Due minuti al termine, il Cagliari è ancora fermo sullo 0-0 al San Nicola di Bari. La Serie A è lontana, il recupero ormai agli sgoccioli. A bordo campo, dopo un altro lancio dritto per dritto dalle retrovie, Claudio Ranieri chiede con veemenza ai rossoblù di far girare il pallone, arrivare sugli esterni e solo a quel punto provare a mettere in mezzo alla caccia di Lapadula, Prelec e Pavoletti. Un segno del destino, si dirà, o la forza di un tecnico esperto di capire quale possa essere la chiave per aprire il forziere Caprile.
Segni e segnali
Stacco, l’immagine passa dalla panchina al campo. Obert recupera palla, la gira a Makoumbou superando la tentazione del cross dai quaranta metri. Il centrocampista, seguendo le indicazioni di Ranieri, fa scorrere la sfera verso Deiola, arrivato a supporto dalle retrovie. Palla dal capitano a Zappa sulla corsia esterna, tunnel all’avversario diretto e cross a uscire di destro, perfetto per tempo e precisione. Pavoletti legge la giocata, prende il tempo al diretto marcatore e in spaccata, con il piatto sinistro, mette la sfera alle spalle di Caprile. Quasi retorica, si dirà, ma è in questa azione che il burattinaio Ranieri ha mosso i fili per portare le proprie marionette rossoblù a buttare il cuore oltre l’ostacolo e a segnare il gol che è valso la promozione in Serie A. Poco a che vedere con la sorte, con il destino, con la fortuna. Anche se quanto accaduto nei minuti precedenti un certo segno lo aveva lasciato, la speranza rimasta aperta, dettagli che lasciavano presagire l’impresa improvvisa. L’incrocio sul tiro a botta sicura di Folorunsho, la pioggia che improvvisamente diventava incessante sul San Nicola, il pubblico pronto a esplodere di gioia. E poi due dei più criticati negli ultimi mesi a cancellare la notte di Venezia, prima Zappa che improvvisamente si traveste da ala dal dribbling ficcante e dal cross perfetto e lui, Leonardo Pavoletti da Livorno, tanto avulso dal gioco durante tutti i playoff quanto assassino della finale che arriva al posto giusto, al momento giusto e che non lascia nemmeno il tempo per la reazione degli avversari.
Il ritorno del Re
C’è tanto del calcio in quanto visto al San Nicola di Bari. Emozioni, disperazione che si trasforma in entusiasmo da una parte e l’esatto contrario dall’altra. Lacrime di dolore e di gioia, obiettivo perso proprio sul traguardo e vittoria raggiunta la fotofinish. Il gioco degli opposti con un unico, vero, mattatore: Claudio Ranieri. L’uomo che in un famoso coro pare dicesse che i rossoblù sarebbero risorti, l’uomo che di fatto li ha fatti davvero risorgere. Proprio quando le reti bianche sembravano essere l’eterno destino beffardo che ritorna, quello di Venezia e – citando il presidente Tommaso Giulini – di “una cazzo di palla che non è voluta entrare in quella cazzo di porta”. Caprile travestito da Maenpaa, il San Nicola da Penzo, il Cagliari da se stesso. Poi però succede che se c’è qualcosa che può andar male andrà meglio, legge di Murphy ribaltata in pochi secondi e l’inferno che si trasforma in paradiso in una redenzione totale. No, la vittoria di Bari e dei playoff non cancella il terribile passato, ma sicuramente lo rende meno amaro. Guardarsi indietro non appare più necessario, il futuro unica strada e le lacrime di Ranieri a indicare la via. Dopo novantasette minuti di cuore e testa, di errori e correzioni, di cambi a volte azzeccati e altre meno. Sir Claudio simbolo, ma è il gruppo che ha fatto la differenza grazie proprio alla ricucitura di un allenatore che oltre che su gambe e tattica ha lavorato soprattutto sulla testa. L’esplosione di Dossena, la crescita mentale di un Obert oltre i suoi vent’anni, la capacità di rendere un giocatore compiuto, funzionale e dominante in Makoumbou, quella di far rinascere calciatori come Deiola e Zappa, quella di rispolverare dal cassetto dei ricordi il Pavoletti dei gol al novantesimo e oltre che valgono doppio. E ancora saper centellinare i giocatori giusti al momento giusto, la sorpresa Lella, il recupero di Viola, l’amuleto Barreca e così via.
Bari, ancora tu
Per il futuro c’è tempo, per la Serie A si inizierà a lavorare presto, ma solo dopo essersi goduti la resurrezione firmata Ranieri. Il baratro vissuto, coccolato, di fatto abbracciato a piene mani in tutto il 2022. Anno nuovo vita nuova, il ritorno del tecnico romano dopo oltre trant’anni in Sardegna, un mercato di gennaio che punta praticamente alla rivalutazione dell’esistente e alle capacità taumaturgiche del condottiero. La speranza che diventa disillusione, i tanti pareggi, i playoff da acciuffare, il quarto posto perso per un nulla. Il destino che ti riporta di fronte al Venezia nel turno preliminare, la traversa di Bonny che ti lascia aggrappato al sogno in semifinale. E poi il rigore di Antenucci a un soffio dal termine nell’andata della finale, un pareggio che surrealmente si rivela quasi salvifico, perché il Cagliari in Puglia va a giocare per dettare tempi e copione e non per difendere un vantaggio che è stato perso in un attimo. E siccome spesso i detti e i proverbi non nascono per caso, la fortuna aiuta gli audaci e i playoff 2023 hanno dimostrato che speculare non rende. Chi di attesa ferisce di attesa perisce, insomma. Il Bari come quel Sudtirol battuto dai pugliesi nel precedente atto, il Cagliari come il Bari che trova la rete utile per superare l’ostacolo. Spolverando, come Pavoletti nella sua tipica esultanza, uno scaffale che era rimasto sporco di ansia e brutti ricordi per un anno e oltre, precisamente per 385 giorni, quelli passati dal 22 maggio 2022 all’11 giugno 2023. Quelli passati dal Cagliari nel purgatorio della cadetteria, salutato per la seconda volta consecutiva dopo una sola stagione, ancora nel teatro del San Nicola come nel 2016.
Matteo Zizola