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Gianluca Festa durante una sessione di allenamento del Lamia | Foto Lamia FC / Studio Simopoulos

Cagliari-Brescia, Festa: “Per Cellino parlano i fatti. Giulini, errori in buona fede”

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La sfida tra Cagliari e Brescia del prossimo 15 ottobre rappresenta un nuovo punto d’incontro tra passato e presente rossoblù. Tra un’era lunga ventidue anni targata Cellino e quella del presidente Giulini, ma anche tra due squadre che cercheranno ancora una volta di centrare l’obiettivo principale: il raggiungimento della Serie A. Gianluca Festa, prima da giocatore e poi da allenatore, ha conosciuto i diversi volti del Cagliari e degli uomini che lo hanno guidato. Con il tecnico del Lamia, squadra del massimo campionato greco, abbiamo parlato delle diverse ere rossoblù e del momento della squadra di Fabio Liverani.

Sabato si gioca Cagliari-Brescia una partita che mette di fronte in un certo senso il passato e il presente della società rossoblù. Che partita sarà secondo lei?

Sarà una partita difficile. Il Brescia ha iniziato bene, poi ha avuto quella brutta sconfitta con il Bari per 6-2 che l’ha un po’ fermata. Quella bresciana è un’ottima squadra, ma il Cagliari è competitivo. Deve trovare fiducia e continuità di risultati. Sarà una gara molto di testa, i rossoblù dovranno essere consci dei propri mezzi per trovare la vittoria”.

Lei ha conosciuto entrambe le due ultime presidenze del Cagliari, da giocatore ma soprattutto da allenatore. Quali sono le principali differenze che ha riscontrato tra i due presidenti, sia come modo di intendere il calcio e il Cagliari ma anche a livello umano?

Questa è una domanda difficile (ride, ndr). Insomma, i risultati parlano chiaro per Cellino. È stato ventidue anni al Cagliari, la maggior parte dei quali in Serie A. È stata una gestione buona penso anche dal punto di vista economico. Poi è chiaro che errori se ne facciano e se ne sono fatti, dal punto di vista umano però non voglio dire nulla perché preferisco tenerlo per me, vale per entrambi. Conosco più Cellino di Giulini però penso che tutt’e due hanno voluto e vogliano il bene del Cagliari. Anche Giulini. Il Cagliari è la sua società dove investe tanti soldi. Chiaramente sono stati fatti degli errori, in buona fede perché chi ci perde è soprattutto lui dal punto di vista dell’immagine e finanziario perché gli sbagli in Serie A o B che sia si pagano con le proprie tasche. Secondo me, soprattutto nella gestione del presidente Giulini, sono state prese scelte al momento sbagliato, qualche allenatore non giusto o alcuni esoneri troppo tardivi. Ha comunque investito tanto nell’organizzazione, nelle infrastrutture e nella struttura della società però i risultati stentano ad arrivare e oggi il Cagliari è in Serie B. Negli ultimi due anni specialmente sono stati fatti troppi errori di valutazione”.

Proprio il presidente Giulini la chiamò per guidare il Cagliari alla sua prima stagione da presidente per provare a chiudere la stagione diversamente da come era iniziata. Non riusciste a raggiungere l’obiettivo della salvezza ma la squadra fece bene. Si aspettava di essere riconfermato l’anno successivo?

Avevamo fatto molto bene. Ringrazierò per sempre il presidente Giulini per avermi dato l’opportunità di allenare il Cagliari perché mi sono seduto sulla panchina della mia squadra del cuore. Lui mi chiese di chiudere con dignità il campionato e lo facemmo ampiamente, anche se non riuscimmo a raggiungere la salvezza per un punto. C’era la speranza comunque di essere riconfermato, ma va bene così. La società poi aveva scelto un allenatore che ha riportato subito il club in Serie A quindi la scelta si è rivelata positiva. Avrei voluto avere la possibilità di condurre quella squadra in Serie B, sicuramente, però non ho nessun tipo di rimpianto”.

