“Trovarsi in una posizione un po’ più alta rispetto a quelle attese cambia poco. Sicuramente vedere che le prestazioni producono risultati aiuta a migliorare. Chi lotta per un obiettivo come noi è normale avere 18-20 sconfitte in stagione, poi si diventa più abili nella continuità perché si prende più consapevolezza delle proprie forze. Ci sono poi partite come oggi in cui hai raccolto il massimo, fondamentalmente la continuità è solo per scoprire ulteriormente le nostre abilità su cui lavorare”. Così lo scorso 15 febbraio parlava Davide Nicola nella sala stampa del Gewiss Stadium di Bergamo, dopo lo 0-0 di cuore e cervello del suo Cagliari in casa dell’Atalanta di Gian Piero Gasperini.
Giravolta
Sono passati quasi due mesi e mezzo da allora. Quel risultato di prestigio contro una delle big della Serie A sembrava poter essere il punto di svolta della stagione dei rossoblù, in grado di fare undici punti in sette gare, passando indenni dagli esami Milan e Atalanta (entrambe in trasferta) e capaci di vincere tutti gli scontri diretti contro Monza (1-2), Lecce (4-1) e Parma (2-1). Le parole dello stesso Nicola, che non a caso aveva citato il termine continuità, facevano ben sperare. Invece, ahilui, la storia recente del Cagliari ha raccontato tutt’altro. Ovvero la miseria di una sola vittoria nelle otto gare seguenti, il 3-0 casalingo sul Monza – già allora praticamente retrocesso – al rientro dall’ultima sosta per le Nazionali, due pareggi ricchi di dubbi e rimpianti contro Genoa (1-1) ed Empoli (0-0) e ben cinque sconfitte, ultima quella di ieri, mercoledì 23 aprile, contro una non certo irresistibile Fiorentina. Un calo di rendimento che si è riverberato nei risultati – 1,57 la media punti delle prime sette gare del 2025, sceso a 0,63 nelle restanti otto – ma non soltanto. Perché quel che fa pensare è il vistoso cambio di rotta verso il basso a livello di qualità delle prestazioni. Da metà febbraio si è persa quasi ogni traccia del Cagliari coraggioso e arrembante del girone d’andata: una squadra forse arruffona, che ha lasciato sul campo tanti (troppi?) punti, ma che aveva un’identità precisa e metteva in difficoltà anche le big in casa propria. Da Bergamo in poi, invece, i rossoblù hanno cercato di trasformarsi cercando di adattarsi al tanto desiderato cinismo, con il concetto di “equilibrio” a sostituire quello di “a faci manna” sbandierato più volte dal tecnico di Vigone. Un’operazione che, numeri alla mano, non sembra affatto aver giovato al Cagliari.
Numeri
Un voltafaccia (perdonate il gioco di parole) che, settimana dopo settimana, ha trovato sempre meno consensi nella piazza cagliaritana. Con la gestione di alcune partite a far discutere: dallo 0-1 interno contro la Juventus (con il solito miracoloso Caprile sugli scudi) al 2-1 di Bologna, con un inizio di secondo tempo da incubo che fece infuriare la dirigenza rossoblù tanto da imporre il ritiro in vista della gara successiva contro il Genoa. Iniziata molto bene da un Cagliari più coraggioso del solito, capace di trovare il vantaggio con Viola al 18′, ma poi spentosi con l’infortunio di Coman alla mezz’ora, con l’ingresso di Augello (e non del più offensivo Felici) al posto del talentuoso rumeno. Il famoso “braccino”, che portò poi al pareggio di Cornet a inizio ripresa e una gara in ambasce per la squadra di Nicola. Che a Empoli ha speculato per lo 0-0 e non rischiare nulla, contro una squadra incapace di vincere dallo scorso 8 dicembre, provando invece a giocare con più leggerezza in casa dell’Inter e arrivare alla sfida interna contro la Fiorentina in cui Luperto e soci hanno fatto vedere qualcosa di interessante solo nei primi 20 minuti di gara. Poi ben poco, al di là delle parole quasi trionfali del tecnico rossoblù che, ancora una volta (specialmente nel recente passato), nel post-partita ha dato una visione assai ottimistica – e decisamente opinabile – di quanto accaduto sul terreno di gioco. Quello di Beltrán al terzo minuto della ripresa è stato il gol numero 12 subito dal Cagliari nel primo quarto d’ora del secondo tempo, il peggior dato – insieme all’Atalanta – dell’intera Serie A. Ma il dato si ingrossa se si considerano i primi 20 minuti della seconda frazione (46′-66′), con i gol subiti che salgono a 18, un’enormità rispetto alla cifra totale di 49 palloni che hanno violato i pali rossoblù e, soprattutto, rispetto ai 9 gol segnati nello stesso lasso di tempo. E, a proposito di reti fatte, contro la Viola Roberto Piccoli ha siglato il suo nono gol in campionato. Con un aspetto da non sottovalutare: i primi cinque avevano sempre portato punti ai rossoblù, mentre gli ultimi quattro – Lazio, Bologna, Inter e Fiorentina – sono coincisi con altrettante sconfitte per la squadra di Nicola. Che, dunque, di recente non ha saputo approfittare della vena realizzativa del centravanti bergamasco.
