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Cagliari, Bianchi: “A Venezia sfida complessa, Ranieri può centrare la A”

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Nuovo appuntamento nella nuova stagione per la rubrica di Centotrentuno “Quel giorno io c’ero”: una serie di interviste a personaggi e protagonisti dello sport sardo, con un excursus che parte da un evento del passato per poi arrivare a chiacchierare di presente e futuro.


Venezia-Cagliari non è più ormai una partita come le altre. Sono tanti i ricordi delle sfide tra i Lagunari e i rossoblù: il più amaro è quello della scorsa stagione, con la retrocessione in Serie B decisa dallo 0-0 del Penzo all’ultima giornata di campionato. Proprio in serie cadetta è però arrivata l’ultima vittoria degli isolani sul campo dei veneti, datata 10 marzo 2004, anno della promozione in Serie A del Cagliari di Zola. A mettere il sigillo su quella gara che poi terminò 1-2 fu un promettente giovane attaccante arrivato pochi mesi prima dall’Atalanta, Rolando Bianchi. L’esperienza in Sardegna fu la prima lontano da casa, ma anche l’inizio di una carriera importante che ha visto la punta classe ‘83 essere protagonista sui campi della massima serie e non solo. Abbiamo parlato con Bianchi della sfida di sabato 24 febbraio partendo da quel gol siglato al minuto 88 di ormai quasi diciannove anni fa.

Rolando Bianchi, partiamo da un ricordo. È il 10 aprile 2004, lei entra in campo nel secondo tempo con il Cagliari già in vantaggio ma che ancora non era riuscito a chiudere la gara. Poi arriva il cross giusto di Zola e lei di testa mette dentro il 2-0 che di fatto chiude la gara, nonostante il gol del Venezia nel finale. Che ricordi ha di quel momento?

Ho un bellissimo ricordo di quel momento. Era stata una partita molto dura. Essere riuscito a chiuderla con un mio colpo di testa su quella palla bellissima di Gianfranco era stato veramente bello. Poi quello stadio per me è diverso dagli altri, con una storia particolare. Il più delle volte che ci sono andato a giocare ho trovato il gol”.

Quello era l’anno del ritorno in Serie A del Cagliari. Che ricordi ha di quella stagione in cui la promozione non fu qualcosa di scontato ma di guadagnato partita dopo partita?

“Fu una stagione eccezionale. Arrivai a gennaio quando la squadra era momentaneamente fuori dai playoff. Dai primi allenamenti avevo pensato tra me e me che fosse impossibile che una squadra così si trovasse lontana dalle zone alte di classifica. È vero che la Serie B di allora era tutt’altro campionato rispetto a quello di oggi, c’erano squadre con giocatori di primissimo ordine ed era tutto più complesso. Con noi c’era Zola, ma c’era anche la Fiorentina con Santana, il Palermo con Toni, tutte squadre davvero competitive. Noi però facemmo un girone di ritorno straordinario. Mi ricordo la prima partita che andai in panchina vincemmo contro il Catania e da lì iniziò una cavalcata trionfale fino a raggiungere una promozione meritata. La squadra però obiettivamente aveva dei valori che potevano portare solo a pensare di vincere il campionato”.

Quella di Cagliari è stata la sua prima esperienza realmente lontana da casa. Quanto sono stati importanti quegli anni in Sardegna per la sua carriera?

È stata un’esperienza straordinaria. Ho un bellissimo rapporto con alcuni compagni che mi avevano fatto da chioccia. Io ero un giovane che veniva dall’Atalanta, arrivato a Cagliari però non giocavo tanto quindi avevo tanta voglia di dire la mia in campo. Poi alcune volte giocavo fuori ruolo senza poter sfruttare le mie caratteristiche. Quindi mi sono dovuto anche adattare, perché dovevo provare a fare quello che faceva Zola ma avevo proprietà completamente differenti da lui. Io però ci ho provato, ho fatto il massimo che potevo fare. Ed è stata un’esperienza che mi è servita a crescere e a maturare, che mi ha formato come uomo. Dico sempre che Cagliari è stata un punto di partenza importante per la crescita umana e calcistica. Ho poi dei bellissimi ricordi. Alloggiavo a casa di Gianfranco Matteoli, che mi ha trattato come un figlio e che mi ha permesso anche di fare degli errori. Ero giovane e alla prima esperienza fuori casa c’erano degli aspetti che erano da gestire. Lui e la sua famiglia sono stati gentilissimi e importanti per la mia maturazione”.

