Quante volte sarà capitato, a chi bazzica fuori dall’isola, di confrontarsi con persone che parlano una lingua straniera.
Vivere in paesi diversi dal nostro significa aprirsi al mondo, alla diversità, e sopratutto ad altre lingue. Recentemente, di transito all’aeroporto internazionale di Milano-Linate, mi si è avvicinata una signora sulla cinquantina con un biglietto dell’autobus in mano. Guardandomi dritto negli occhi si è rivolta a me chiedendomi: “Mi scusi, parla catalano?” Nonostante la mia comprensione del catalano sia praticamente inesistente (esclusa la frase precedente a quanto pare), non mi sono dato per vinto e le ho fatto cenno con la testa di essere a sua disposizione per cercare di aiutarla. Ancora in catalano, probabilmente mi ha chiesto dove fosse la fermata dell’autobus che le serviva. Con un po’ di rammarico, alla fine mi è toccato desistere e con visibile imbarazzo le ho risposto un tristissimo “No lo sè (?)”. Anche il mio spagnolo lascia piuttosto a desiderare.
Da questo episodio ho tratto spunto per domandarmi quanti dei tanti sardi all’estero, magari in un un’aeroporto internazionale, si prendono la briga di chiedere informazioni nella loro lingua madre, il sardo. Quella signora probabilmente non aveva nessuna pretesa che il sottoscritto potesse darle informazioni in catalano, o almeno questa è stata la mia impressione sul momento. Questo non le ha impedito di affermare la sua identità all’estero, parlando la sua lingua madre. Tanta stima per quella signora, e a tutti quei sardi disterraus che parlano il sardo fuori dall’isola, magari fermando un inglese, un tedesco o un catalano e chiedendogli semplicemente “Iscusa-mi, fueddat su sardu?” Chissà se ci sono e quanti sono.
Enrico Zanda