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Hatzidiakos, Wieteska e Dossena durante Cagliari-Udinese | Foto Luigi Canu

Cagliari, coppia che scoppia: Hatzidiakos-Wieteska e un’altra occasione persa

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Scelte o necessità? Dare un’altra occasione o essere costretti dagli eventi avversi? Quando è stata resa nota la formazione iniziale pronta ad affrontare il Genoa, in tanti hanno storto il naso. Con la memoria che, però, rimandava alla trasferta contro l’Inter, a dinamiche per certi versi simili e a un risultato che diede ragione a Claudio Ranieri. Poi è arrivata la sconfitta per 3-0 in Liguria e il Cagliari si è trovato di fronte alla classica domanda: turnover in vista del Lecce, con la partita contro gli uomini di Gilardino semplice passaggio dall’importanza relativa? Oppure semplice coincidenza?

Calcoli

La risposta è complessa. Perché da un lato alcune assenze forzate hanno imposto all’allenatore rossoblù di dare un’altra chance a elementi dal poco minutaggio. Dall’altro, però, i numerosi cambi nell’undici iniziale hanno tolto le poche certezze acquisite nell’ultimo periodo. Mettendo in difficoltà proprio chi aveva dato segnali confortanti nel rilancio di San Siro e che a Genova ha fatto un deciso passo indietro. Dossena, Viola e Luvumbo fuori senza se e senza ma, con loro Jankto e i lungodegenti Mancosu e Pavoletti. A questi si sono aggiunti Nández, entrato soltanto a inizio ripresa e debilitato dall’influenza – parole di Ranieri – ma anche Makoumbou e Sulemana, per citare chi da titolare era sceso in campo nelle precedenti uscite. E soprattutto Mina, con il difensore colombiano leader indiscusso del reparto arretrato e di tutto il gruppo per personalità e mentalità. L’ex Fiorentina, lui sì, è stato preservato in vista della sfida contro il Lecce. Perché il dubbio su Dossena e sul recupero del centrale bergamasco per la gara contro i salentini dovrebbe aver portato Ranieri a non rischiare la doppia defezione per lo scontro salvezza. Come accaduto proprio a San Siro, quando la diffida dell’ex Avellino aveva fatto sì che Sir Claudio tenesse fuori proprio il bergamasco. Già, perché Mina convive fin dal suo approdo in Sardegna con un fastidio al polpaccio che lo tiene costantemente sulla corda. E perché il colombiano è decisivo, come confermato dalla gara di Genova, per le sorti della squadra e non solo della difesa. Così come tra gli altri Dossena è senza dubbio il più affidabile e dunque una doppia defezione – più contro il Lecce che al Ferraris – sarebbe un’opzione fin troppo rischiosa. Condivisibile o meno, quella dell’allenatore rossoblù è una scelta legittima, seppur il passato del Cagliari insegna che scegliere le partite per cercare i tre punti – quasi rinunciando al presente – non è quasi mai stata una decisione fortunata.

No Mina no party

Difesa a tre inedita, dunque. E il Genoa che travolge i rossoblù di Ranieri mettendo sulla propria strada la partita fin dalla prima mezz’ora. Se a San Siro Hatzidiakos e Obert non avevano demeritato, tutt’altro, in Liguria sono stati protagonisti di una prova negativa. La differenza, manco a dirlo, è che contro l’Inter a dirigere l’orchestra difensiva c’era Mina, mentre al Ferraris il compito da centrale nella linea a tre è stato affidato a Wieteska. Mettendo in difficoltà non solo il polacco – comunque il meno deficitario – ma anche se non soprattutto i suoi compagni di reparto. E riportando a galla il dubbio che ha aleggiato per tutta la stagione sulla metaforica testa del club di Sa Ruina: quello di due acquisti sì dal profilo internazionale, ma fondamentalmente non (ancora) adatti alla Serie A. L’arrivo di Mina a gennaio ha confermato gli interrogativi, perché è bastato un elemento di carisma e garra per ribaltare le prestazioni di tutta la difesa. Anche di chi, fino a quel momento, sembrava destinato all’etichetta di meteora, con un investimento totale da sette milioni – due per Hatzidiakos, cinque per Wieteska – diventato giocoforza azzardato. Eppure il greco aveva dato segnali positivi nelle ultime due uscite prima della trasferta di Genova: sia a San Siro che contro la Juventus l’ex AZ Alkmaar non solo non aveva demeritato, ma aveva messo in mostra lucidità senza la classica disattenzione che ne aveva segnato le precedenti partite. E così Wieteska che negli spezzoni finali del trittico terribile contro nerazzurri, bianconeri e Atalanta non aveva fatto mancare il suo apporto. Idem a Monza, così anche nei finali contro Empoli e Salernitana.

Da singoli a coppia

C’è un dato su tutti che potrebbe spiegare i problemi di Hatzdiakos e Wieteska. Oltre a quelli di ambientamento, dunque linguistici e di stile di calcio che, però, dopo otto mesi in Sardegna non possono più essere un alibi. Parafrasando una celebre battuta di Corrado Guzzanti, il greco può essere affidabile, il polacco idem, purché i due fenomeni non si presentino contemporaneamente. Basta guardare lo score del Cagliari con entrambi in campo per avere conferme. Cinquecentoquarantanove i minuti condivisi sul terreno di gioco, divisi su otto differenti partite, sei in Serie A e due in Coppa Italia. Tolto il pareggio in campionato e la vittoria in coppa contro l’Udinese, la contemporanea presenza di Wieteska e Hatzidiakos non ha dato i risultati sperati: diciannove le reti subite nelle sei sconfitte, dalle sette contro il Milan tra Serie A e Coppa Italia alle quattro casalinghe contro la Roma, passando per le tre di Firenze, le due contro il Torino alla Unipol Domus e, infine, le tre di Genova nell’ultimo turno. Una carneficina sportiva che ha fatto crescere i dubbi sulla compatibilità dei due stranieri più che sul loro valore come singoli. Forse mandati troppo presto allo sbaraglio contemporaneamente in un inizio di campionato dal calendario terribile, fino all’arrivo di Mina che ha fatto crescere loro e non soltanto loro, arrivando al 3-0 contro il Genoa a riproporre il dramma di una coabitazione che non funziona. Un’occasione persa, dunque, più come duo che come individualità, anche perché non possono essere casuali le prestazioni di Hatzidiakos contro Inter e Juventus, così come quelle di Wieteska quando chiamato in causa vicino a Mina. Insomma, buttare bambino e acqua sporca potrebbe essere eccessivo, etichettarli come meteore – o peggio, bidoni – dopo una sola stagione potrebbe esserlo altrettanto. Ma, nel futuro, sarà importante metterli nelle condizioni di crescere, magari evitando la presenza contemporanea che il recente passato ha dimostrato non essere la chiave per il salto di qualità. Ranieri crede in loro, ma non può bastare solo la stima del tecnico.

Matteo Zizola

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