Basta poco per cambiare il corso degli eventi, una posizione leggermente diversa, un ruolo meno centrale ma più efficace, un avversario che ti dà fiducia. Razvan Marin è sicuramente l’uomo di punta tra i nuovi acquisti del Cagliari, almeno guardando al prezzo pagato per assicurarsi il classe ’96 romeno dell’Ajax. Dodici milioni tra prestito e obbligo di riscatto, un esborso che ha di fatto inciso sui primi giudizi e che lo ha messo in competizione con il mancato ritorno di Radja Nainggolan, nonostante i termini dei due affari fossero completamente differenti dal punto di vista finanziario.
Presente e futuro – Marin d’altronde ha davanti a sé un futuro che il Ninja non ha per una mera questione anagrafica. Investire 12 milioni in un calciatore di 24 anni, quindi di prospettiva, e fare altrettanto per uno di 32 non ha lo stesso impatto a prescindere dalla differente utilità nel presente di uno e dell’altro. Nel caso di Marin lo sguardo è rivolto all’oggi ma anche al domani, mentre per Nainggolan si sarebbe trattato di una spesa a fondo perduto. Giudicare il romeno sulla base del cartellino del prezzo che lo accompagna diventa ingeneroso, anche perché il tempo e il campo diranno se l’investimento sarà valso la candela.
Falsa partenza – Le prime impressioni dopo gli esordi di Marin non sono state delle migliori, pur con tutti gli alibi da considerare. Di Francesco ha visto in lui il perno centrale del centrocampo a tre, compiti di filtro e di regia, pulizia e rottura. Mediano basso con al suo fianco i due scudieri a protezione, un raggio d’azione limitato e poca licenza di offendere. Eppure le caratteristiche di Marin parlano di un regista atipico a cui piace proporsi nella metà campo avversaria, combinare orizzontalità – poca – a verticalità – tanta – e che non ha nella fase difensiva la sua dote principale. Marin ha in sostanza bisogno di spazio in cui agire, restare chiuso in una porzione di campo limitata e tirarne il freno alla voglia di avanzare può essere controproducente.
Un cambio promettente – Il Cagliari va a Torino alla ricerca della prima vittoria stagionale, Marin viene confermato nell’undici titolare ma in una nuova veste. Sempre regista, ma non più vertice basso del triangolo di centrocampo, bensì in coppia davanti alla difesa con Marko Rog ad accompagnarlo. Una modifica che potrebbe apparire poca cosa, ma che per Marin cambia sostanzialmente il raggio d’azione. Non più filtro e pulizia della manovra, ma un playmaker di movimento che può svariare in verticale non appena si creano le condizioni per attaccare lo spazio. Arrivano così la prima conclusione in porta della sua esperienza italiana, il suo zampino sull’azione che porta al gol vittoria quando è lui a combinare con Nández sulla fascia in posizione avanzata e infine i primi sorrisi anche nei giudizi complessivi. Marin, caratterialmente, ha bisogno di fiducia e Di Francesco non sembra fargliela mancare. Non un leader, sembra dover crescere ancora a livello di personalità, pur se la gara di Torino ha dato una sentenza non di poco conto. Quando c’è da macinare campo e se non si mette il freno alla sua voglia di tuttocampismo Marin non si tira indietro, anzi. Con più di 11 chilometri e mezzo percorsi contro i Granata il romeno è stato il giocatore ad aver corso di più, anche meglio di Nahitan Nández. Sostanza senza apparire, insomma.
Non solo, ma mentre la squadra metteva a tabellino un 84% di precisione nei passaggi, Marin ha segnato un 93%. Trentanove i palloni giocati, ancora pochi per chi dovrebbe essere al centro del gioco, ma in proporzione tanti quelli indirizzati con successo in avanti, 18, che lo mettono dietro solo a Zappa pur avendone toccato la metà. I tre recuperi sono un’ulteriore indicazione di un giocatore che non fa del mediano di rottura la propria dote principale, pur non facendo mancare un minimo di apporto.
Nella prossima sfida contro il Crotone Marin troverà di fronte a sé Luca Cigarini, l’ex comandante della regia rossoblù in una sfida nella sfida che diventa l’occasione di sorpassare il passato e prendere in mano il centrocampo del Cagliari. L’obiettivo è quello di far dimenticare il professore, salire in cattedra e proseguire un percorso di crescita che a Torino ha lanciato segnali positivi.
Matteo Zizola