Atto primo, sipario. I primi novanta minuti andati in archivio, quelli della Unipol Domus che hanno sancito il pareggio 1-1 tra Cagliari e Bari. Piccolo spazio pubblicità da tre giorni, poi di nuovo in campo al San Nicola per il ritorno della finale playoff che dirà chi tra rossoblù e biancorossi raggiungerà il sogno Serie A. Il tempo per provare a riempire un bicchiere oltre il mezzo vuoto, Claudio Ranieri dovrà lavorare su testa e gambe per correggere errori e difficoltà di una gara che è andata surrealmente meglio di quanto il campo ha detto lungo il corso degli eventi.
Serata no
Un remake della sfida di campionato giocata al San Nicola, stesso punteggio, stessi marcatori, gol in apertura del vantaggio per il Cagliari e pareggio in recupero su rigore per il Bari. Si fermano qui però le similitudini tra le due partite, perché in mezzo è stato tutto fuorché un dominio sterile degli uomini di Mignani. Anzi, il punteggio sta stretto a Cheddira e compagni, sbattuti su un Radunovic in serata di grazia e fermati anche dalla loro stessa imprecisione. E non sono solo le similitudini a fermarsi a questi dettagli, anche gli aspetti positivi in casa rossoblù si limitano al mero punteggio. Un pareggio che per certi versi potrebbe apparire come una sconfitta – al ritorno il Bari avrà due risultati su tre e l’inferno del San Nicola come amico – ma che in fondo, a conti fatti, tiene aperto il doppio confronto nonostante la serata negativa dei ragazzi di Sir Claudio. Questione di testa e di gambe, venti minuti – quelli iniziali – che lasciavano presagire un incontro di tutt’altro tenore, poi il crollo collettivo che ha messo in mostra un Bari quadrato, superiore, quasi dominante nella sua semplicità. Il Cagliari è sembrato una somma di individualità che hanno provato a rialzare la testa, ma senza costrutto e senza essere collettivo. Distanze, precisione, freddezza nelle scelte, questi gli elementi mancati nella serata della Unipol Domus. E sostituiti da frenesia, testa bassa, errori. Non solo in campo. D’altronde anche chi appare infallibile può per una volta mancare, o meglio chi ha dimostrato di saper ribaltare situazioni sfavorevoli essere incapace di trovare la quadra di fronte alle avversità.
Dubbi
“Segnali positivi da questa gara? Non tanti”. Ranieri nel post partita ha certificato la serata difficile. A posteriori, ma non solo, sono state tante le criticità nelle scelte, partendo dai due centrali di difesa e arrivando ai cambi tutt’altro che efficaci. Quelli che erano stati veri e propri punti di forza durante i playoff – rotazioni, leader fuori nel momento topico, freschezza dei subentrati – sono diventati l’esatto contrario contro il Bari. L’assenza di Dossena si è fatta sentire oltre ogni previsione, nonostante proprio l’allenatore rossoblù nella conferenza dell’antivigilia l’avesse derubricata a “non pesante”. Il precedente di Perugia, quando l’ex Avellino mancò per squalifica, aveva fatto immaginare un diverso copione, ma il Bari si è dimostrato di tutt’altro tenore rispetto agli umbri di allora. Solo un grande Radunovic ha evitato che la continua serie di disattenzioni ed errori si tramutasse prima del novantesimo nel gol del pareggio. Che è arrivato dopo un’ingenuità di Altare, poco lucido nell’intervento dentro l’area che ha causato il secondo rigore ed esempio che racchiude il tutto. Stanchezza mentale e fisica che ha mostrato il proprio riflesso in scelte infelici ed errori marchiani. L’aver rinunciato a chi a Parma era apparso il più in palla, Obert, un decisione rivelatasi forse azzardata, pur se manca la classica controprova. Più dell’undici iniziale, però, sono le modifiche in corso d’opera ad aver sia sorpreso che deluso. L’infortunio di Mancosu ha stravolto i piani, un episodio nell’ordine delle cose che però ha prodotto un cambio inatteso. L’ingresso di Prelec, infatti, non solo non ha impresso la svolta sperata alla fase offensiva, ma ha alimentato ulteriori problemi se possibile. E così l’uscita di Nández e Lapadula, anche loro costretti da fatiche fisiche e non solo ad alzare bandiera bianca, togliendo due leader nel momento topico come avvenuto a Parma, ma con risultati opposti. Viola rimasto in panchina per gli oltre 100 minuti della gara un altro dubbio rimasto sospeso nell’aria, soprattutto pensando alla capacità di congelare le velleità avversarie dimostrata dal regista calabrese nella doppia sfida della semifinale.
Speranze
Tutto è bene quel che bene non è finito, una contraddizione apparente che però spiega l’umore dopo il pareggio della Unipol Domus. In fondo il risultato premia il Cagliari rispetto a quanto visto in campo, lasciando aperta la porta per raggiungere la Serie A nella bolgia del San Nicola. Un solo risultato utile, la vittoria, che mette i rossoblù di fronte a una realtà per certi versi non così negativa. Lapadula e compagni hanno infatti dimostrato più di una volta l’incapacità gestionale, mentre hanno dato il meglio quando chiamati a buttare il cuore oltre l’ostacolo. E sarà l’unica via per spegnere le fiamme dello stadio pugliese, oltre 55mila i tifosi attesi per spingere il Bari verso la promozione. Partire da sfavoriti un’altra chiave che potrebbe togliere scorie mentali al Cagliari, arrivato al primo atto dell’opera finale stanco sia di testa che di gambe. Senza dimenticare un altro alibi della serata terminata in pareggio, quello del giorno in meno di recupero dalla semifinale rispetto ai pugliesi da aggiungere al turno preliminare in più disputato rispetto agli avversari. Tutti dettagli che sommati devono giocoforza dare una spinta di positività in vista del secondo atto, quello decisivo. Per far sì che una volta calato definitivamente il sipario non ci siano né rimorsi né rimpianti e che ciò che sembra apparecchiato dagli eventi per un Bari pronto a festeggiare di fronte al proprio pubblico diventi una festa rovinata per Cheddira e soci.
Matteo Zizola