È appena cominciato il minuto 41 di Cagliari-Inter, i nerazzurri sono in vantaggio di una rete grazie al colpo di testa di Lautaro Martinez in apertura di gara. Mina effettua un lancio in diagonale a scavalcare la difesa avversaria, Andrea Belotti scatta verso l’area di Josep Martinez. Pallone lungo, l’attaccante rossoblù prova a contrastare il portiere spagnolo, ma poco prima di arrivare vicino all’estremo difensore cade a terra. L’assistente alza la bandierina per una posizione irregolare che irregolare non è, De Vrij tiene in gioco Belotti, ma conta poco. Mani sul ginocchio sinistro, poi sul volto. La sensazione immediata è quella di un infortunio grave, la diagnosi ventiquattr’ore dopo conferma le impressioni: lesione del legamento collaterale del ginocchio sinistro, stagione virtualmente finita.
Destino
L’esperienza di Belotti in Sardegna è una questione di destino, di attimi, di svolte improvvise. Arriva nelle ultimissime ore di mercato, ottenere il via libera del Como non è un problema, una telefonata con Fabio Pisacane e via a una nuova tappa della carriera per cercare finalmente il rilancio. Dopo il Torino la Roma, quindi la Fiorentina, quindi il Como, il Benfica e di nuovo il Como. Cagliari come piazza per tornare a cantare, il Gallo viene subito buttato nella mischia e provoca il gol di Mina per il vantaggio contro il Parma. Antipasto della rinascita che arriva sei giorni dopo a Lecce: gol da pochi passi su gentile concessione di Palestra, raddoppio su rigore per altra gentile concessione, questa volta di Mina. Il gallo torna a cantare, il Cagliari ha trovato quel terminale offensivo perso dopo la partenza di Piccoli verso Firenze a suon di milioni. Inatteso, per certi versi anche discusso tra chi ha visto in Belotti gli anni recenti con pochi gol e chi, invece, ha sperato di rivedere l’attaccante che, grazie alle sue reti in maglia granata, aveva vestito la maglia azzurra da protagonista con tanto di Europeo vinto agli ordini di Roberto Mancini. Inatteso, si è detto. Perché in fondo la squadra di Pisacane aveva giocato le prime due giornate senza né il vecchio (Piccoli) né il nuovo (Belotti), perché numericamente il reparto sembrava completo, a maggior ragione con il fallimento del passaggio di Felici al Venezia. Poi, però, la faccia timidamente stupita del Gallo all’arrivo in Sardegna aveva dato subito l’idea di un possibile riscatto, la titolarità immediata convinto anche i più scettici, i gol in Salento scacciato ogni nube. Poi, contro l’Inter, il crac sentito e reale, quello del legamento che si lesiona e di una stagione cominciata con grandi speranze e praticamente terminata sul nascere. Costringendo il Cagliari non a rivedere i piani, ma a tornare a quelli dei giorni passati tra la cessione di Piccoli e l’arrivo improvviso dell’attaccante di Calcinate.
Palla al collettivo
Felici, Luvumbo, Gaetano, Esposito, Borrelli, Kılıçsoy, Pavoletti. Ma anche Folorunsho, Cavuoti e, perché no, Adopo e Deiola. Attaccanti, trequartisti, incursori, frecce all’arco di Pisacane che assieme, collettivamente, dovranno sopperire all’assenza forzata di Belotti. Perché i due gol del gallo in questo inizio di stagione lasciavano presagire una doppia cifra nel lungo termine e ora, senza il terminale offensivo designato, toccherà a Pisacane fare di necessità virtù. Attraverso il gioco, sì, ma anche attraverso il recupero di giocatori ancora o inespressi o alla ricerca di se stessi. Sliding doors che possono diventare porte verso un futuro migliore, come nel caso di Felici e della mancata cessione al Venezia. Che si è trasformata in un innesto virtuale da tre punti contro il Lecce (sua la scorribanda che porta poi al rigore della vittoria), da passaggio del turno contro il Frosinone (gol e assist) e da speranze ritrovate contro l’Inter quando il suo ingresso ha portato frizzantezza all’attacco. Sliding doors che attendono Luvumbo, assente e ora di nuovo abile a arruolabile e chiamato a quel salto di qualità – soprattutto realizzativo – dal quale è atteso ormai da troppo tempo. E poi Esposito, vicino alla doppia cifra in campionato a Empoli ma fermo a un 2025 da incubo tra retrocessione e gol che mancano, solo due ed entrambi a gennaio. Chissà che l’infortunio di Belotti non lo riporti più vicino all’area, dopo un inizio di campionato più di lotta difensiva che di governo offensivo. Ci sono poi i gol dei centrocampisti, la pietra filosofale che il Cagliari fatica a trovare da diverse stagioni. Adopo, Deiola, magari la freschezza di Cavuoti, ma soprattutto Folorunsho la cui gioia per il primo gol in rossoblù si è fermata sul palo alla sinistra di Martinez, arrivato in Sardegna per ritrovare i fasti – e i numeri – di Verona, Bari e Reggio Calabria. E tra i centrocampisti (o trequartisti che siano) come dimenticare Gaetano, lui che in Sardegna si era presentato con reti e giocate utili, utilissime alla salvezza nell’era Ranieri, salvo poi sparire con Nicola in panchina tra problemi fisici e un rapporto tattico, tecnico e umano mai decollato con l’allenatore ora alla Cremonese. Può tornare centrale, piano piano si sta avvicinando a esserlo, ma senza quello squillo che sarebbe nelle sue corde, senza quel mordente e quel piglio che da lui – e dall’investimento fatto per portarlo in rossoblù – ci si attende.