Il Cagliari arriva oggi da un’altra retrocessione in Serie B nell’era Giulini. Ha cambiato tanto per poi ripartire comunque con importanti ambizioni ma la partenza non è stata delle migliori. Cosa non sta funzionando secondo lei in questa prima parte di campionato?

Non ho avuto tanto tempo per vedere la squadra purtroppo ma mi sento di dire che la fase difensiva deve essere sicuramente migliorata. Passa tutto però principalmente dalla questione mentale, dal credere di poter fare i risultati. Poi la squadra va sostenuta. Se si pensava che il Cagliari potesse andare in Serie B e stravincere il campionato è stata fatta una valutazione molto sbagliata. Il campionato è complesso, le squadre sono di livello e bisogna avere soprattutto continuità di risultati. Probabilmente però a gennaio bisognerà intervenire per trovare qualcuno da aggiungere nelle retrovie che possa aiutare. La rosa comunque è di ottimo livello, il gruppo deve però calarsi definitivamente nella mentalità e nel clima della Serie B”.

Lei quando tornò a Cagliari nel 2003-2004 fu tra i protagonisti della promozione conquistata con Edy Reja in panchina. Quale fu il segreto di quel gruppo al di là della qualità della rosa? 

Se si leggono i nomi di quella squadra si capisce quale fosse il segreto. Giocatori di grandissima esperienza. Reja quando è arrivato è stato intelligente perché ha capito la situazione e ha dato molto spazio alla gestione portata avanti da noi più anziani. C’era Zola, c’ero io, c’era Suazo, Esposito, Langella: insomma, una squadra che poteva andar da sola. Era una squadra già di Serie A, ma c’era anche una grandissima coesione di gruppo. Quando è arrivato Reja siamo riusciti a trovare gli equilibri giusti. Poi è stata importante la continuità dei risultati, anche il punticino certe volte era importante per dare morale. È chiaro che vincere è meglio ma a volte anche il pareggio ti può dare tranquillità. Ripeto, bisogna credere nel lavoro che si fa ed è necessario dare fiducia all’allenatore fin quando i giocatori lo seguono. Da questo punto di vista mi sento di dire che non si può attaccare l’allenatore dopo ogni risultato. In generale, un presidente deve decidere di separarsi da un tecnico solo quando capisce che il gruppo non lo segue. Se i risultati non vengono ma la squadra è convinta di quanto si fa, anche perché a volte sono il caso o gli episodi a decidere una partita, bisogna lasciare spazio e tempo all’allenatore per lavorare. Se poi la squadra non riesce a dare il meglio, perché tirare fuori il meglio dai propri calciatori è il ruolo principale dell’allenatore, bisogna far qualcosa”.

Le faccio un’ultima domanda proprio riguardo la sua carriera di allenatore. Ha raggiunto con tanti sforzi la salvezza con il Lamia in Grecia dopo la separazione con l’Apollon. Alla fine è stato anche confermato sulla panchina: siete partiti bene, questo weekend però vi aspetta il match con il Panathinaikos capolista. Quali sono gli obiettivi?

Stiamo facendo bene, abbiamo perso la prima partita in casa 0-3 con l’AEK Atene ma avevamo 7 giocatori titolari fuori per Covid. Eppure nella partita abbiamo pure sbagliato un rigore e fatto una buona prova. Fino ad ora ci manca qualche punto, perché purtroppo ci manca anche qualche gol, ma la squadra è coesa. Ho potuto cominciare sin dalla preparazione a lavorare con la squadra quindi cambiano tutte le cose, riesci a dare un’impronta. Quando arrivi in corsa in un posto dove ci sono macerie impieghi del tempo per ripulire il tutto e cercare di ottenere il massimo. Oggi però sono contento perché abbiamo un gioco e un’identità. Ora ci aspetta il Panathinaikos, la squadra più forte in questo momento che arriva da sette vittorie di fila, ma noi cercheremo di far punti. Questo è il nostro obiettivo e la nostra speranza”.

Matteo Cardia

 

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