La sfida tra Reyer Venezia e Dinamo Sassari non è come le altre. Lo dice la storia recente del basket italiano e lo conferma la passione di due palazzetti caldi, che hanno dimostrato di poter essere un fattore anche in questa stagione. Abbiamo parlato della serie tra gli orogranata e i biancoblù con chi l’atmosfera del confronto la conosce bene, ovvero Edoardo Casalone, ex assistente allenatore della Dinamo Sassari dal 2018 al 2021 e oggi al fianco di Gianmarco Pozzecco sulla panchina della Nazionale.
Casalone, che effetto fa rivedere ancora una volta Reyer Venezia-Dinamo Sassari ai playoff?
“Verrebbe quasi da dire che è incredibile, ma invece credo sia la magia dello sport. Le sensazioni e i numeri dicono quanto stiano facendo bene queste società. Per i risultati raccolti dal 2014 a oggi, in questa serie ci sono tre scudetti, due coppe europee, tre coppe Italia e due Supercoppe in totale. Credo che questo sia sintomo di quanto Dinamo e Reyer stiano dando al mondo della pallacanestro italiana. È davvero magico che la storia di questi due club si intrecci continuamente”.
Che ricordi ha delle sfide vissute?
“I miei ricordi per questa sfida sono tanti. La storia di Gianmarco Pozzecco a Sassari inizia proprio con questa partita in Coppa Italia. Una partita che stavamo perdendo di venti punti a metà del terzo quarto. Poi con una rimonta pazzesca, spinti dal pubblico sassarese che non ci aveva abbandonato anche in quella occasione a Firenze, vincemmo sulla sirena con un tiro di Cooley che i tifosi ricordano bene. Fu l’inizio di quella favola che vivemmo tutti insieme, che poi portò alla vittoria della Fiba Europe Cup e alla finale Scudetto. Poi l’anno dopo la seconda partita ufficiale fu la finale di Supercoppa sempre contro Venezia, una rivincita in cui portammo a casa il secondo trofeo in pochi mesi. I ricordi sono tanti, qualcuno chiaramente lo ricordo con più piacere. Altri meno come gara 7 del 2019: avrei voglia di giocarla nuovamente perché non capita sempre in carriera di poter avere queste opportunità. Ma ripeto, il fatto che si parli di questo tipo di partite è sintomo del lavoro fatto dalle due società in questi anni per l’intero movimento”.
Parlando del presente invece, che serie si aspetta?
“Sono due squadre che hanno avuto un percorso molto simile. Hanno iniziato non come speravano, l’esperienza dei due club ha fatto sì, però, che con pochi accorgimenti si potesse riuscire a rimettere in piedi una stagione che per entrambi poi è diventata positiva. Credo che in questo momento entrambe siano “in gas”, indipendentemente dai risultati recenti di Sassari che nelle ultime settimane ha giocato due partite toste con Milano e Virtus Bologna. A parte questo, entrambe hanno fatto due percorsi molto buoni e penso che giocheranno sull’entusiasmo che sono riuscite a creare. È chiaro che il fattore campo potrebbe incidere, purtroppo con le ultime sconfitte la Dinamo ha perso la possibilità di iniziare davanti al proprio pubblico che credo sia proprio la vera arma in più di Sassari. Mi vien da dire che è quasi impossibile perdere giocando in quel Palazzetto: hai sempre la sensazione che in qualche modo la partita la puoi portare a casa perché sull’Isola c’è davvero una magia e il pubblico si è sempre dimostrato un fattore. Credo che questa si possa considerare l’unica pecca in generale di una buona stagione”.
Parlando dei singoli, Jack Devecchi ha annunciato il ritiro a fine stagione. Che sensazione le ha dato questa notizia?
“Penso sia difficile immaginare una Dinamo senza Jack Devecchi. Negli anni in cui ero a Sassari, ma anche quelli precedenti, è stato davvero fondamentale. Non solo come giocatore, ma proprio come figura dentro e fuori dal campo perché in grado di trasmettere i valori della Dinamo Sassari a chi arrivava in Sardegna per la prima volta. Non voglio soffermarmi solo sul giocatore che ha vinto tanto, voglio invece parlare della persona perché non ci sono trofei che possono testimoniare quanto sia importante la sua figura all’interno della società. Forse un premio è il numero di presenze stesso. Il fatto che sia stato confermato così tante volte dimostra come da giocatore sia diventato un elemento imprescindibile. Intanto, gli faccio un in bocca al lupo per quelle che saranno le ultime partite da giocatore. Sono sicuro che se le godrà, spero per lui che l’ultima sia il più in là possibile, però credo che indipendentemente dal risultato sportivo Jack sia e resti una bandiera di questa Dinamo. E immagino che il pubblico gli tributerà ancora una volta il giusto riconoscimento per tutto quello che ha fatto”.
