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Cagliari, i primi 4 mesi di Nicola: intensità e aspetti da migliorare “a facci manna”

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Difficile strappargli un sorriso. Almeno sul lavoro, poi fuori dal campo ogni tanto una piccola smorfia la concede anche a chi non fa parte della sua cerchia di rapporti, affettivi o lavorativi che siano. I primi quattro mesi di Davide Nicola sulla panchina del Cagliari possono essere riassunti in una parola: intensità.

Mentalità
Un termine cardine nella filosofia di vita del tecnico di Vigone, tanto da campeggiare in bella vista nella homepage del suo sito web, accompagnato da un hashtag molto indicativo a riguardo: #semprealmassimo. Sì, perché Nicola vuole vivere così. Sempre con il piede ben piantato sul pedale dell’acceleratore, sia a livello tecnico che nei rapporti dialettici con i media. Pochi sorrisi, non ama i complimenti, detesta le etichette e si è capito fin dal primo giorno. “L’uomo dei miracoli”, è stato definito spesso in passato per le grandi imprese compiute in situazioni spesso disperate: Crotone, Genoa, Torino, Salernitana, Empoli. Piazze sportivamente esigenti, dove a un certo punto della storia serve un uomo dal carattere forte – nell’accezione migliore del termine, indicante una grande sicurezza nei propri valori e principi – per prendersi la responsabilità di aiutare un gruppo in difficoltà e portarlo fuori dalle acque in tempesta. Ma guai a pensare che il lavoro di Nicola verta soltanto dall’aspetto psicologico. “Io non lavoro sulla testa dei giocatori, ma è un discorso olistico: bisogna farlo sulla persona e sull’atleta”, ha ripetuto anche prima della sfida del suo Cagliari contro il Milan, quasi a voler specificare come l’aspetto mentale sia soltanto una parte, per quanto importante, del suo operato. Ed è così: perché fin dal primo giorno della sua esperienza in rossoblù l’ex Empoli ha portato una nuova mentalità, a tutti i livelli.

A faci manna
La rivoluzione a livello tattico di Nicola è arrivata al secondo step, per sua stessa ammissione: prima l’identità, ora la cura del dettaglio. Dopo le prime 10 partite giocate – periodo necessario e sufficiente per poter trarre le prime indicazioni grazie all’abbondante raccolta di dati – il Cagliari è arrivato ad avere un’identità riconoscibile. Sia nel modo di giocare che nello stare attaccato alla partita. A immagine e somiglianza del suo allenatore. Che ha commesso certamente i suoi errori – specialmente, a nostro parere, nella lettura a gara in corso di alcuni momenti –, ma raramente la sua squadra ha dato l’impressione di arrendevolezza. Sicuramente nel finale del match contro il Napoli, in cui dopo aver rischiato più volte l’1-1, sullo 0-2 la fiammella della combattività si è affievolita fino a spegnersi sotto i colpi degli attaccanti di Antonio Conte. Contro Empoli e Udinese è mancato qualcosa a livello caratteriale e di idee, ma per il resto il Cagliari ha sempre giocato la sua partita, spesso finendo vittima dei propri errori: non è un caso se fin qui le sconfitte sono state 6 su 12 giornate, l’esatta metà. Un dato che può essere spiegato in diversi modi, su tutti la maggiore sfrontatezza dei rossoblù di Nicola nell’interpretazione delle gare. Il famoso “coraggio” richiesto dal tecnico rossoblù ai suoi ragazzi, ormai codificato con l’espressione “a facci manna” (la forma corretta sarebbe “faci”, ma concediamo la licenza poetica) utilizzata in più di un’occasione di fronte ai microfoni. Una locuzione in sardo diventata una sorta di mantra per il 51enne piemontese, forse anche per cercare di entrare di più nella mentalità della piazza cagliaritana. Dopo un inizio un po’ freddino, complice anche un carattere forse un po’ introverso, Nicola sta via via iniziando a sciogliersi e questo ne sta facilitando anche l’apprezzamento da parte della tifoseria, reduce da un anno e mezzo di totale e incondizionata fiducia nel suo predecessore. Quel Claudio Ranieri fuoriclasse, oltre che in campo, soprattutto nella gestione mediatica e nel rapporto olistico con l’ambiente.

