Ritorno al passato, quando l’attuale tecnico del Lecce indossava la maglia numero 10 della Primavera rossoblù e ne era il leader indiscusso.
Lecce-Cagliari di domenica sera sarà una gara dei tanti ex, ma in maniera unilaterale. Se infatti nessun elemento dell’attuale rosa a disposizione di Maran ha mai vestito i colori giallorossi della squadra salentina, il roster dei pugliesi abbonda di giocatori che hanno vestito i colori rossoblù in un qualche momento della loro carriera. Ma è sull’esperienza a Cagliari di Fabio Liverani, ora mister dei salentini, che ci soffermeremo.
I PRIMI NOMI SULLA MAGLIA – Correva la stagione 1995/96, la quarta dell’era Cellino e probabilmente quella in cui più di ogni altra sotto la sua gestione l’attuale presidente del Brescia giocò a carte scoperte dichiarando apertamente di puntare all’Europa attraverso l’ingaggio di un guru della panchina come Giovanni Trapattoni e una campagna acquisti composta da nomi di tutto rispetto come quelli dei laziali Bonomi e Venturin, della mezzala scuola Milan Bressan e del centravanti uruguagio Dario Silva, arrivato in sostituzione del panamense Dely Valdes. Contrariamente alle premesse, la stagione dei rossoblu fu anonima: il Trap, incapace di mantenere le attese, lasciò la squadra da dimissionario (un modo elegante per evitare l’esonero a un totem della panchina quale è stato l’ex tecnico di Juve, Inter e Bayern Monaco) nel febbraio del 1996, sostituito dal compianto Bruno Giorgi che portò in dote salvezza e dignità conducendo in porto un’annata iniziata sotto ben altri auspici.
LA PRIMAVERA DI BARBANTI – Complice probabilmente lo scarso spettacolo fornito dai ‘grandi’, quell’anno catalizzò parecchie attenzioni da parte dei tifosi la squadra Primavera, capace di superare sia la prima che la seconda fase del campionato fino ad accedere ai quarti di finale della competizione, nei quali si dovette arrendere alla Fiorentina di Cristiano Zanetti e Christian Amoroso. I tifosi che in quell’anno seguirono in modo appassionato le vicende dei giovani rossoblù allenati da mister Lanfranco Barbanti ricordano sicuramente molti dei nomi di coloro che tanto bene si distinsero nella loro categoria, ancorché molti di loro non riuscirono a raggiungere livelli eccelsi una volta passati nel calcio dei ‘grandi’. Il bomber siciliano Tribuna si perse nelle categorie inferiori dopo qualche esperienza in C non troppo fortunata, destino simile per la veloce ala destra Pieroni e per tanti altri elementi come Medda e Perra, rispettivamente libero e centrocampista centrale che quantomeno conobbero la gioia di esordire in B. Le eccezioni? Il regista campano Enzo Maresca, che maturò fino a diventare una riserva di lusso nella Juventus scudettata di Lippi e Davide Carrus, sua giovanissima alternativa che riuscì – sia pur sporadicamente – a calcare i palcoscenici della A. E Fabio Liverani, appunto.
FIORE ALL’OCCHIELLO – Liverani, al tempo, era sicuramente il giocatore sul quale erano maggiormente puntati i riflettori e già si scommetteva su un suo certo approdo in prima squadra, poi precluso da una certa miopia da parte dei dirigenti del Cagliari di allora. In un periodo storico in cui i cosiddetti ‘nuovi italiani’ nel calcio non erano ancora comuni quanto oggi (Okaka e Balotelli avevano rispettivamente sei e cinque anni, Kean era ancora ben lontano dal nascere), quel ragazzo con il cognome italiano e la carnagione mulatta – dovuta al patrimonio genetico donatogli dalla madre originaria della Somalia – catalizzava già di per sé una certa curiosità. Ma al di là dell’aspetto fisico, a colpire era la classe innata del ragazzo, apparentemente un predestinato capace di fare quello che voleva con il suo piede sinistro. Di quella squadra Primavera, Liverani era il numero 10 in un’epoca in cui l’accezione classica del 10 fantasioso e un po’ anarchico stava già andando a scomparire. In quegli anni imperava la mania zonista, il 4-4-2 era un dogma per tantissimi allenatori e quelli come Liverani non erano né centrocampisti né attaccanti: in particolare, lui era troppo poco veloce per giocare di punta e non aveva la corsa necessaria per fare l’esterno di centrocampo. L’idea di convertire in mediano un trequartista, a oggi abbondantemente sdoganata in nome della ricerca della qualità, al tempo non era neppure lontanamente ipotizzabile.
L’ESORDIO MAI ARRIVATO – Successe così che, nonostante fosse per distacco il giocatore di maggior talento della primavera rossoblu 1995/96, non solo Liverani non esordì mai nel Cagliari di Trapattoni-Giorgi, ma già nella stagione successiva iniziò quel peregrinare per le serie inferiori che è toccato a tanti suoi compagni d’avventura: andò male alla Nocerina e meglio alla Viterbese, che lo riscattò dai rossoblu; il resto è storia, con l’approdo in A nel Perugia e l’incontro con Serse Cosmi che gli cambiò ruolo e prospettive di carriera. Dal dimenticatoio ai massimi livelli, una parabola che curiosamente accomuna sia la carriera da calciatore che quella di allenatore di Fabio Liverani, rimasto un rimpianto rossoblù perlomeno fino alla definitiva esplosione di Daniele Conti nel ruolo di regista.
Nicola Adamu