Chi ha sorpreso tanti in quest’annata in casa Sassari è Ousmane Diop. Si aspettava una crescita del genere da parte sua?
“Ousmane è un ragazzo molto intelligente, che ha sempre saputo quanto contasse il lavoro per diventare più forte e per questo si è sempre allenato duramente. Quando sono arrivato, lui ha fatto un po’ la spola con Cagliari ottenendo tra l’altro un risultato incredibile, diventando protagonista nella salvezza di una squadra che in A2 stava facendo fatica. Poi è rimasto con noi prima di andare a Torino e anche quello è stato un passo importante per la sua crescita, in un percorso studiato ad hoc da Federico Pasquini che sa come far crescere i giocatori. Un percorso che, infatti, si è rivelato vincente, perché è diventato un giocatore importante. Non è solo una mia impressione, visto il premio come Most Improved Player, che stia facendo un ottimo percorso”.
È chiaramente impossibile non parlare di Marco Spissu e del suo nuovo ritorno a Sassari. Sarà un altro momento sicuramente speciale per lui.
“Marco è un giocatore che ha fatto un percorso per diventare un grande giocatore. L’esplosione l’ha avuta con Pozzecco a Sassari, con la responsabilità che gli è stata data diventando playmaker titolare di una Dinamo che poi ha vinto la Supercoppa ed era seconda in classifica prima dello stop causato dal Covid. Un aneddoto: mi ricordo che eravamo in Spagna quest’anno a giocare la gara di qualificazione mondiale con la Nazionale, e Marco, inseguendo su un blocco, in difesa, si è fatto male alla spalla. Il suo primo pensiero è andato all’imminente partita contro Sassari e al fatto che non volesse saltarla. Non perché volesse vincerla, ma perché voleva godersi quella sfida in mezzo al campo. Il suo primo pensiero è stato alla sua città, ci teneva particolarmente. Come dicevo prima, lo sport è veramente magico e alla fine gli ha dato l’opportunità di giocarsi un’altra partita in condizioni fisiche migliori rispetto a qualche mese fa. Sarà bello vedere anche un nuovo ritorno a casa sua, perché per lui il PalaSerradimigni è davvero casa”.
Ultimo passaggio sulla Nazionale. Ad agosto inizieranno i Mondiali, che tipo di stagione è stata per i giocatori italiani, cosa avete potuto notare lavorando con diversi di loro durante l’anno?
“Andiamo a giocare un Mondiale per la seconda volta di fila, dopo ventiquattro anni che non accadeva. È qualcosa di storico per la pallacanestro italiana e vuol dire che si sta lavorando nel modo giusto. Noi abbiamo disputato le finestre convocando giocatori diversi da quelli che avevano giocato l’Europeo pochi mesi prima. Il risultato è stato la qualificazione con due turni d’anticipo in un girone non semplice, che vedeva al suo interno la Spagna, campione d’Europa e del Mondo. Questo è sintomatico di quanto i giocatori italiani possano competere ad alto livello. Il risultato è stato raggiunto egregiamente ed è merito di questi ragazzi. I giocatori italiani ci sono. Credo che ci sia la necessità di attribuire loro responsabilità e fiducia. Non è un discorso solo di minutaggio, ma di quanto si crede nei propri giocatori e di quanto si pensa che questi possano giocare ad alto livello. Credo che questi ragazzi lo meritino, tanti lo hanno dimostrato nei club e nelle coppe europee e altri con noi con la maglia Azzurra, che ha un peso specifico diverso perché mette i brividi sin da quando la si indossa in spogliatoio. Chi è stato chiamato ha dimostrato sempre di essere all’altezza dei diversi palcoscenici, credo ci siano diversi atleti molto interessanti. Ad alcuni di loro questi playoff permetteranno di continuare ad accrescere la propria esperienza, qualcuno non si è qualificato ma ha fatto un campionato di buon livello. Ripeto, credo che in questo momento si debba puntare sulla responsabilizzazione dei giocatori italiani, perché in tanti sono pronti per questo passo. L’hanno visto tutti guardando le partite della Nazionale in tv, in chiaro grazie ad un colpo di genio del Presidente Petrucci, rendendosi conto di quanto questi ragazzi siano in grado di trasmettere emozioni. Abbiamo parlato, infatti, di Devecchi e di Spissu, giocatori che hanno saputo regalare emozioni al pubblico sassarese tanto che i tifosi si sono identificati con loro oltre che con la maglia della Dinamo. Penso che la Pallacanestro abbia bisogno di bandiere come Jack perché i giocatori italiani hanno un grande cuore e soprattutto un forte senso di appartenenza”.
Matteo Cardia