Tutto nella vita è una questione di punti di vista. Di come ce la raccontano o di come ce la raccontiamo. O di come vorremmo la raccontassero. Tutto si può contraddire e niente è davvero universale, ma al tempo stesso ci sono categorie e limiti che dobbiamo riconoscere e ammettere.
Momento
Fatta questa doverosa premessa viene naturale dire che la stagione del Cagliari è tutta un punto di vista. Un’annata particolare, da montagne russe, senza mai il vero guizzo per vivere con maggiore serenità rispetto all’angosciante e costante lotta salvezza. Ma con il continuo rimpianto di avere lì a portata di mano un po’ più di felicità, senza avere la forza di afferrarla davvero. Ma paradossalmente questa squadra ha cinque punti di vantaggio sulla zona rossa, nonostante due punti in meno rispetto alla classifica dell’anno scorso in questo momento della stagione e con un sedicesimo posto momentaneo, mentre nel campionato passato con Claudio Ranieri i rossoblù erano in quattordicesima posizione alla trentatreesima giornata (quando i punti di vantaggio sulla terzultima erano quattro). La sconfitta con la Fiorentina sa di netto passo indietro, non tanto per la prestazione di carattere per almeno 30 minuti, ma per il solito calo nella ripresa, visto troppo spesso di recente e forse non aiutato troppo dai cambi, e per il punto di vista, eccolo là un’altra volta, sul futuro. Per il Cagliari diventa fondamentale Verona, dove non avrà Mina (che salvo miracoli potrebbe aver finito in anticipo la stagione) e nemmeno Piccoli (squalificato e parso insostituibile per questa squadra). Perdere contro i gialloblù vorrebbe dire, con ogni probabilità, venire risucchiati nuovamente, per l’ennesima volta, nel vortice. Ecco perché la chance persa contro dei viola apparsi meno brillanti di altre volte e senza un giocatore che sposta gli equilibri come Kean pesa dalle parti di Asseminello nel giudizio del momento.
Di un po’ te come ti vogliono?
C’è chi mi vuole come vuole, un po’ più santo, più criminale. Te come ti vogliono? Di un po’ tu come ti vuoi? Tu come ti vuoi? Cantava Ligabue, probabilmente non pensando a Davide Nicola, ma vestendone a misura di sarto il momento in rossoblù. L’allenatore di progetto, così per lo meno lo aveva raccontato ai tifosi e a se stesso il Cagliari a inizio anno. L’allenatore a lungo inseguito per essere il giusto erede di Ranieri. Una scommessa, perché l’etichetta di allenatore da impresa in corso era quella più evidente sulle spalle del piemontese, con la cartolina del tecnico riparatore più che costruttore. Punti di vista in un calcio bulimico, direbbe qualcuno. E Nicola a inizio anno ci ha messo del suo per dare un’identità alla squadra. Diversi moduli provati, prima Prati dentro, poi mai più in campo fino a questo finale di stagione, spazio ai muscoli a centrocampo, dentro un trequartista usato quasi da centrocampista aggiunto con tanto spirito di sacrificio (leggasi Viola). Poi il tira e molla sull’uso di Obert, la strana gestione di Marin e la difesa ridisegnata per adattarsi ai vari momenti della stagione. Ecco quello che sembra un po’ essere mancato è il coraggio della scelta forte nel momento in cui il campionato si è fatto più duro. La vista all’orizzonte che diventa sempre più focalizzata sul piccolo scoglio vicino e non sulla terra emersa lontana. Anche un po’ in contraddizione con quanto raccontato a inizio anno. E forse soprattutto per questo che un Cagliari che gioca meglio dell’anno scorso che ha provato, riuscendoci solo in parte a creare una sua identità senza stare a speculare troppo, non ha di fatto quasi mai emozionato davvero la sua gente. Forse è mancata un po’ di polverina magica, un po’ di poesia, per raccontarsela diversamente questa stagione. Lì dove Ranieri invece era stato abile oratore.
Futuro
L’impressione è che la gara contro la Fiorentina potrebbe essere la sfida che peserà e inciderà nel giudizio generale dell’annata Nicola all’interno del club rossoblù, anche in caso di salvezza. Una gestione che non sempre, ma questa è un’impressione di chi scrive, è piaciuta. Va detto che la rosa, almeno sulla carta, sembra migliore dell’anno scorso. Con un Zortea, un Adopo, un Piccoli, un Caprile (da gennaio) in più rispetto all’anno scorso. Con uno Zappa e un Augello parsi più maturi e un Luperto che dà garanzie. Vero, resta il fatto che è tutta una questione di punti di vista, perché manca da agosto una punta forte come ricambio a Piccoli e Zappa sulla destra non ha, sempre da inizio anno, un’alternativa. Una coperta corta dove nessuno ha pienamente ragione e nessuno pienamente torto in casa Cagliari. Intanto il presente parla di una squadra che ancora una volta dovrà battagliare con i propri rimpianti per non tornare a vedere i fantasmi. E poi ci sarà il futuro, che appare tutto da scrivere. “Vogliamo lavorare bene nel presente per non fare le ennesime rivoluzioni, che non sono mai facili da fare”. Ha detto Nereo Bonato nel pre di Cagliari-Fiorentina. Una frase che sembra ovvia, ma attenzione perché non lo è. E forse racconta tanto di quello che bolle e ribolle sotto il terreno rossoblù.
Roberto Pinna