Piangere sul latte versato è una pratica che serve a poco, guardare al passato utile solo se serve a migliorarsi. La speranza era quella di un’inversione a U dopo l’addio di Fabio Liverani, ma il Cagliari prima di Fabio Pisacane e poi di Claudio Ranieri ha sì svoltato, senza però prendere una strada completamente opposta a quella percorsa nella prima parte di stagione.
Numeri
Ventidue punti nelle prime diciotto giornate, quelle relative alla gestione precedente. Ventisei nelle successive quindici, l’ultima del girone di andata – vittoria contro il Cosenza in attesa del ritorno effettivo di Ranieri – e le quattordici del ritorno con Sir Claudio in panchina. Cinque le lunghezze di differenza nelle stesse partite tra Liverani e l’allenatore testaccino, un bottino inferiore alle attese ma comunque relativamente positivo. Il dubbio, lecito, è cosa sarebbe potuto essere della Serie B del Cagliari se la scelta di imprimere la svolta in panchina fosse arrivata prima di quando effettivamente accaduto, perché pur se i rossoblù non hanno dato una spinta decisiva alla classifica, il miglioramento è stato netto almeno nei numeri. Tra l’interregno Pisacane e l’era Ranieri, infatti, Lapadula e compagni hanno ottenuto gli stessi punti del Sudtirol (26) e fatto peggio soltanto di Genoa (34), Frosinone (31) e Bari (27), un quarto posto a una lunghezza dal terzo e a cinque dal secondo che dà la stima di quanto, pur se non completa, la svolta sia avvenuta nei fatti. Partendo dalla difesa, come sottolineato spesso e volentieri da Ranieri nelle prime settimane dopo il suo ritorno in Sardegna. Sette i gol subiti, miglior retroguardia della cadetteria nel periodo preso in esame. Solo il Genoa con 8 e Frosinone e Sudtirol con 9 hanno incassato un numero di reti inferiore alla doppia cifra, con la porta di Radunovic rimasta inviolata in ben nove occasioni dall’addio di Liverani contro le uniche tre delle precedenti diciotto partite.
Nodo
Il bicchiere può essere mezzo pieno o mezzo vuoto, dipende dai punti di vista. Quello di Ranieri è improntato alla positività, pur senza nascondere i problemi sotto il tappeto. Su tutti quello del gol, perché se è vero che il Cagliari nel dato generale non ha fatto poi così male, interpretando i numeri nel dettaglio la situazione cambia e non poco. Diciotto le reti messe a segno dalla gara contro il Cosenza in poi, tre in meno rispetto alle precedenti diciotto giornate. Ma se con Liverani solo in quattro occasioni i rossoblù non erano andati a segno, con Ranieri sono state sei le partite nelle quali l’attacco non ha regalato soddisfazioni. Dei diciotto gol messi a segno dopo il cambio in panchina, ben otto sono arrivati nei due poker contro Ascoli e Reggina, riducendo di fatto l’impatto della svolta dal punto di vista offensivo. Sette i giocatori a rete, ma con una Lapadula dipendenza che è evidente e impossibile da nascondere. I gol dei vari Zappa e Mancosu (due a testa) e le singole marcature di Azzi, Lella, Altare e Pavoletti non possono essere un aspetto positivo, men che meno quando solo quella del centrale ex Olbia contro la Spal entra nel novero di quelle decisive ai fini del risultato.
Non tutto è perduto nonostante gli otto pareggi nelle quattordici gare con Ranieri in panchina siano troppi con la vittoria che vale tre punti. Se nel Cagliari del primo Sir Claudio impattare equivaleva a una mezza vittoria, in quello versione 2023 spesso ha avuto il sapore dell’occasione persa. La continuità di risultati un fattore da non sottovalutare e che in Serie B spesso aiuta, a maggior ragione vista una concorrenza che sembra fare a gara nell’aspettare i rossoblù. Ma pur nel positivo di una svolta non netta ma in ogni caso confermata dai dati, continuare sulla strada del passo alla volta potrebbe non bastare. Il Parma sarà l’ultimo scoglio di un filotto di gare d’alta classifica, poi toccherà a quattro sfide nelle quali il botttino pieno sarà quasi doveroso. Per abituarsi a vincere in vista dei playoff e per dare un senso a una stagione al di sotto delle attese ma che resta aperta ai sogni. Dimenticando il passato, vera ragione dell’inseguimento ad andamento lento.
Matteo Zizola