Altro giro, altra corsa. Verso la Lazio, ma anche verso un triplo impegno in sette giorni nei quali la partita centrale sarà, non solo a livello temporale, quella contro l’Empoli. Un nuovo allenatore, poco tempo per correggere gli errori delle prime tre giornate e mettere la propria impronta sulla squadra.
Chiudere la porta
Walter Mazzarri rappresenta un nuovo capitolo, l’ennesimo, del progetto tecnico in casa Cagliari. “Mi dispiace che abbia poco tempo per far capire ai giocatori quello che ho in mente“, queste le sue parole ai canali ufficiali del club rossoblù, e ancora “i ragazzi saranno valutati, in un giorno e mezzo è impossibile farlo“. Il tecnico toscano dovrà fare di necessità virtù, cercando di dare una sterzata a un gruppo che nelle prime tre partite ha messo in mostra alcuni problemi strutturali che vanno oltre le assenze dei singoli. Partendo dalla difesa, perché i nove gol subiti in tre gare non possono che essere un campanello d’allarme. Guardando alle reti segnate da Spezia (2), Milan (4) e Genoa (3) si sono notati dei minimi comuni denominatori sui quali appare doveroso intervenire. Intanto l’uscita dalla linea difensiva quando gli avversari attaccano lo spazio tra le linee. Il Cagliari ha faticato nella lettura dei tempi e Carboni su tutti è spesso stato chiamato all’attacco in uscita dalla difesa, senza che però i compagni chiudessero lo spazio alle sue spalle. Da lì si sono sviluppate situazioni di superiorità numerica ai sedici metri che hanno giocoforza creato i presupposti per i gol subiti. Guardando poi alle marcature di Destro e quella di Fares – la seconda delle due – è risultata evidente la difficoltà dell’esterno opposto nel chiudere le diagonali lunghe. Nel primo caso Caceres, nel secondo Bellanova sono mancati nel sentire l’avversario, più concentrati su quanto accadeva nella zona del cross piuttosto che sul giocatore pronto ad attaccare lo spazio alle loro spalle o di fronte.
Lotta e governo
Mazzarri ha messo subito in chiaro un concetto fondamentale che, di fatto, è mancato nelle prime uscite stagionali. “Una squadra che lotta e che sia sempre sul pezzo“. E proprio le voci concentrazione e grinta hanno marcato visita soprattutto nella rimonta subita dal Genoa. Il Cagliari ha mostrato due difficoltà congenite, quella ad accerchiare la zona del pallone per non lasciare spazio e tempo di giocata agli avversari e una carenza di attenzione e aggressività non solo nelle marcature, ma anche in mezzo al campo. I rossoblù hanno spesso subito gli eventi piuttosto che governarli, un vecchio problema mai davvero risolto. Mazzarri dovrà toccare le corde giuste per tirare fuori il carattere a un gruppo che è sembrato mancare di una guida più psicologica che tecnica. Difficilmente il Cagliari è riuscito a vincere i duelli individuali, spesso e volentieri dai classici contrasti 50 e 50 sono stati gli avversari a uscire vincitori. Anche le seconde palle sono state un punto dolente, come se fosse mancato il sostegno al compagno in difficoltà. A questo vanno aggiunte alcune situazioni individuali, giocatori in difficoltà mentale e tecnica o semplicemente messi da parte e che andranno recuperati alla causa. Walukiewicz e Lykogiannis sono gli esempi principali, il primo in netto declino soprattutto psicologico, il secondo sparito dai radar nonostante l’essere stato protagonista nella rimonta della passata stagione.
Fiore all’occhiello
Con cinque reti segnate in tre partite non si può dire che il problema del Cagliari sia la fase offensiva. La squadra ha creato in tutte le partite fin qui disputate, magari spesso con fiammate e senza un vero e proprio gioco strutturato, ma di fatto l’attacco ha fatto il proprio lavoro. Marin, rigenerato da Semplici dopo l’esperienza difficile in cabina di regia con Di Francesco, è diventato il punto nevralgico della manovra offensiva e, come dimostrato contro il Genoa, quando riesce ad andare in verticale arrivano le occasioni per Joao Pedro e compagni. Dalbert ha sì mostrato limiti in fase difensiva, ma ha dato spinta ed effervescenza in fase offensiva. Pavoletti e Keita danno opzioni differenti a seconda delle situazioni, degli avversari e dei momenti della partita. Mazzarri, inoltre, ha dalla propria parte una storia fatta di esaltazione degli attaccanti avuti a disposizione negli anni. Nel suo Livorno che conquistò la promozione in Serie A furono protagonisti assoluti Protti – 24 reti, record personale a pari merito con la stagione di Bari – e Lucarelli – 29 reti, stagione in cui segnò di più in carriera. Nella Reggina della salvezza miracolosa del 2006-07 le due punte erano Amoruso – 17 gol e record personale – e Bianchi – 18 gol, il massimo realizzato in un campionato di A dall’ex rossoblù. Nella Sampdoria prima fu Bellucci, il suo attuale secondo a Cagliari, a siglare 12 reti – il suo massimo in carriera in un singolo campionato – e poi la coppia Cassano-Pazzini a deliziare i tifosi blucerchiati. Il barese mise a tabellino la sua unica doppia doppia, 12 gol e 14 assist, Pazzini in soli sei mesi fu capace di realizzare 11 reti in 19 presenze. A Napoli Mazzarri trasformò un attaccante sì prolifico, ma sempre a metà tra la seconda punta e il centravanti, in un cecchino da oltre 20 gol a stagione. Edinson Cavani con il tecnico toscano divenne punta di valore mondiale, lo score da 26, 23 e 29 gol nei tre anni con il livornese in panchina lo dimostra. E anche Marek Hamsik passò da centrocampista con il vizio del gol a vero e proprio attaccante, con solo una stagione sotto la doppia cifra (ma comunque condita da 9 gol). Nonostante le difficoltà incontrate, anche sulla panchina dell’Inter Mazzarri ha fatto rendere il suo attaccante. Palacio, con 17 reti, portò a termine la sua seconda migliore stagione in carriera, così come in quel di Londra con il Watford fu Deeney ad andare in doppia cifra. Con il Torino, invece, non le migliori annate per Belotti che comunque riuscì a siglare 15 e 16 gol nelle due stagioni – incomplete – con l’attuale allenatore rossoblù.
Lazio, Empoli e infine Napoli, un trittico che sarà il primo banco di prova del nuovo Cagliari firmato Mazzarri. Poco tempo e tanto lavoro da fare, anche se sarà la sosta di ottobre a dare l’opportunità all’allenatore livornese di incidere maggiormente. Ora contano soltanto i punti, l’ossessione del presidente Giulini, anche perché a pancia piena si ragiona meglio. E il Cagliari ha bisogno di ragionare su se stesso per evitare, ancora una volta, una stagione di rincorsa e passione.
Matteo Zizola