a osservare ciò che accade. Ed è la prospettiva a dettare umori e speranze. Anche nel calcio, anche e soprattutto quando c’è la massima categoria da mantenere. La sconfitta del Cagliari per 0-1 contro la capolista Milan porta con sé una ventata di rammarico per quello che avrebbe potuto significare un punto in più in classifica nella corsa salvezza. Ma oltre alla preoccupazione per una distanza sempre più corta dalle sabbie mobili delle ultime tre posizioni, la gara lascia anche la convinzione che la squadra rossoblù possa ritrovare quella strada che tra gennaio e febbraio sembrava poter portare verso l’obiettivo finale.
Scelte e ritardi
Mazzarri ha sorpreso prima dell’inizio della gara, rispolverando Lykogiannis sulla corsia sinistra e riportando Dalbert nel ruolo di mezzala di pressione nel centrocampo isolano. Intorno ai due un quadro rodato, con ancora Leonardo Pavoletti e Joao Pedro in avanti e chiamati al sacrificio in fase di non possesso insieme proprio al brasiliano di proprietà dell’Inter. Equilibrio e attenzione: un dogma presentato nella conferenza stampa della vigilia e che il tecnico toscano ha provato a tramutare in un fatto tangibile sul campo. Aggredire la prima fase della costruzione rossonera, senza però perdere le misure e non rischiare troppo sugli affondi di un Milan capace di far partecipare alla manovra offensiva quasi tutti i giocatori di movimento. Ci sono voluti tredici minuti, un palo e l’imprecisione ospite prima però che il Cagliari riuscisse a prendere le misure. Il ritardo di Lykogiannis sull’occasione di Giroud al 6’, il baricentro basso dei centrocampisti poco propensi a contrastare i colleghi avversari come nel caso del tiro di Kessie e a rallentare i ribaltamenti di fronte nel caso del tiro di Brahim Diaz al 13’. Scosse che sono servite però al Cagliari per ristabilire un equilibrio negli accoppiamenti e svolgere il piano studiato da Mazzarri: Bellanova e Marin a chiudere il gas di Theo Hernandez, Altare a disinnescare Messias, Lovato a logorare la prova di Giroud. Ordine e voglia che non hanno però portato a un cambio di passo in zona offensiva: pochi i rifornimenti per la coppia d’attacco isolana, il solo Bellanova a provare a creare sulla destra e un solo tiro nei quarantacinque minuti, ancora a firma di Alberto Grassi come successo a La Spezia. Nel secondo tempo il castello che sembrava poter resistere è però stato colpito dalle iniziali incursioni avversarie: prima un’avvisaglia data dal tiro di Hernandez, poi la costruzione del gol rossonero di Bennacer con un preciso sinistro dal limite dell’area. I tanti uomini portati a ridosso dei sedici metri hanno fatto perdere le misure, con Dalbert in chiaro ritardo sull’algerino. La densità e la qualità, come contro la Lazio, hanno messo in disordine le idee degli isolani a difesa della porta di Cragno.
Diversità
Contro il Milan però è stata la reazione al gol a essere differente. Gli uomini di Pioli hanno provato a continuare a produrre e a tenere il pallino del gioco in mano ma la squadra di Mazzarri è stata testarda nel non voler perdere il filo di quanto fatto vedere fino a quel momento nonostante le difficoltà. E chi è entrato dalla panchina, a differenza della sfida salvezza contro la squadra di Thiago Motta, stavolta ha dato l’impressione di poter cambiare il corso degli avvenimenti. A partire da Deiola, passando per Zappa e nell’ultimo quarto d’ora da Keita Balde e Gaston Pereiro. I due cambi offensivi hanno riportato a un assetto simile per voglia e capacità a quello visto contro l’Empoli, rischiando di far arrivare lo stesso risultato sul finale di gara. Il senegalese e l’uruguaiano hanno dato quell’imprevedibilità necessaria per cercare di oltrepassare l’argine milanista. E proprio da un pallone pulito da Pereiro è nata l’occasione più ghiotta, con solo la traversa a dire di no al colpo di testa in tuffo di Pavoletti.
Numeri e non solo
È vero che i numeri parlano e dicono zero punti nelle ultime tre partite, zero gol segnati e sei reti subite. E che la classifica non perdona, presentando uno scenario salvezza ancora più incerto dopo la vittoria del Genoa sul Torino. Il campo, dall’altra parte, ha testimoniato ancora una volta le difficoltà di un reparto avanzato sempre più isolato. In una partita che forse a fine anno verrà ricordata più per le denunce finali alla curva di Maignan e Tomori, ancora una volta Joao Pedro ha fatto fatica sia a fare da mediatore tra il centrocampo e l’attacco che a rendersi pericoloso negli ultimi venti metri, chiudendo con un solo tiro in porta e tanto nervosismo la sua gara. Pavoletti ha potuto sfruttare pochi palloni dentro l’area, ben controllato da Tomori e Kalulu. Un problema a cui però contribuisce anche un centrocampo che stenta a creare sbocchi utili per i giocatori offensivi. La settimana senza campionato farà perdere i nazionali al tecnico toscano ma restituirà Daniele Baselli, fermato in settimana dal Covid. La coesistenza dell’ex Torino con Marin, secondo quanto affermato dallo stesso Mazzarri, è per ora impossibile. La pausa però potrebbe far mettere ancora più benzina nelle gambe del giocatore e dare nuove possibilità, da inizio gara o in corso, a un Cagliari che sembra aver bisogno di una mediana più propositiva.
Della gara contro la capolista resta però l’aspetto più importante e che rimane invisibile tra i dati statistici. Quello spirito che nella parte finale della corsa salvezza può fare la differenza. Mazzarri su questo è stato chiaro nel post partita: “Se giochiamo così fino alla fine del campionato non ci saranno problemi. Oggi ho rivisto la squadra che voglio sempre in campo”. Perché è sempre la prospettiva da cui si guarda a far la differenza. Fuori e dentro il campo. E a guardarla sotto la lente che evidenzia il carattere, il Cagliari ha tutte le carte in regola per allungare il proprio passo. La prima occasione sarà il 3 marzo contro l’Udinese, in una gara che potrebbe segnare la definitiva svolta rispetto al passato. Spetta ai rossoblù però dimostrare di poter riprendere a correre.
Matteo Cardia