Un film senza un regista dietro la macchina da presa o un’orchestra senza direttore a comandarla sono entrambe missioni difficili se non impossibili. Una squadra senza un play, al contrario, può cercare una quadra diversa oppure qualcuno che vesta nuovi panni e provi a compensare l’assenza di una guida in mezzo al campo. Il Cagliari che esce dal mercato di gennaio resta senza quel giocatore al quale affidare le chiavi del gioco, Ranieri dovrà così scegliere una delle due possibili strade: gioco senza regista o adattare uno dei centrocampisti affidandogli il compito.
Duttilità e adattamento
“Il mio discorso era di trovare un giocatore che potesse darci una mano a centrocampo. Ho diversi mezzali più che registi, chi abbiamo cercato non è voluto venire e va bene così”, queste le parole di Ranieri nella conferenza all’antivigilia della trasferta di Modena. Una conferma non solo dei tentativi sul mercato, ma soprattutto di una mancanza all’interno della rosa che si trascina da ben prima di questa stagione. Tanti interni – Nández, Rog, Kourfalidis, Lella, Mancosu – e solo tre giocatori spendibili alla voce play: uno specialista come Nicolas Viola, ma fermato dagli infortuni e da una condizione mai ottimale, un mediano più d’interdizione come Deiola, ma fermo fino a marzo, e un “wannabe” come Antoine Makoumbou, che regista non è ma che nella testa di Ranieri è stato a oggi quello più adattabile al ruolo. “Credo che tecnicamente sia molto valido, lui è più una mezzala a tutto campo, però ora devo fare di necessità virtù e metterlo in mezzo“, le parole del tecnico romano prima della sfida contro il Cittadella in merito al classe ’98 nativo di Parigi. Ma non solo, perché prima della gara contro la Spal, Ranieri ha voluto sottolineare come “lui può fare il play, è intelligente e sa recuperare, ma deve iniziare a giocare a due tocchi. In questo momento è la soluzione migliore, poi vedremo” le parole dell’allenatore rossoblù. E quel poi vedremo è rimasto a mezz’aria, tra un Viola assente – e chissà quanto centrale nel progetto di Sir Claudio – e il mercato che non ha portato un nuovo tassello che prendesse le redini della mediana.
Pro e contro
Il compito di Ranieri, nonché una delle tante sfide da qui a fine stagione, sarà quello di modellare Makoumbou. Il compito del regista è nelle corde del nazionale congolese, ma per ora allo stato embrionale. La tecnica non manca, tutt’altro, e così la tranquillità nelle situazioni complicate. Pressato o meno, l’ex Maribor ha dimostrato nei suoi primi mesi in Sardegna una calma olimpica in fase di possesso, una delle sue forze ma anche uno dei suoi limiti. Il vero punto dolente di Makoumbou, infatti, è quello di piacersi un po’ troppo, un’eleganza spesso fine a se stessa e non funzionale alla velocità del gioco. Fisicamente longilineo ma prestante, difficilmente perde palla e anzi, è anche importante nella fase di non possesso come filtro davanti alla difesa. Restano però dei difetti correggibili, perché la base di partenza è quella di un giocatore che ha le caratteristiche per poter diventare un regista di tutto rispetto. Il salto di qualità deve passare da due dettagli, uno di natura mentale e l’altro di natura tattica. Nel primo caso la capacità di prendersi le responsabilità, evitare la soluzione semplice sempre e comunque – passaggio all’indietro oppure orizzontale, sempre sul corto e quasi mai sul lungo – e cercare anche quella conclusione da fuori che sembra evitare per filosofia più che per mancanze tecniche. C’è poi il cambio di rotta di natura tattica, probabilmente quello più complicato. Makoumbou non ha paura di proporsi ai compagni, cerca spesso e volentieri di essere un’opzione di scarico e di essere il primo dal quale far partire il gioco. Al contrario di Deiola, che con Liverani ha giocato davanti alla difesa in più occasioni, l’ex Maribor non si nasconde mai, si fa trovare nella linea di passaggio scoperta dando soluzioni costanti a difensori e colleghi di centrocampo oltre ad accettare i duelli uno contro uno senza problemi. Ciò che gli manca è la visione periferica, un giocatore che più che a 360 gradi resta fermo ai 180. Basta osservarlo quando si libera per lo scarico in mezzo al campo, sguardo rivolto verso il pallone da ricevere ma mai pronto a guardare ciò che accade nelle altre porzioni del terreno di gioco. Da questo aspetto nascono i troppi tocchi, la perdita di uno se non due tempi di gioco, la soluzione corta all’indietro sia in orizzontale che di scarico al compagno che lo ha servito. Perché Makoumbou difficilmente decide la fase successiva alla ricezione della sfera prima ancora di riceverla, vera nota dolente della sua mentalità da regista che regista non è. E così, una volta stoppato il pallone, al congolese servono sempre quei secondi di troppo per capire come e dove distribuirlo, con l’impressione che voglia strafare quando al contrario è costretto da se stesso a un pensiero ulteriore. Ranieri dovrà lavorare soprattutto su questo dettaglio per rendere il classe ’98 parigino un play come si deve. La base c’è, lo ha ammesso lo stesso allenatore rossoblù, ma per lo step successivo serve un click mentale e una cura dei particolari non da poco. E, nel frattempo, fare di necessità virtù, sperando che Makoumbou impari l’arte del regista senza metterla da parte, ma mostrandola in campo partita dopo partita.
Matteo Zizola