Tornando all’attualità, sabato appunto si gioca Venezia-Cagliari. I rossoblù cercano punti pesanti fuori casa: che partita sarà secondo lei?

Sarà una sfida difficile perché il Venezia ha qualità. Sta facendo secondo me un campionato al di sotto delle aspettative, ho visto giocare la squadra più volte e devo dire che ora stanno riuscendo a raccogliere i frutti del lavoro di Vanoli. Per questo penso che per gli isolani non sarà una partita semplice. Però devo dire la verità io sono un simpatizzante di Ranieri, perché per me lo stile che ha come uomo e come allenatore sono unici. Così come le idee di calcio che ha, la passione e la grinta che trasmette ai ragazzi può essere un valore aggiunto per fare un buon risultato a Venezia”.

Il ritorno di Ranieri ha ridato entusiasmo alla piazza. Cosa ci vuole in più secondo lei per diventare definitivamente quella squadra che tutti si aspettavano a inizio stagione?

A volte è meglio avere basse aspettative, perché ti consente di vedere positivamente tutto ciò che fai in più. Dall’altra parte invece magari se pensi di vincere facilmente il campionato poi alle prime difficoltà rischia di esserci quell’alone di negatività che non aiuta la squadra a raggiungere i risultati. Poi la qualità della rosa del Cagliari è ottima, con un allenatore come Ranieri si potrà sicuramente arrivare ai playoff, la promozione diretta la vedo difficile. Il Frosinone è davanti a tutti con un buon vantaggio, il Genoa è una squadra tosta poi c’è la Reggina che ha avuto qualche battuta d’arresto ma è sempre lì. Di conseguenza dico che ai playoff il Cagliari può dire la sua: quella finale è una fase in cui a far la differenza sono la qualità della rosa, perché puoi così far girare i giocatori, e i singoli, giocatori che hanno già vissuto determinate situazioni possono farti vincere le partite”.

Da ex attaccante di razza come valuta l’attacco del Cagliari? E chi invece in Serie B l’ha impressionata di più in quello che è stato il suo ruolo?

L’attacco del Cagliari è ottimo. Pavoletti è un giocatore che ha avuto sì qualche infortunio, ma la sua fisicità in Serie B lo rende un attaccante ancora più importante. Lapadula è un altro ottimo giocatore e che soprattutto può far male a ogni avversario. L’attaccante invece che mi ha impressionato di più nell’intera Serie B è Mirko Antenucci del Bari. Gioca o non gioca è sempre determinante, è un attaccante di valore, ho avuto anche la fortuna di giocare con lui, e ha delle qualità non indifferenti. Ma a piacermi di più è il fatto che nonostante non parta sempre titolare in qualche modo diventa un valore aggiunto che dà qualità alla squadra e può risultare spesso determinante”.

Un’ultima domanda invece su quella che è diventato il suo lavoro. Dal 2021 è tornato all’Atalanta in veste di collaboratore tecnico nel settore giovanile degli orobici. Com’è stato tornare dove aveva mosso i suoi primi passi da giocatore in una nuova veste?

Mi sento molto fortunato. Sono cresciuto nel settore giovanile dell’Atalanta, ho fatto esperienze in giro per il mondo, sono rientrato e ora ho la possibilità di trasmettere quello che ho vissuto mantenendo però i valori che l’Atalanta dà ai propri giocatori: il rispetto delle regole, la disciplina ma soprattutto il non mollare mai che è proprio del carattere dei bergamaschi. Questo è per me un vantaggio e, ripeto, sono molto fortunato perché ho la possibilità di lavorare in strutture all’avanguardia e di poter fare quello che mi piace tanto, ovvero trasmettere ai ragazzi quella che è stata la mia più grande passione”.

Matteo Cardia

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