Credo nicoliano
Nicola però è un allenatore decisamente diverso nei modi rispetto a Sir Claudio: ama parlare di calcio e di tattica e lo si vede dai suoi occhi quando può affrontare l’argomento davanti ai microfoni. Purtroppo per lui spesso gli interlocutori non sono al suo livello di competenze, ma sta imparando a farsene una ragione. Non ha forse né la battuta pronta né lo sguardo ammiccante del suo predecessore, ma è un professionista che bada alla concretezza. E che, soprattutto, nell’analisi postpartita dà il giusto spazio a ciò che è andato bene puntando sempre a migliorare quel che non ha funzionato. Basta rileggersi le varie dichiarazioni in conferenza stampa: “Abbiamo giocato a calcio, crescendo sempre di più ogni giorno e lavorando, sapendo di dovere ancora migliorare”, ha detto il tecnico rossoblù dopo il pirotecnico 3-3 contro il Milan. Un risultato che avrebbe giustificato un po’ più di serenità, anche soltanto nella mimica facciale che si è ammorbidita soltanto sul messaggio finale per la campagna a favore della ricerca sul cancro. Ma questo è Nicola: una guida che non molla mai un centimetro, che quasi non scioglie la tensione neanche quando i suoi giocatori fanno gol. Quasi come se festeggiare il “micro-obiettivo” chiamato vittoria della singola partita possa togliere concentrazione nella corsa al “macro-obiettivo”, ovvero la salvezza finale. Anche perché tutti ricordano le immagini del tecnico piemontese che entra in campo correndo a perdifiato dopo il clamoroso 2-1 in Empoli-Roma griffato Niang a tempo scaduto che è valso la permanenza in massima serie per i toscani. Scena ripetuta, più in piccolo, al 3-3 segnato da Zappa contro il Milan. Un carattere indubbiamente introverso, ma pronto a esternare tutta la sua gioia e soddisfazione quando è il momento.

Principi
Intensità, flessibilità, emozione, sperimentazione. Sono i quattro punti focali del calcio di Nicola secondo quanto affermato sul suo sito web, utilizzato quasi come mezzo di divulgazione scientifica più che di promozione del personaggio. “Credo in una filosofia di gioco: io mi diverto quando vedo una squadra con un’identità propositiva e non passiva. Se potessi, sbranerei tutti. Indipendentemente dal Real Madrid o da una squadra da salvare in corsa. Amo il gioco aggressivo. Se tu hai palla, io mi rompo le palle”. Così diceva il tecnico in un articolo a sua firma su “Cronache di Spogliatoio”, pezzo che anticipava la fine del suo rapporto con l’Empoli e l’inizio della storia con il Cagliari. Che gli ha dato grande fiducia – leggasi contratto triennale – nel conferirgli un compito tutt’altro che semplice, ovvero sostituire sulla panchina rossoblù il totem Ranieri. Ma il percorso iniziato da Nicola sembra ormai essere sulla giusta direzione. Dopo alcuni stop poco graditi alla piazza (come le sconfitte con Lecce, Empoli, Udinese e Bologna, in cui la prestazione non ha convinto in pieno), il tecnico piemontese ha tenuto la barra dritta traendo insegnamento dal primo terzo di stagione. Luvumbo è un esterno, Zappa un quarto di difesa, Makoumbou è fondamentale davanti alla difesa: sono solo alcune delle evidenze (per lo staff tecnico, non per la piazza) emerse dopo le prime 12 giornate, su cui costruire l’undici da opporre ai vari avversari. Una squadra da 16 titolari più altri elementi utili in caso di necessità, per cercare di mantenere sempre lo stesso livello di intensità durante la prestazione. Nicola ormai sa cosa può dargli questo gruppo e spinge per passare al secondo step di crescita, ovvero la ricerca del dettaglio che fa la differenza. La terza sosta per le nazionali gli fornisce un assist molto gradito, specie perché rispetto al solito avrà un gruppo più numeroso (solo 7 i giocatori via) per continuare a lavorare su ciò su cui serve migliorare.

Futuro
Il pareggio contro il Milan ha dato nuova carica al tecnico rossoblù, confermando la buona prestazione di Roma contro la Lazio. La sfida ora sta nel concedere meno gol agli avversari e segnarne qualcuno di più, specie contro squadre di pari livello come il Genoa, prossima rivale dopo la sosta e certamente avversario non banale per Nicola, che appaia Pavoletti e compagni a quota 10 punti in classifica. Tante squadre in pochi punti, sia in vetta che in coda, a dimostrazione di un equilibrio raramente visto negli ultimi anni in Serie A. Equilibrio, altra parola tanto cara al tecnico piemontese. Che ha superato il primo terzo di stagione con un rendimento sicuramente da migliorare sul piano dei risultati, ma con il segno positivo sulle impressioni destate dal suo Cagliari, che sembra pronto a essere ancora più protagonista e sicuro dei suoi mezzi. Quasi come un motore diesel, che ci mette un po’ a carburare ma che poi garantisce solidità e sicurezza sul piano delle performance: così i rossoblù sono chiamati a non sedersi sugli allori, ma a continuare a crescere. E con un allenatore come Nicola che ha fatto della vita #semprealmassimo uno dei suoi principi fondamentali, il percorso dovrebbe essere più semplice.

Francesco Aresu

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