Aspettando Semih
Insomma, ora tocca a chi finora è rimasto a guardare o quasi, o come minutaggio o come prestazioni o perfino entrambi. Magari non Pavoletti, ancora in ritardo ma che, comunque, quando il gioco si fa duro è sempre pronto a dire la propria, anche in pochi minuti. Di certo Borrelli, la cui tradizione realizzativa non lascia grandi aspettative in zona gol, ma che può essere il grimaldello tattico e fisico per il gol di chi gli gravita attorno, dalla mediana in su. In fondo contro la Fiorentina è partito dall’inizio senza sfigurare, a Napoli nel finale si è fatto notare positivamente, in Coppa Italia ha messo a segno il suo primo gol in rossoblù e ora dovrà giocoforza aumentare consapevolezza per aiutare l’attacco senza avere troppo tempo per ambientarsi nella categoria alle spalle di Belotti. E poi il vero mistero dei primi mesi della stagione 2025-26, Semih Kılıçsoy. Arrivato dal Besiktas in prestito oneroso con diritto di riscatto – 12 milioni di euro, non pochi – il classe 2005 turco ha portato con sé non solo la fama di enfant prodige in patria, ma anche di riflesso tante aspettative. Per le quattro presenze in nazionale maggiore già raccolte con Vincenzo Montella, per la fascia da capitano nell’Under 21 turca con sette gare e cinque gol all’attivo, per le ben 87 presenze con 16 gol in maglia Besiktas quando ancora non aveva compiuto vent’anni. L’esordio in Coppa Italia contro l’Entella aveva dato segnali incoraggianti, giocate tecniche di rilievo, un palo, il rigore calciato con cattiveria nella serie finale. Poi le parole di Pisacane a buttare acqua sul fuoco: “Servirà tempo, dobbiamo aspettare e dargli modo di ambientarsi, di alleggerire un po’ le aspettative”. Il talento c’è – “sarà un valore aggiunto” disse l’allenatore rossoblù dopo l’arrivo del ventenne di Istanbul – ma mancano ancora troppi tasselli perché possa trasformarsi in fatti sul campo. Sul calendario appeso al centro sportivo di Assemini, fin dall’ingresso di Kilicsoy, c’è una settimana segnata in rosso. Quella che porterà non alla prossima sfida contro l’Udinese di domenica 5 ottobre alle 12:30, ma quella che avvicinerà il Cagliari alla gara contro il Bologna alla Unipol Domus quattordici giorni dopo. La seconda pausa stagionale per le Nazionali, infatti, è fin da agosto l’obiettivo per vedere finalmente Kilicsoy se non al 100%, molto vicino all’esserlo. Tanto da essere “aggiunto” alla Primavera di Francesco Pisano per le prossime sfide dell’Under 20 rossoblù. Ambientamento culturale e linguistico, ma soprattutto un fisico dal motore – leggasi gambe – con cilindrata elevata, muscoli imponenti che hanno bisogno di tempo per entrare a regime. E la testa, la centralina del motore, che ha dimostrato anche contro il Frosinone di non essere ai massimi livelli, perché quando le gambe non girano a dovere anche il cervello fatica. Il governo Belotti è stato costretto alle dimissioni da un evento sfortunato, “ora tocca a noi” sono pronti a gridare le alternative. Luvumbo, Borrelli, per certi versi Gaetano, ma soprattutto Kilicsoy a capo della rivoluzione offensiva. Perché è vero che Pisacane è chiamato a trovare la quadra, ma lo è altrettanto che chi finora è rimasto ai margini dovrà rimboccarsi le maniche.
Matteo Zizola