Verona banco di prova
La domanda, a questo punto, è una: perché il Cagliari ha cambiato pelle dopo Bergamo? “Noi non abbiamo mai fatto calcoli o tabelle, sapete benissimo che ogni partita per me è importante”, ha tagliato corto Nicola ai microfoni di Dazn. Sarà pure così, ma la sensazione da fuori sembra invece recapitare il messaggio esattamente opposto. Grazie a una lotta salvezza fin qui totalmente al ribasso, il Cagliari si è potuto “sedere” a guardare le avversarie, grazie a un calendario tutto sommato benevolo che ha permesso ai rossoblù spesso e volentieri di giocare dopo le rivali, conoscendo già i loro risultati. Magari non saranno state fatte tabelle, ma andare a Empoli decidendo di non rischiare nulla e salvaguardare lo 0-0 non può non essere definito come un calcolo, che fosse consapevole o meno. E ora i rossoblù andranno a Verona ad affrontare l’Hellas di Paolo Zanetti che, numeri alla mano, sembrerebbe aver fatto peggio di Pavoletti e compagni: 30 gol segnati, l’esatto doppio (60, peggior difesa della Serie A) subiti contro i 33 segnati dai rossoblù a fronte di 49 subiti. Eppure i punti in classifica degli scaligeri sono 32 (due in più dei sardi) nonostante le 19 sconfitte. All’andata finì 1-0 per la squadra di Nicola, grazie al gol del solito Piccoli che però al Bentegodi sarà assente per squalifica. Così come mancherà anche Mina, uscito prima dell’intervallo del match con la Fiorentina per un problema ai flessori che rischia di avergli fatto terminare in anticipo la stagione. Due tegole di peso per Nicola, che si aggiungono a una situazione ambientale tutt’altro che serena: un passo falso a Verona sarebbe un problema non di poco conto per il tecnico piemontese, che dalla sua ha però un calendario che sulla carta continua a sorridere ai rossoblù.
Ambiente
Non aver chiuso i conti contro una Fiorentina tutt’altro che irresistibile, peraltro priva del suo alfiere principale Kean, ha però il sapore dell’ennesima occasione sciupata in stagione da un Cagliari che, ogni qualvolta avrebbe dovuto fare il salto in avanti ha deluso le aspettative. E dispiace, perché più di una volta nei mesi scorsi su queste colonne abbiamo difeso l’idea embrionale di un qualcosa di diverso (in meglio) rispetto al passato, soprattutto dal punto di vista tattico e di prospettiva futura. Invece, proprio quando la situazione sembrava ideale per ingranare la marcia successiva e allungare con largo anticipo verso la salvezza – Empoli su tutte, poi Fiorentina e, in parte, Genoa –, ecco puntuali arrivare i passi falsi. “Credo che oggi ci sia, più che rammarico, del nervoso. Non abbiamo raccolto per quanto abbiamo prodotto. Possiamo ancora migliorare, è vero, e possiamo raccogliere di più”, ha detto ancora Nicola dopo il ko contro i viola. Quando, verrebbe da chiedersi, dato che mancano solo cinque giornate al termine. Però su questo il tecnico rossoblù ha pienamente ragione: il “nervoso” è, insieme a una sempre più crescente e pericolosa apatia, il sentimento più diffuso al momento nella tifoseria. La sconfitta numero 17 su 33 giornate giocate significa, numeri alla mano, che il Cagliari ha vissuto più delusioni che soddisfazioni. E se dai giudizi tecnico-tattici ci si può svincolare appellandosi all’opinabilità, dall’aritmetica non si scappa. La stessa aritmetica che tiene la zona rossa a cinque punti di distanza, con il ko contro la Fiorentina quasi indolore per la classifica ma non per Nicola. Che nelle ultime giornate potrebbe essersi giocato il futuro sulla panchina rossoblù o, nella migliore delle ipotesi, se lo giocherà nelle prossime cinque. A prescindere da una classifica che, è un fatto ormai assodato, sorride più per la pochezza altrui che per meriti propri.
Francesco Aresu