La Sartiglia, ovvero quando emozione e tradizione sono orgoglio per tutti gli oristanesi: per noi la descrive Silvia Cauli, oristanese doc.
Oristano, febbraio 2020.
Per le vie del centro si respira un’aria di attesa e di preparativi, l’intera città di Oristano è pronta per il countdown che la separa dall’inizio della 555° edizione de Sa Sartiglia, (Sortiglija, deriva da questa parola castigliana, e dalla parola latina Sorticula, anello, che ha come diminutivo di Sors, fortuna) giostra equestre che come da tradizione si svolge l’ultima domenica e l’ultimo martedì di carnevale, ovvero il 23 e il 25 febbraio 2020. La corsa alla stella de Su Componidori (capocorsa) e dei numerosi cavalieri (111 è il numero di quest’anno, e ogni pariglia è formata da un gruppo di 3 cavalieri) presso la via Duomo fino ad arrivare oltre la curva della chiesa di San Francesco, è la prima parte della manifestazione, seguita dalle acrobazie spettacolari, o meglio Pariglie, che si svolgono lungo la via Mazzini.
Sartiglia, sinonimo di simboli, emozioni, colori. Simboli preziosi: la maschera, la Stella, su Stoccu, Sa Pippia de Maju, Tamburini, Trombettieri, le “rosette”, il cavallo. La Sartiglia si divide in due gremi: quello dei Contadini di San Giovanni che guida la manifestazione della domenica, e il gremio dei Falegnami di San Giuseppe che guida la Sartiglia del martedì. Distinti sono anche i colori che rappresentano i gremi: il rosso e il bianco per il gremio dei contadini e fiocchi azzurri e rosa saranno ben visibili sulle braccia de su Componidori di martedì. Abbiamo più volte sentito le testimonianze o racconti di Sartiglia da parte dei protagonisti: i cavalieri, Su Componidori, il presidente del Gremio, Sa Massaia Manna, ma cosa rappresenta sa Sartiglia per gli oristanesi?
Cosa sente un oristanese quando di parla di Sartiglia? Sartiglia è impegno che dura 365 giorni all’anno, giorni di preparativi, prove e impegno costante. Sartiglia sono le famiglie dei cavalieri, la madri, le figlie, le mogli e fidanzate che con cura preparano le “rosette” cucite a mano, rosette che sono la bardatura del cavallo abbinate ai costumi. I colori delle bardature restano segrete fino all’ultimo, i cavalieri sono gelosissimi di rivelarne in anticipo l’identità. È possibile indossare costumi di foggia sarda (costumi non solo di Oristano, ma derivanti da tutta la Sardegna) e spagnola, costumi che sono una goduria per gli occhi dei sardi e turisti che restano incantanti dagli splendidi colori che arricchiscono ancor di più la bellezza del connubio tra cavaliere e cavallo. Sartiglia è sentire lo scandire del ritmo dei tamburi e lo squillo delle trombe, il gruppo dei tamburini e dei trombettieri accompagnano tutta la manifestazione con ritmi diversi a seconda dei singoli momenti. L’oristanese riconosce il ritmo de Su Passu de Su Componidori, Su Pass’è strada, Su Passu de Su Segundu Cumponi, su passu de su terzu Cumponi, Su Passu de Is Bachittas o Su Passu de S’Atru Cumponi. Sartiglia è sentire la “stecca” da parte dei trombettieri facendo degli scherzi agli spettatori.
Sartiglia è assistere alla vestizione de Su Componidori (Ignazio Lombardi per il gremio dei contadini e Cristian Matzutzi per il gremio dei falegnami per l’edizione 2020), vedere la bravura e la precisione delle Massaieddas che si trovano sopra a Sa Mesitta, “tavolo” o palco dove avviene la vestizione, guidate da Sa Massaia Manna. Sartiglia è il momento prima della trasfigurazione del cavaliere che diventa su Componidori, accompagnato dal brindisi con la vernaccia di Oristano, tra il capocorsa e i due membri del gremio, è consentito il brindisi anche con Is Massaieddas, un brindisi a tre o a cinque. In quel momento il viso viene coperto, una maschera sarà il nuovo volto del cavaliere per tutta la giornata, una maschera che ha un’espressione né allegra né triste, né troppo femminile né troppo maschile ma quella maschera permette all’oristanese di leggere solo attraverso gli occhi le emozioni di chi, per un giorno, diventa il re della città.
Sartiglia è vedere salire a cavallo su Componidori, che prende in mano Sa Pippia de Maju, una sorta di bouquet formata da mammole che si vedono sono alle estremità, in quanto legate da un nastro verde, e che benedice la folla, la benedizione è del tutto laica, è di buon auspicio, buon augurio. Sartiglia è vedere in via Duomo di fronte alla Cattedrale, sotto un nastro verde dove viene appesa la stella, i tre incroci di spade tra Su Componidori e Su Segundu che aprono la giostra. Sartiglia è tifare, esultare per ogni stella infilzata, e dispiacersi quando per un soffio non si riesce e finisce sulla sabbia che segna il percorso. Il cavaliere che infilza la stella la domenica, riceverà una stella d’argento, in automatico dovrà correre alla stella anche il martedì, in quanto, qualora dovesse infilzarla per la seconda volta, riceverà la stella d’oro.
Sartiglia è aspettare il momento che Su Componidori proverà ad infilzare la stella con Su Stoccu, una spada più spessa di legno, e poi la tanto attesa Remada, il capocorsa in tutta la sua eleganza e bellezza, si sdraia completamente con la schiena sul cavallo al galoppo, benedicendo la folla che lo acclama tra applausi e commozione. Sa Remada declina la chiusura della corsa alla stella, e annuncia il passaggio alle acrobazie spettacolari delle pariglie. I cavalieri si allenano tutto l’anno, le prove finali vengono svolte fino a pochi giorni prima della manifestazione. Le Pariglie vengono valutate e la giura esprime dei voti, ogni anno si assegnano dei riconoscimenti in merito. Sartiglia è tradizione, gioia, allegria, un carnevale che sottolinea l’orgoglio di essere sardi, di essere legati alla cultura di una terra e di un popolo che resta unita nelle difficoltà.
Sartiglia è vernaccia e zippole, Sartiglia è un mix di emozioni che non si possono spiegare, se non viverle attraverso gli occhi di chi le racconta, di chi è protagonista, di chi essendo lontano dalla Sardegna segue la giostra equestre in streaming, di chi è cresciuto con la passione per i cavalli. Sartiglia è quel legame fortissimo che esiste tra cavaliere e cavallo, fiducia reciproca, la cura, la passione. Un’esplosione di colori, di suoni che amalgama la tradizione non solo degli oristanesi, ma di tutti i sardi, permettendo ai turisti che partecipano con grande calore alla manifestazione, di assaporare un pezzo della storia, cultura e tradizione dell’isola. Chi ha visitato Oristano, non può non aver notato un solo bar, un solo esercizio commerciale dove non ci sia una fotografia che rappresenti la Sartiglia, o un oggetto simbolico di tutto questo.
La Fondazione Sa Sartiglia, è aperta tutto l’anno, permettendo a turisti e studenti di poter ammirare oggetti antichissimi, accompagnati dagli schermi che proiettano immagini significative e di repertorio. Lo slogan della fondazione è “Sartiglia, emozione senza tempo”, possiamo aggiungere anche “tradizione senza tempo”, perché se tradizione per il popolo sardo significa vita, qualcosa a cui non si può rinunciare, lo stesso vale per gli oristanesi, li rende fieri, consapevoli e certi che Eleonora D’Arborea sarebbe orgogliosa di loro.
Silvia Cauli