Quello che soltanto un anno fa era il reparto più forte e fornito in casa rossoblù è diventato oggi la nota dolente, tra infortuni e rendimento.
Il centrocampo più forte della Serie A, tolte le big. In tanti la stagione scorsa definivano così il reparto nevralgico del Cagliari di Giulini, capace di portare nell’Isola in un’unica sessione di mercato elementi come Nahitan Nandez, Marko Rog e, soprattutto, Radja Nainggolan. E, andando a rivedere le prestazioni dei rossoblù allora allenati da Rolando Maran, era difficile dire il contrario: chiedere alle formazioni avversarie cadute alla Sardegna Arena, grazie soprattutto alla diga a metà campo capace di recuperare il pallone e riproporre subito l’azione, arrivando in breve in area avversaria. Poi, come ben noto, il giocattolo si ruppe e da allora il Cagliari non è riuscito a risollevarsi pienamente. E le scorie di quel crollo, soprattutto a livello mentale, si possono ritrovare ancora nel rendimento attuale.
La rivoluzione non ha pagato
Va detto che il centrocampo in dodici mesi è stato praticamente rivoluzionato: sono rimasti i soli Nandez e Rog, ma il croato ha dovuto alzare bandiera bianca prima di Natale per la rottura del crociato all’Olimpico contro la Roma, ennesimo episodio sfortunato in un 2020 da incubo per i rossoblù. È tornato Radja Nainggolan, con tre mesi di ritardo e con soli 45′ giocati alle dipendenze di Antonio Conte, tutt’altro che propenso a valorizzare un giocatore che da tempo aveva deciso di staccare la spina della sua esperienza in maglia Inter. La società ha giubilato Cigarini e Ionita, inserendo in estate il buon Raz Marin e in inverno i ghanesi Duncan e Asamoah, oltre al ritorno di Deiola. Nessun play come chiesto da Di Francesco, che non a caso nel post partita di Lazio-Cagliari si è tolto un sassolino dalla scarpa a riguardo (“Sono usciti dei centrocampisti dal mercato e sono entrati dei difensori. Ho anche dovuto per esigenze tattiche mettere un 3-4-2-1 ma volevo essere meno basso in alcune situazioni”). Ed è evidente come la percezione del centrocampo rossoblù sia mutata diametralmente in soli dodici mesi: da fiore all’occhiello, per composizione e complementarietà dei protagonisti, ad anello debole della squadra soprattutto dal punto di vista numerico. Considerando anche Asamoah, all’Olimpico DiFra ha potuto contare soltanto su 4 centrocampisti, ovviamente tutti inseriti tra i titolari.
Se si rialza Nainggolan, si rialza il Cagliari
Il risultato della campagna invernale di mercato lo si è visto nell’immediato e, soprattutto, lo ha sottolineato il tecnico con la frase citata poc’anzi: zero ricambi in panchina, dovuti anche alla fretta (o necessità, che dir si voglia) di inserire subito i nuovi arrivi che ha portato a problemi di natura muscolare. In quella che sembra una delle stagioni più confuse degli ultimi anni di storia rossoblù, salta poi all’occhio anche la questione Nainggolan. Il belga non è ancora riuscito a incidere pesantemente nei destini del Cagliari, a differenza di quanto visto nell’annata scorsa: troppo pochi i 45′ giocati con l’Inter da settembre a fine dicembre e anche per un top player come il Ninja è necessaria la rincorsa alla migliore condizione, partita dopo partita e allenamento dopo allenamento. Anche da una sua riscossa passa quella del Cagliari, che si appiglia alle sue doti anche per tappare la falla in cabina di regia, o almeno secondo i dettami della proprietà, dato che DiFra preferisce sfruttarne le caratteristiche offensive avvicinandolo a Joao Pedro. Bando alle ciance, però: contro lo spauracchio chiamato Atalanta servirà una prova di livello assoluto di tutta la squadra, ma gli occhi saranno puntati ovviamente su centrocampo e attacco, reparti in crisi ma bisognosi di rivincita. E quale migliore occasione di fare lo scalpo a Gasperini per far risorgere una stagione fin qui avara di gioie?
Francesco Aresu