Ultimo Tango a Cagliari | Emozioni, ricordi, deliri in rossoblù a cura di Andrea Valentini.
Buon Natale!
Non c’ero il 12 aprile 1970.
Non ci sarei stato per molti anni a venire.
Il Cagliari vinceva il suo primo e unico Scudetto, e io me lo perdevo.
Certo, a volte mi sembra di aver vissuto quel pomeriggio, tanto ho consumato i filmati dell’epoca e i racconti dei protagonisti.
Ma non c’ero, mentre accadeva l’irripetibile.
Non ero a casa a farmi venire l’ansia, a contare i minuti che mancavano al calcio d’inizio di Cagliari-Bari.
Non ero all’Amsicora, a fare festa prima ancora della partita, perché tanto poteva finire in un solo modo.
Il Bari doveva salvarsi, e allora? Noi dobbiamo scrivere la storia ragazzi, ci spiace, fate strada.
Non c’ero perché mio padre aveva sei anni e mia madre tre, nel momento in cui Brugnera ha dipinto una punizione sulla testa di Gigi Riva, che si è tuffato a colpire di testa e ha fatto esplodere lo stadio.
Il classico urlo liberatorio: ecco perché siamo qui, allora vale la pena stare al mondo.
Non c’ero mentre si aspettava il triplice fischio del signor De Robbio.
Allora Bobo Gori, per ammazzare il tempo, si fumava Spimi e giustiziava Spalazzi, chiudendo la contesa e il campionato.
Campioni d’Italia.
Noi che per molti siamo diverso Paese.
Noi, apostrofati come banditi e pecorai, quando andava bene.
Noi che non eravamo ancora la più ambita meta balneare del Mediterraneo.
Figli di Amsicora, dell’Aga Khan, e di Gigi Riva da Leggiuno.
Noi, nati ben dopo quel miracolo, rispettati in quanto sardi e cagliaritani anche grazie a quegli undici eroi immortali.
Noi che conosciamo a memoria i loro nomi, e sappiamo recitarli in terzine meglio di una preghiera.
Albertosi, Martiradonna, Zignoli; Cera, Niccolai, Tomasini; Domenghini, Nenè, Gori; Greatti, Riva.
Così, dall’1 all’11. E che Undici!
Maglie di lanetta bianca, laccetti rossoblù al collo.
Scarpini neri, fisici definiti ma non ancora esperimenti di eugenetica.
Immagini sbiadite in bianco e nero, che ci hanno fatto innamorare della nostra Storia.
Voci di cronisti gracchianti quando competenti, che ci hanno insegnato i termini e le espressioni per parlare di questo gioco.
Non c’ero, ma avrei tanto voluto esserci.
È vero, è finito tutto troppo presto.
Ma poi, quello Scudetto, è mai davvero finito?
Credo di no, non cesserebbe di esistere nemmeno se mai ne vincessimo un secondo.
Così come non può morire chi ha vestito quella maglia, poiché i cavalieri dei poemi epici hanno compiuto gesta che risuonano in eterno.
Parlatemi di quel Cagliari, senza nostalgia.
Sorridete perché voi sì, c’eravate.
Oggi è il 12 aprile, e siamo tutti più buoni.
Buon Natale, cagliaritani.
Andrea Valentini