L’ex rossoblù è intervenuto in diretta nell’emittente radiofonica Radiolina: “Il Cagliari è una squadra che dal punto di vista offensivo ti offre degli spunti importanti. Di Francesco è molto bravo sotto questo punto di vista”.
A tutto Gianfranco Zola. L’ex giocatore e tecnico del Cagliari è intervenuto quest’oggi nel corso di una diretta presso l’emittente radiofonica Radiolina. Tantissimi i temi affrontati da Magic Box, a partire proprio dall’origine del suo storico soprannome: “Arriva probabilmente dai tifosi. In quel periodo li ha colpiti probabilmente il mio modo di giocare e hanno iniziato a chiamarmi così. In quegli anni gli stranieri sono cominciati ad arrivare in Premier. Era insolito vedere stranieri di un certo livello andare in Inghilterra. Dopo l’esperienza al Chelsea, andare al Cagliari era ciò che volevo. Avevo lo spirito giusto e una grande motivazione: volevo finire lì la mia carriera e fare bene. In Sardegna ho trovato un gruppo di ragazzi eccezionale. In generale, comunque, volevo lasciare un ricordo forte al Chelsea. L’ultima era stata una stagione molto positiva per me e per la squadra. Ho realizzato quanto fosse stata difficile lasciare i blues quando, prima di dare l’annuncio con la mia nuova squadra, mi sono trovato da solo a casa mia. Stavo in giardino e piangevo come un bambino dietro a un muro. Volevo tornare a Cagliari ma, allo stesso tempo, stavo chiudendo un rapporto con un club che mi aveva dato tanto.
Il legame con Suazo? Lui aveva capacità straordinarie, aveva bisogno di crescere in termini di personalità e carattere ma si vedeva che era un giocatore di livello superiore. Spesso in aereo, rientrando a Cagliari, parlavamo di ciò che si poteva migliorare in campo. Le qualità di David, Langella ed Esposito si sposavano perfettamente con le mie. Il gol più bello col Cagliari? Quello di testa contro la Juventus. La partita era molto sentita. Ho segnato le ultime reti della mia carriera contro i bianconeri ma al tempo non lo sapevo. Prendere la decisione di smettere col calcio giocato è stata molto dura; è come se morisse una parte di te. Forse potevo giocare un altro anno perché fisicamente stavo bene. Certo, è sempre doloroso, però è una scelta che prima o poi devi fare”.
Sui progetti futuri: “Ho deciso di prendermi una pausa dal calcio dopo l’ultima esperienza al Chelsea con Sarri. Mi sto dedicando molto alla mia famiglia. Adesso mi trovo molto bene”.
Sul Cagliari: “Lo seguo molto, è una squadra che dal punto di vista offensivo ti offre degli spunti importanti. Di Francesco è molto bravo sotto questo punto di vista. Attualmente, il Cagliari magari deve migliorare in fase difensiva. Quando riuscirà a trovare il giusto equilibrio i rossoblù potranno fare molto di più. Se è stato più difficile tornare a Cagliari in B o in panchina come allenatore? Rientrare a Cagliari per fare il tecnico è stato un po’ un azzardo. Sono arrivato a stagione iniziata e la squadra non era la mia. Ho cercato di dare il massimo ma purtroppo non sono riuscito a fare di più. Era una squadra con grande potenzialità ma, allo stesso tempo, ricca di giovani che, forse, in un momento di difficoltà come quello non sono riusciti a dare il loro meglio”.
Su Joao Pedro: “Quando siamo arrivati lui non giocava regolarmente e veniva spesso impiegato nel ruolo di mezzala. Dopo qualche allenamentio abbiamo riconosciuto in lui qualità importanti. Vedeva la porta come pochi. Era un giocatore che dava il meglio di sé in fase offensiva, capace di controllare la palla e calciare subito, cercando di piazzarla. Se oggi mi rivedo in qualche giocatore? Il calcio è molto cambiato. Prima, ragazzi con le mie caratteristiche facevano il trequartista o la seconda punta. Oggi, magari, fanno anche l’esterno o il falso nueve. Mertens e Insigne hanno caratteristiche simili alle mie”.
Su Maradona: “Da giovane ero molto timido e riservato. Però la prima volta che ho visto Diego ho fatto davvero la figura del cretino. Non sono riuscito a dire due parole di fila. Ero molto emozionato”.
Su Gigi Riva: “L’ho conosciuto in Nazionale ed è sempre stata una persona capace di darti consigli preziosi, uno di quelli che, quando parla, non dice mai cose banali”.
Sull’assenza del pubblico negli stadi: “Non è calcio, non è la stessa cosa. Una delle motivazioni più forti per me era quella di entrare allo stadio e far divertire i tifosi, dare emozioni alla gente. Tuttavia, mi rendo conto che in questo momento sia necessario disputare le gare senza il pubblico”.