La nuova rubrica irriverente di Centotrentuno.com, rigorosamente al femminile.
Questa epoca social verrà ricordata come la società dei selfie. Ci sono, però, selfie e selfie: quello di cui oggi mi interessa parlare è il selfie-richiamo in età adulta.
Il selfie con scopo richiamo è quello ripetitivo-compulsivo, che compare nella home social di ognuno di noi quando e da chi meno te l’aspetti. Di solito i selfisti e le selfiste richiamiste sono degli insospettabili, che in una vita reale pre-smartphone erano seri, magari timidi. Poi, a un certo punto nell’era social, svelano la loro personalità nascosta e ritrovi la loro immagine dappertutto. Secondo studi triennali all’Università online VivisuMarte per opinioniste anonime, questi selfie pubblicati nei propri profili – quindi visibili a tutti i contatti – sono in realtà dei richiami, hanno lo scopo di richiamare l’attenzione di qualcuno.
Come gli articoli che in analisi grammaticale possono essere determinativi e indeterminativi, questi ultimi sono indirizzati a un numero indefinito e generico di persone. È un richiamo generale, è la storia di una persona che si vuole rimettere in gioco e quindi si selfizza come se si stesse affacciando alla finestra, gridando al mondo “Guardatemi!” e da lì parte il film: qualcuno potrebbe scrivermi in privato e da cosa potrebbe nascere qualcosa.
Poi ci sono i selfie-richiamo determinativi: qui la faccenda diventa più interessante, perché parliamo di quei selfie che si rivolgono a una specifica e determinata persona.
Analizziamoli, perché ce ne sono di diversi tipi:
- C’è il selfie-richiamo determinativo rivolto a colui per il quale o la quale si prova “una simpatia” e allora si lancia l’amo, facendo finta di rivolgersi a un pubblico generico di contatti ma sperando, in realtà, che abbocchi proprio quella specifica persona, attirata dalla fighenzia che dovrebbe evincersi dalla foto pubblicata;
- Ci sono poi i selfie-richiamo determinativi indirizzati ad attirare l’attenzione di una specifica persona, con cui è già successo qualcosa di concreto nella vita reale che si è però interrotto, quasi sempre a causa di sparizione unilaterale (tipico caso di ghosting): dunque, per evidenti ragioni quali orgoglio o timidezza, non si scrive direttamente a lui o a lei, ormai diventato fantasma, ma si pubblicano ripetuti selfie giornalieri per tentare il riaggancio con il messaggio subliminale, insito nel selfie stesso, “Guarda cosa ti stai perdendo”;
– Altre volte invece tra il selfista e il vero destinatario il flirt è in corso, ma con qualche passo falso o qualche problemuccio di presenza nella vita reale, come per esempio il matrimonio o relazione di ognuno di loro con un altro o altra persona, che non permette di vedersi sempre. Allora si mandano questi saluti virtuali per ricordarsi reciprocamente la propria prestanza fisica, che dovrebbe alimentare il desiderio. E voi, magari, vi chiederete perché mai non se li mandino in posta privata: forse li manderanno pure in privato, ma questi selfie pubblici hanno una efficacia maggiore perché sono rafforzati dal consenso dei like che la foto del selfista richiamista prende tra i propri contatti. Perché il o la selfista spera che, vista la quantità di like ricevuti e visibili dall’amante, nella mente di quest’ultimo scatti la gelosia: “Anvedi questa! Se non le presto la dovuta attenzione me la portano via”.
Nella realtà delle cose, invece, è sempre vero il principio: “Se ti vuole ti cerca” , senza particolari acrobazie da parte di chi vuole essere cercato. Ma non diciamolo ai selfisti richiamisti che, giustamente, vogliono sedurre come piace a loro…
Vera Martellina